lunedì 31 maggio 2010

MANOVRA ECONOMICA: Un sacrificio contenuto

"L’Europa ha vissuto per troppi anni al di sopra delle sue possibilità". Queste parole dette da Silvio Berlusconi tre giorni fa, durante la conferenza stampa assieme al presidente della Commissione europea Josè Barroso, spiegano perché anche l’Italia deve ricorrere ora ad una manovra per correggere il proprio deficit, iniziare a risanare il debito ed agire in maniera strutturale su fonti di spesa che altrimenti rischiavano di andare fuori controllo.
L’operazione da 24 miliardi di euro in due anni, che essendo previsti come strutturali, e quindi permanenti, già per i 12 del primo anno, potrà valere a regime per 36 miliardi, inciderà per oltre due punti di Pil (circa 1.500 miliardi l’anno). Ciò significa che il nostro disavanzo, attualmente di poco superiore al 5 per cento del Prodotto interno lordo, rientrerà a fine del 2012 al di sotto di quel tre per cento fissati dai parametri europei.

Questo è tecnicamente l’obiettivo della manovra e questo è quanto è stato richiesto all’Italia sia dalla commissione Ue sia dal consiglio dei governi europei. Il nostro Paese è in una situazione particolare: non è tra quelli a rischio, come Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda, perché negli ultimi tempi ha praticato una politica accorta di coesione sociale, senza cioè salvare le banche o le industrie con denari pubblici. Né, come la Grecia, ha truccato i conti. E neppure ha puntato tutto sulla finanza e sulla speculazione immobiliare, come Spagna e Irlanda.

Per questo negli ultimi due anni il nostro debito pubblico è cresciuto meno di tutti gli altri importanti paesi europei (un po’ meglio di noi hanno fatto Lussemburgo, Malta, Cipro e Slovacchia): il debito italiano cresce tendenzialmente – cioè senza correzioni – del 14,3 per cento rispetto alla media dell’Ue del 22,3. Stiamo andando un po’ meglio della Germania, molto meglio della Francia (23,8) e della Spagna (37,8).

Ma come è noto l’Italia si trascina da anni un debito superiore al 100 per cento del Pil, debito che è frutto della spesa allegra dei governi della prima repubblica, ma anche dell’autonomia disinvolta concessa alle regioni dalla riforma costituzionale voluta dalla sinistra al termine del suo governo 1996-2001: quando soprattutto si decise di dare alle regioni un potere esclusivo in materia sanitaria, senza accompagnarla da vincoli di responsabilità.
Quella decisione ha fatto impennare il debito, soprattutto nel Lazio, Campania, Calabria. Si tratta di regioni che appena due mesi fa il centrodestra ha strappato alla sinistra, ed ora è sulle spalle delle giunte moderate che ricarrà il peso del risanamento dei guasti altrui. L’intervento sulla sanità non era tuttavia rimandabile: spetterà ai governatori agire senza introdurre sacrifici per i cittadini, ma riducendo gli sprechi e razionalizzando i centri di spesa. Basta pensare che solo il Lazio ha un debito della sanità di oltre 10 miliardi, una gran parte della manovra attuale.
L’altro fronte di intervento è il pubblico impiego. Il congelamento per tre anni dei contratti non significa affatto una riduzione degli stipendi, solo la fotografia dell’esistente: che peraltro vede la dinamica delle retribuzioni nel pubblico impiego cresciuta da circa dieci anni a questa parte di quasi il doppio rispetto al settore privato: il 42,5 per cento rispetto al 24,8. I dipendenti dello Stato, ai quali è richiesto ora un sacrificio, hanno in altri termini potuto beneficiare sia di un maggior potere d’acquisto sia della stabilità del posto di lavoro.

Ecco perché si è inciso soprattutto su questi capitoli di spesa, e lo si è fatto in maniera strutturale, non con semplici rinvii. Nessun taglio alle pensioni, nessun taglio alle retribuzioni, nessun licenziamento; il governo introduce invece misure di economia e moralità nella politica, nei partiti, nel Parlamento, tra i dirigenti dello Stato. Insomma nessuna misura davvero lacrime e sangue a danno del ceto medio come quelle che invece devono prendere paesi non solo sull’orlo del fallimento come la Grecia, o a rischio come la Spagna, ma anche le potenze centrali dell’Europa, Francia e Germania. Grecia a parte, perché è di fatto commissariata, basta pensare all’entità delle manovre altrui: la Spagna ne ha decisa una da 50 miliardi alla quale si è aggiunto un supplemento di 15 miliardi. La Francia una da 100 miliardi di euro in tre anni. La Germania taglierà 10 miliardi da qui al 2016; vale a dire 60 miliardi.
Il sacrificio dell’Italia è minore, perché il governo aveva bene operato nei due anni precedenti. Ma pur sempre di sacrificio si tratta. L’Europa deve però rientrare dai propri debiti e dagli sprechi degli anni e dei decenni precedenti. Molti hanno un welfare che non si possono permettere.

Noi abbiamo un sistema pensionistico che garantisce il massimo di copertura con l’equilibrio contabile.

Abbiamo la sanità per tutti, nonostante gli sprechi.

Abbiamo gli ammortizzatori sociali per chi vede il lavoro a rischio.

Abbiamo il minimo di disoccupazione.
E, nonostante tutto ciò che si dice, abbiamo anche la pressione fiscale più bassa: basta andare a vedere le aliquote sui redditi dei paesi nostri partner; sono tutte più alte delle nostre.

Non è certamente piacevole operare dei tagli al termine di due anni di crisi, quando l’economia si sta riprendendo. Ma proprio le crisi portano la necessità di fare pulizia nei conti, e l’Italia deve difendere la propria posizione dentro l’euro. Chi non l’ha fatto, o è arrivato in ritardo, subisce conseguenze ben peggiori, come la Spagna.

Questa sarà del resto l’ultima tornata di sacrifici chiesta al nostro Paese. Il tempo della ripresa è già arrivato, ci sarà lo sviluppo. E la legislatura è ancora molto lunga.

MANOVRA ECONOMICA: Un taglio agli sprechi

Per giudicare la manovra del governo questa volta è utile usare parametri un po’ diversi da quelli abituali: questa, infatti, va considerata alla stregua di una manovra di guerra, varata in un frangente eccezionale, in cui i mercati finanziari si possono scatenare contro qualsiasi Paese in ogni momento, e la messa in sicurezza dei conti pubblici è una strada senza alternative, ossia quella che porta alla creazione di spazio per la crescita economica attraverso la riduzione del debito pubblico.

E’ chiaro, quindi, che in questa prospettiva la lotta all’evasione fiscale è al primo punto dell’agenda, insieme alla missione di far scendere più rapidamente possibile il rapporto tra il deficit (e il debito) e il prodotto interno lordo.

L’obiettivo è quello di tagliare gli sprechi e la spesa pubblica improduttiva senza aumentare le tasse e senza colpire i ceti più deboli. Quella presentata è dunque una manovra economica volta a combattere fenomeni odiosi come le false pensioni di invalidità, l’evasione fiscale e i privilegi delle caste. Contestualmente, poi, il governo ha deciso di varare una riforma strutturale anche della spesa sanitaria adottando sostanziali riforme strutturali nei principali comparti di spesa del Paese, ad iniziare dal pubblico impiego, dalla sanità, appunto, dai rapporti con gli enti locali, dalla fiscalità. E questo è un fondamentale elemento di novità, in quanto le misure adottate smentiscono l’approccio più cauto che nel passato aveva indotto i governi ad evitare l’adozione di riforme strutturali in periodi di crisi. Ma il ragionamento è sempre lo stesso, un ragionamento a tutto tondo "europeo": la manovra da 24 miliardi in due anni rientra nella corsa contro i deficit intrapresa da tutta l’Unione europea.

L’accelerazione sui tempi voluta dall’Italia, peraltro, è stata molto apprezzata da Bruxelles, che ieri ha commentato: il governo italiano ha fatto quel che doveva fare, queste decisioni "andavano prese e andavano prese adesso", ha dichiarato il commissario agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, altrimenti la deriva verso le situazioni di Spagna e Portogallo sarebbe stata inevitabile.

Non bisogna stancarsi di ripeterlo: questa manovra non è come le altre, e tutti gli enti di governo (Regioni, Province, Comuni e Comunità montane) devono fare la loro parte per uscire dalla difficile congiuntura economica. Mentre l’Europa produce più debito che ricchezza, l’Italia ha deciso di ridurre drasticamente il perimetro dell’area pubblica. Dunque, ridurre la spesa serve a prescindere dalla ripresa economica perché ne va della stabilità finanziaria.

I concetti sono molto chiari, ma l’opposizione non sembra averli ancora compresi, nonostante il nuovo appello del presidente Napolitano, dagli Stati Uniti, ad arrivare a misure condivise nell’interesse del Paese, nel segno dell’equità. L’Udc non ha detto sì a scatola chiusa, ma prima di esprimersi ufficialmente valuterà attentamente il testo e si consulterà con le parti sociali.

L’Italia dei Valori ha già pronunciato un secco no, mentre il governatore pugliese Nichi Vendola, aspirante candidato premier del centrosinistra, ha gridato addirittura alla "macelleria sociale". E il Pd? Intervenendo dalla Cina, Bersani non ha lasciato molti spazi aperti alla convergenza. "Nella manovra – ha detto - non intravedo riforme, non vedo niente". Inutile girarci intorno: ancora una volta il gruppo dirigente democratico, salvo qualche rara eccezione, si è accodato alle posizioni ultracritiche della Cgil, piuttosto che alla cautela di Cisl e Uil.

Il leit-motiv è quello scontato: secondo il Pd la manovra mostra troppa propensione ai tagli, a discapito di quanti sono già penalizzati dall’iniqua ripartizione del carico fiscale e a tutto svantaggio degli enti locali, con pochi incentivi alla crescita. Certo, è stata espressa la disponibilità a confrontarsi in Parlamento, ma dietro le mini-aperture formali si intravede un sostanziale no. Come da copione.

MANOVRA ECONOMICA: Ce lo chiede l'Europa

"La difesa dell’euro obbliga ad un’azione comune e coordinata". La manovra varata dal Consiglio dei ministri di ieri nasce da questa frase di Silvio Berlusconi detta a Nicholas Sarkozy, prima della riunione dell’Eurogruppo a Bruxelles a livello di Capi di Stato e di Governo.

Quel giorno ha segnato la svolta della politica economica europea. Quel giorno è nata una politica "comune e coordinata" che ha un solo precedente nella storia europea. Il precedente è rappresentato dall’altro Eurogruppo a livello di Capi di Stato e di governo svolto a Parigi, quando venne deciso di introdurre deroghe alla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato. Ed i governi rifinanziarono le banche nazionali per evitarne il fallimento.

Berlusconi è stato, in questi due eventi che segnano la storia europea, il promotore (e nel caso parigino, anche il precursore) di quella che è la nuova politica economica europea. Al primo Eurogruppo perché consigliò ai colleghi europei di aumentare la garanzia pubblica sui depositi sui livelli italiani. E così venne fatto. Nel secondo perché capì prima di altri come la speculazione internazionale potesse aggredire i debiti sovrani. Cosa, poi, puntualmente avvenuta con i debiti greco, portoghese, spagnolo; ma anche francese, italiano e tedesco (al punto che in una recente asta di titoli pubblici, Berlino ha deciso di ridurre l’asta da 6 a 4,6 miliardi di euro; mentre nelle nostre aste la domanda supera, in media, del 30% l’offerta).

Dopo quell’Eurogruppo di Bruxelles tutti gli Stati europei hanno dato risposte ai mercati, in termini di finanza pubblica; sia chi era in affanno, come Grecia, Portogallo, Spagna (e Gran Bretagna, anche se è fuori dall’euro). Sia chi non ha tensioni sulla finanza pubblica, come Italia e Germania.

Sarkozy ha annunciato una manovra da 100 miliardi di euro. Angela Merkel ha reso noto che nei prossimi anni la Germania ridurrà di 10 miliardi all’anno la spesa pubblica interna. Dal 2008 al 2012 l’Italia la ridurrà – anche grazie alla manovra di ieri - di 15,2 miliardi all’anno. I mercati questi numeri li conoscono. Per questo, gli speculatori non aggrediscono l’Italia. Il nostro paese ha infatti il più basso deficit della zona euro, il più basso tassi di disoccupazione ed uno tra i più alti tassi di risparmio privato. Si tratta di patrimoni che il governo intende preservare.

Da qui, la manovra di ieri. Che va proprio nella direzione di interventi di finanza pubblica "comuni e coordinati"; ancora una volta, quindi, l’Italia si propone come battistrada di una strategia europea che punta, da un lato al rigore finanziario, e dall’altro allo sviluppo.

Non a caso, nel decreto sono contenute misure destinate a attrarre imprese dall’estero e defiscalizzare (fino all’azzeramento dell’Irap: altra promessa elettorale rispettata) le aziende che scelgono il Mezzogiorno come sede di investimento. Vale a dire, che il governo punta anche a valorizzare gli investimenti nelle aree più deboli del Paese.

MANOVRA ECONOMICA: Dall'estero fiducia e condivisione

"Manovra necessaria", l’ha definita il Presidente Napolitano rientrando dagli Stati Uniti. "Risposte necessarie", è titolato il fondo del Corriere della Sera dedicato alla manovra correttiva. I quotidiani stranieri, a partire da quelli finanziari a diffusione internazionale, registrano senza critiche. Si limitano a riferire la decisione del governo italiano di tagliare il deficit di 24 miliardi per "rassicurare i mercati sulla capacità di sostenere il debito pubblico".
Si tratta di un piano d’austerità che richiederà sacrifici, ma che – sottolineano Financial Times e Wall Street Journal - è tutt’altro che isolato in Europa e, anzi, segue le pesanti misure annunciate da molti altri governi: Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Germania e Gran Bretagna. In Francia, è noto che il Presidente Sarkozy deve trovare 100 miliardi in tre anni.

La stessa Germania ha bisogno di ritagliare ancora 10 miliardi di euro l’anno nel prossimo quinquennio. Non c’è un filo di critica, quindi, sulla stampa estera, neanche un accenno. I quotidiani tedeschi sottolineano la volontà di tagliare la spesa pubblica anche attraverso l’eliminazione di alcuni enti pubblici inutili e la riduzioni di stipendio ai ministri. C’è attesa, naturalmente, per i dettagli del provvedimento. Ma c’è in tutti, italiani e stranieri, la percezione che si sta facendo quello che si doveva.
Dopo avere risparmiato all’Italia la deriva greca (eventualità niente affatto peregrina, perché il governo Berlusconi ha ereditato dai precedenti governi di centrosinistra un debito pubblico da primato), c’è ancora da aggiustare il bilancio con interventi sui quali in parte si era ragionato nei mesi (e anni) scorsi e che è arrivato il momento di adottare, nell’interesse del Paese, a costo anche dell’impopolarità.

Intanto, qualche elemento positivo emerge dalle cifre Istat diffuse ieri sullo stato dell’Italia. Per esempio, durante la crisi l’Italia ha contenuto più degli altri Paesi il deterioramento dei conti pubblici. "La recessione ha avuto un impatto negativo sui conti pubblici in tutte le economie europee. Il debito pubblico particolarmente elevato - dice il rapporto - rappresenta l’elemento di più forte vulnerabilità del nostro Paese… L’Italia è riuscita a contenere il deterioramento dei conti limitando gli interventi di spesa, beneficiando di una riduzione degli interessi e frenando il calo di entrate con misure una tantum".

In rapporto al Pil, l’indebitamento è aumentato dal -2.7% al -5.3, "mentre ha raggiunto il -11.2% in Spagna e il -7.5 in Francia".

Inoltre, nella media del periodo 2000-2008, il debito delle famiglie e delle società non finanziarie in rapporto al Pil è di oltre 30 punti inferiore alla media dei principali paesi dell’Unione economica e monetaria, ponendo l’Italia in una posizione di vantaggio rispetto agli altri Paesi europei".
La ricchezza finanziaria netta delle famiglie italiane è pari a circa il doppio del Pil, più bassa rispetto a quella registrata altrove in Europa, e questo ha contribuito ad attutire gli effetti della crisi internazionale. Infine, in Italia è cominciata la ripresa. Dopo una modesta flessione nel 2009, nel primo trimestre di quest’anno l’economia "è tornata a segnare una espansione significativa (+0.5%), che dà luogo a un risultato di crescita già acquisita per il 2010 pari allo 0.6%".

Gli aggiustamenti sono necessari proprio per consolidare una situazione che ci vede comunque in posizione migliore rispetto ad altri e l’ennesima dimostrazione è il commento di ieri del commissario UE agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, sull’accelerazione dell’Italia verso l’austerità e in vista della ripresa.

In sintesi, il governo italiano ha fatto quello che doveva fare, questa decisioni "andavano prese e andavano prese adesso".

Tutte le misure della manovra economica

MANOVRA: Tutte le misure
Dai tagli ai ministri, passando alle "finestre" per la pensione fino ai pedaggi per i raccordi autostradali. Via inoltre alle Province piu’ piccole, cioe’ quelle sotto i 220.000 abitanti che non confinano con Stati esteri e non ricadono in Regioni a statuto speciale. Il ’mix’ di misure per correggere i conti appare ormai tracciato.
Ecco le misure principali della manovra.

Stop contratti pubblico impiego. Stop agli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici gia’ a partire da quest’anno. Il congelamento vale quattro anni, fino al 2013.

Tagli ai ministeri, giro vite su auto blu. La sforbiciata e’ del 10% ma su formazione o missioni si arriva al dimezzamento della spesa. Arriva anche un giro di vite sulle auto blu. Saltano dal testo i tagli alla Presidenza del Consiglio e i limiti alla Protezione Civile.

Tagli ai partiti. Cala del 20% (il contributo per le spese elettorali).

Pagamenti e tracciabilita’. Tetto a 5.000 euro per i pagamenti in contanti. Obbligo di fattura telematica oltre i 3.000 euro.

Arriva bancomat P.A.. Addio ai libretti di deposito bancari o postali. In compenso arriva la carta elettronica istituzionale per effettuare i pagamenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni.

Comuni e lotta evasione. I comuni che collaboreranno incasseranno il 33% dei tributi statali incassati.

Tassa su alberghi per Roma Capitale. Arriva un ’contributo di soggiorno’ fino a 10 euro per i turisti negli alberghi di Roma per finanziare ’Roma Capitale’. Protesta Federalberghi.
Stangata su manager e stock option. Salgono le tasse sulle stock option ma anche sui bonus dei manager e dei banchieri che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione.

Tempi sprint per cartelle. L’accertamento e l’emissione del ruolo diventano contestuali rendendo piu’ corto il tempo per contestazioni e ricorsi.
Stretta sul gioco clandestino. L’evasione dell’imposta sui giochi, una volta accertata, avra’ riflessi anche ai fini delle imposte dirette. Nasce l’Agenzia che sostituisce i Monopoli.

Condono edilizio e case fantasma. Confermata invece la sanatoria sugli immobili fantasma. Si ipotizza pero’ un ampliamento di questa norma. La sanatoria andra’ fatta entro il 31 dicembre.
Per pensione invalidita’ sale a 80%. Sotto questa soglia niente benefici. Previsti anche 200.000 controlli in piu’.

Irap zero per nuove imprese Sud. Le regioni del Mezzogiorno avranno la possibilita’ di istituire un tributo proprio sostitutivo dell’Irap per le imprese avviate dopo l’entrata in vigore del dl con l’opportunita’ di ridurre o azzerare l’Irap.

Reti impresa e zone ’zero burocrazia’. Creazione di reti d’impresa, per ottenere benefici fiscali e migliorare la capacita’ di incidere sui mercati, ma anche zone a burocrazia zero, nelle quale per aprire un’attivita’ ci si potra’ rivolgere ad un solo soggetto.

Stop turn-over P.A. Confermato per altri due anni.

Tagli anche a magistrati. Lo stipendio verra’ decurtato per il 10% nella parte eccedente gli 80.000 euro. Taglio del 10% anche per i magistrati del Csm.

Manager P.A., sforbiciata 5-10%. Sotto i fari gli stipendi oltre i 90.000 e oltre i 130.000 euro.

Insegnati sostengo. Congelato l’organico. Non ci sara’ il blocco del turn over per l’Universita’.

Dividendi a riduzione debito. A partire dal 2011, 500 milioni di dividendi che arrivano dalle societa’ statali saranno impiegati per la riduzione degli oneri sul debito pubblico.

Tagli a costi politica pro cassa integrazione. Le riduzioni di spesa che decideranno il Quirinale, il Senato, la Camera e la Corte Costituzionale, nella loro autonomia, serviranno a finanziare la Cassa Integrazione.

Pensioni. Rinvio delle finestre per il pensionamento e per il riordino degli enti. La novita’ e’ invece l’accelerazione dei tempi per l’aumento dell’eta’ pensionabile a 65 anni per le donne dipendenti del pubblica amministrazione che avverra’ a gennaio 2016.
Definanziamento leggi inutilizzate. Si recuperano risorse attraverso il definanziamento degli stanziamenti improduttivi. Saranno destinate al fondo ammortamento dei titoli Stato.

Taglia-Enti. Vengono soppressi Ipsema, Ispel e Ipost. Ma anche l’Isae, l’Ice e l’Ente italiano Montagna. Salta o viene ridotto inoltre il finanziamento a 72 enti.

Controllo spesa farmaci. Acquisti centralizzati per le asl per trattare meglio il prezzo con i fornitori e interventi sui farmaci con una modifica delle quote di spettanza dei grossisti e dei farmacisti sul prezzo di vendita al pubblico delle specialita’ medicinali di classe a.

Autonomie territoriali. Alle Regioni vengono chiesti tagli per oltre 10 miliardi in due anni (2011 e 2012); ai Comuni e Province vengono chiesti risparmi di 1 miliardo e 100 nel 2011 e 2 miliardi e 100 nel 2012.

Pedaggi su raccordi per autostrade. Si inserisce la possibilita’ di ’pedaggiamento’ di tratti di strade di connessione con tratti autostradali.

Addio a Sir e Rel. Addio al Comitato Sir costituito per gli interventi nei settori di alta tecnologia e che prese in carico le societa’ chimiche di Nino Rovelli, ed anche alla Rel, la finanziaria pubblica costituita qualche anno piu’ tardi per sostenere il risanamento dell’industria elettronica.

IL GOVERNATORE PROMUOVE LA MANOVRA ECONOMICA

BERLUSCONI: Dal Governatore della Banca d'Italia Draghi un riconoscimento all'azione svolta dal Governo
"Ho seguito con particolare attenzione le considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia. E ho apprezzato il riconoscimento che Mario Draghi ha dato all’azione di Governo in termini di riduzione della spesa e lotta all’evasione fiscale, al fine del contenimento del deficit di bilancio.
E’ dall’inizio della legislatura che il Governo ha fatto propria la sfida lanciata dal Governatore per coniugare, attraverso riforme strutturali, risanamento dei conti e ritorno alla crescita. Un impegno che intendiamo proseguire sostenuti anche dallo stimolo della Banca d’Italia. Concordo con Draghi: il Paese ha forze sane e sufficienti per vincere la sfida". Lo ha affermato in una nota il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi

SACCONI: Le considerazioni di Draghi promuovono la manovra
"Le considerazioni finali del governatore Draghi promuovono sostanzialmente la manovra".
Lo ha affermato il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, commentando positivamente il giudizio del governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi sulla manovra. "Ho apprezzato le considerazioni del governatore sul sistema previdenziale e sull’efficacia delle misure adottate oltre che sulle finestre mobili e sul regolamento che dal 2015 determinetra’ l’aggancio dell’eta’ pensionabile con le aspettative di vita.

Insieme al giudizio positivo delle parti sociali, tranne una, il giudizio delle istituzioni, internazionali e interne, ci conforta nel percorso che abbiamo avviato"

BERTOLINI: Dopo il plauso alla manovra, ora la sinistra attacchera' anche Draghi?

"Dopo il plauso arrivato anche dal governatore della Banca d’Italia alla manovra economica messa in campo dal Governo, Bersani e D’Alema e la sinistra attaccheranno anche Draghi?".

A  chiederlo è Isabella Bertolini, parlamentare della Direzione Nazionale del Pdl, aggiungendo che ’dopo l’apprezzamento della Commissione europea, del fondo monetario e dell’OCSE, l’azione dell’esecutivo incassa oggi un altro autorevole riconoscimento, che sbugiarda la propaganda pregiudiziale di una sinistra totalmente disinteressata al futuro del Paese. Il fatto che il Governatore Draghi abbia valutato positivamente il complessivo pacchetto di misure anti-crisi attuate dal Governo rappresenta uno sprone a proseguire per la strada intrapresa. Siamo fiduciosi. Grazie a questo esecutivo il nostro Paese uscira’ dalla crisi, prima di altri".

INTERCETTAZIONI: Ecco le novità nel disegno di legge

Il disegno di legge sulle intercettazioni approda finalmente in aula al Senato dopo mille polemiche spesso pretestuose, con l’opposizione pronta a fare le barricate per ritardare il più possibile una normativa che non si discosta molto da quella contenuta nel ddl Mastella che tre anni fa fu votato in modo bipartisan alla Camera, soprattutto dopo le undici nuove proposte di modifica presentate sabato dalla maggioranza.

Anche se in queste ore lo scontro si è concentrato in particolare sull’undicesimo emendamento presentato dal Pdl, quello che vuole introdurre la possibilità di applicare la nuova legge anche a tutti i procedimenti pendenti.

Il centrosinistra pretenderebbe di far tornare il provvedimento in Commissione, mentre la maggioranza vuol approvare la legge entro questa settimana. Cosa più che lecita, visto che le proposte di modifica inoltrate dal Pdl, con il consenso della Lega, non sono così innovativi da richiedere un nuovo passaggio di approfondimento in commissione Giustizia. E poi, come hanno fatto notare gli uffici della presidenza del Senato, molti degli ultimi emendamenti sono su molti punti migliorativi e hanno accolto le richieste dell’opposizione.
Nella maggioranza c’è piena concordanza di vedute, e la Lega ha fatto sapere ieri di condividere tutti gli emendamenti presentati a prima firma Gasparri, che rappresentano una soluzione equilibrata tra il diritto di cronaca e quello alla riservatezza dei cittadini. Ma il gruppo del Pd al Senato ne ha presentati circa 160, che si vanno ad aggiungere ai 110 dell’Idv e ai 10 di Alleanza per l’Italia. La battaglia si annuncia quindi durissima.

I divieti - Alcuni emendamenti riguardano il lavoro dei giornalisti: viene autorizzata - come nel ddl Mastella - la pubblicazione "per riassunto" degli atti delle indagini. È invece vietata la pubblicazione anche parziale, per riassunto o nel contenuto delle intercettazioni, anche se non più coperte dal segreto fino alla conclusione delle indagini preliminari. Vietata la divulgazione, anche in questo caso parziale, per riassunto o nel contenuto, delle ordinanze emesse in materia di misure cautelari. Stesso divieto vale anche per le richieste di tali misure. Si potrà pubblicare il contenuto solo dopo che l’indagato o il suo difensore siano venuti a conoscenza dell’ordinanza del giudice. È sempre vietata la diffusione delle intercettazioni di cui sia stata ordinata la distruzione o che riguardino fatti, circostanze e persone estranee alle indagini. Un altro emendamento prevede che non ci sia alcun limite alle intercettazioni se le indagini servono alla cattura di un latitante. La disciplina prevista dal ddl si applica "anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge".

Sanzioni - La maggioranza ha deciso di ridurre le sanzioni agli editori. L’emendamento, primo firmatario Gasparri, prevede di sostituire le parole "da 250 a 300 quote" con "da 100 a 200 quote". Dunque, le sanzioni per gli editori che pubblicheranno gli atti giudiziari prima dell’udienza preliminare andranno da 25.800 a 309.800 euro. Ogni quota può oscillare dai 258 ai 1.500 euro.

Infine, anche i pubblicisti, oltre agli 007 e ai giornalisti professionisti, potranno effettuare registrazioni di comunicazioni e riprese ai fini dell’attività di cronaca. Uno degli emendamenti stabilisce infatti la non punibilità "quando le riprese e le registrazioni sono effettuate ai fini dell’attività di cronaca da giornalisti iscritti all’ordine professionale" e non più, come era nel testo approvato dalla commissione "giornalisti iscritti all’albo professionale".

Ultima annotazione: dopo Alfano, anche il ministro dell’Interno Maroni ha affermato ieri che "la nuova normativa sulle intercettazioni non pregiudica in alcun modo le attività investigative nei confronti della criminalità organizzata".
31.5.10 - sito PdL

sabato 29 maggio 2010

ITALIA 2763

Ave Roma,  MMDCCLXIII 


Sentiamo nell'aria i versi di Orazio dal "Carmen saeculare" :

"Alme sol, curru nitido,

qui noctem atque albam diem donas,

POSSIS NIHIL URBE ROMA VISERE MAIUS!"

E riecheggiano ancora  le parole  di Rutilio Namaziano
per la Roma Universale!:

"Fecisti e pluribus populis unum,

URBEM FECISTI QUOD PRIUS ORBIS ERAT!"

Ave Italia 2763

lunedì 17 maggio 2010

Calderoli : Crisi con tagli per tutti

Il Ministro per la Semplificazione Normativa






CALDEROLI: "NON SOLO TAGLIO DEGLI STIPENDI DI PARLAMENTARI E MINISTRI MA ANCHE DIETA PER TUTTI GLI 'ALTI PAPAVERI' DEL PUBBLICO, COMPRESI GLI INTOCCABILI DEL SOTTOBOSCO..."

“L’intervento di riduzione di almeno il 5% sullo stipendio dei ministri e dei parlamentari, che intendo proporre a breve, rappresenta un atto di giustizia.

Ricordo, infatti, che a gennaio, con un decreto legge abbiamo tagliato pesantemente gli stipendi dei consiglieri regionali, un taglio già entrato in vigore in questa legislatura regionale appena iniziata, e che contestualmente abbiamo predisposto il taglio di 50mila poltrone negli enti locali.

Proprio in quell’occasione mi ero impegnato con gli stessi enti locali, promettendo di fare un’analoga operazione di taglio anche a livello dello Stato e dei suoi organi, per questo proporrò l’intervento sugli stipendi dei ministri e dei parlamentari, ma anche un ampio pacchetto, per fare in modo che la dieta, finalmente, la si faccia fare anche a tutti gli 'alti papaveri' del pubblico, anche quelli del cosiddetto sottobosco, che fino ad oggi non mai stati toccati e sono stati considerati degli intoccabili…”.

Lo afferma il Ministro per la Semplificazione Normativa e Coordinatore delle Segreterie Nazionali della Lega Nord, sen. Roberto Calderoli

Fini non grazia i fannulloni

30/04/2010


L'UFFICIO STAMPA DELLA CAMERA SU ARTICOLO DI  "LIBERO"
In riferimento all'articolo a firma Fosca Bincher pubblicato oggi sul quotidiano Libero, dal titolo "Fini grazia i fannulloni", si precisa che è assolutamente infondata l'affermazione secondo la quale, in ordine alla posizione dei dipendenti della Camera dei deputati indagati dalla Procura della Repubblica di Roma per l'utilizzo irregolare dei tesserini per la rilevazione delle presenze, "non sono state prese decisioni". Tale affermazione è frutto evidentemente della mancata conoscenza di notizie ampiamente riportate sugli organi di stampa. Come diffusamente reso noto infatti, il 28 gennaio 2010, con Decreto del Presidente della Camera, su proposta del Segretario generale, i dipendenti interessati sono stati cautelativamente sospesi dal servizio con privazione dello stipendio ai sensi del Regolamento di disciplina del personale della Camera. Tale provvedimento, come chiarito in quella occasione, è stato disposto in ragione della gravità dei fatti e a tutela dell'immagine della Camera dei deputati e di tutti gli altri dipendenti. Secondo quanto previsto dall'ordinamento interno, all'esito del giudizio penale saranno attivati i procedimenti disciplinari e, quindi, adottati i conseguenti provvedimenti.
Dal sito della Camera dei Deputati
 
 
 
 

DI NUOVO MILITARI ITALIANI CADUTI IN AFGANISTAN

Cordoglio del Presidente Napolitano per la morte dei due militari italiani in Afghanistan

C o m u n i c a t o

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, appresa con profonda emozione la notizia del grave attacco terroristico nel quale hanno perso la vita due militari italiani impegnati nella missione ISAF in Afghanistan, ha inviato messaggi alle famiglie del sergente Massimiliano Ramadù e del primo caporal maggiore Luigi Pascazio, rendendosi interprete del profondo cordoglio del Paese di fronte al tragico evento, in cui esprime i sentimenti della sua affettuosa vicinanza e della più sincera partecipazione al loro grande dolore

Nella triste circostanza, Il Capo dello Stato ha altresì chiesto al Capo di Stato Maggiore della Difesa, gen. Vincenzo Camporini, di rendersi interprete, presso le Forze Armate e l'Esercito in particolare, dei suoi sentimenti di cordoglio, di commossa solidarietà e di intensa partecipazione al dolore provocato da questo luttuoso evento.

Il Presidente Napolitano ha anche chiesto di far pervenire il suo incoraggiamento e affettuoso augurio al primo caporal maggiore Gianfranco Scirè e al caporale Cristina Buonacucina, feriti nell'attacco.

Roma, 17 maggio 2010
Dal Sito della Presidenza della Repubblica

Afghanistan, Berlusconi: cordoglio per militari caduti


Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, appena appresa la notizia dell’attacco contro un convoglio italiano in Afghanistan che ha causato la morte di due militari e il ferimento di altri due, si è messo subito in contatto con il sottosegretario Gianni Letta a Palazzo Chigi.

Il Presidente Berlusconi ha espresso il profondo cordoglio, suo personale e dell’intero Governo, alle famiglie dei militari caduti. E ha inviato il suo augurio a quelle dei soldati feriti. Il presidente ha sottolineato al tempo stesso la fondamentale importanza della missione in Afghanistan per la stabilità e la pacificazione di un’area strategica.

Dal Sito del Governo Italiano


AFGHANISTAN, MESSAGGIO FINI A CAPO STATO MAGGIORE DIFESA
Il Presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, ha inviato il seguente messaggio al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini: "Nell'apprendere la tragica notizia dell'attentato nel quale hanno perso la vita due nostri militari, causando il ferimento di altri due, desidero manifestarLe i sensi della più intensa vicinanza mia personale e della Camera dei deputati alle forze militari italiane impegnate in Afghanistan. L'impegno dei nostri soldati, insieme a quello degli alleati, costituisce un presidio contro le forze del terrore e della destabilizzazione, rappresentando un insostituibile baluardo in un area martoriata dai conflitti innescati dal fanatismo fondamentalista. Soprattutto in momenti così tragici è necessario stringersi intorno ai nostri militari e ribadire convintamente la determinazione a proseguire nel nostro impegno fino al conseguimento degli obiettivi della missione internazionale. La prego di far pervenire alle famiglie dei caduti le più sentite condoglianze e un sincero augurio di pronto ristabilimento ai nostri militari feriti."

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE DIFESA CIRIELLI INTERVENE SUI MILITARI CADUTI IN AFGHANISTAN


Due morti e due feriti, che sono in gravi condizioni. Ancora sangue italiano in Afghanistan. On. Cirielli, da presidente della Commissione difesa della Camera dei deputati, qual e' il suo primo pensiero?

Innanzi tutto di vicinanza alle vittime e ai loro familiari e di pieno sostegno alle Forze Armate nella loro difficile missione di guerra al terrorismo e di ristabilimento della pace in Afghanistan.

Un'ora dopo i tragici fatti di Bala Murghab, da una parte dell'opposizione sono arrivate critiche per la missione e richiesta di ritiro del contingente italiano. Cosa risponde?

Purtroppo queste sono missioni necessarie per la sicurezza nel mondo e in Italia, per scongiurare vili attentati e servono per accrescere sicurezza ai cittadini Non e' che quando muore un appartenente alle forze dell'ordine, per esempio in una rapina, si chiede di abolire l'istituzione che rappresenta. Queste sono solo soluzioni demagogiche che offendono la memoria dei caduti.

L'attentato contro i soldati italiani arriva ad una settimana dal nuovo annuncio del presidente degli Stati Uniti Obama di massimo impegno contro il terrorismo: possiamo considerare questa la risposta dei terroristi, considerato che l'Italia e' tra i piu' fedeli alleati Usa nella lotta al terrorismo internazionale e tra i Paesi piu' impegnati nelle missioni di pace?

No, queste sono cose che avvengono normalmente. Un mese fa' ero ad Herat dove ho trovato la situazione molto sotto controllo. Qui si combatte tra talebani ed afgani e purtroppo nella guerra ci sono sempre situazioni di disagio che possono qualche volta degenerare.

Cosa risponde a chi, di fronte alla tragedia di questi nostri ragazzi uccisi, dice che non si tratta piu' di una missione di pace?

Dal sito della Camera dei Deputati

mercoledì 12 maggio 2010

Napolitano alle iniziative culturali dell'Unità d'Italia

15/04/2010


Presentate le iniziative degli istituti culturali per il 150° dell'Unità d'Italia

C o m u n i c a t o

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale

il Presidente della Fondazione Lelio e Lisli Basso Issoco, Elena Paciotti, con il

Responsabile della sezione studi e ricerche, Gabriella Bonacchi, il Direttore dei

programmi culturali dell'Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d'Italia,

Guido Pescosolido, il Consigliere di amministrazione dell'Istituto Luigi Sturzo, Francesco

Malgeri, il Presidente della Fondazione Ugo Spirito, Giuseppe Parlato, il Presidente della

Fondazione Gramsci, Giuseppe Vacca, il Presidente Onorario della Fondazione Einaudi,

Valerio Zanone, con il Direttore scientifico della Fondazione, Giovanni Orsina, e il

Presidente della Fondazione Einaudi di Roma, Roberto Einaudi, che gli hanno presentato

il progetto di ricerca e di pubblicazioni predisposto per il 150° anniversario dell'Unità

d'Italia, dal titolo "Nazione e narrazioni alle origini dell'Italia unita. Libertà e democrazia

nell'idea di Nazione di una pluralità di soggetti".

Roma, 15 aprile 2010
Dal Sito della Presidenza della Repubblica

Napolitano a Marsala per il 150° dei Mille

Genova, 05/05/2010


Intervento del Presidente Napolitano in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario


della partenza dei Mille

Non è per caso, e non è solo per ragioni di cronologia storica che l'itinerario delle visite ai

"Luoghi della memoria" per il centocinquantenario dell'Unità d'Italia parte dalla spiaggia e

dallo scoglio di Quarto a Genova. In effetti, fu qui che il 5 maggio del 1860 prese avvio,

con la spedizione dei Mille, la fase conclusiva del lungo percorso del movimento per

l'Unità, che sarebbe culminata nella proclamazione, il 17 marzo 1861, di Vittorio

Emanuele II Re d'Italia, nella nascita cioè dello Stato unitario.

Si aggiunga che se si ripercorrono gli eventi sfociati nella decisiva scelta dell'impresa

garibaldina per la liberazione della Sicilia e del Mezzogiorno, è possibile cogliere le

componenti e gli intrecci essenziali del moto unitario, i suoi tratti originali e i motivi del

suo successo. L'Unità d'Italia fu perseguita e conseguita attraverso la confluenza di diverse

visioni, strategie e tattiche, la combinazione di trame diplomatiche, iniziative politiche e

azioni militari, l'intreccio di componenti moderate e componenti democraticorivoluzionarie.

Fu davvero una combinazione prodigiosa, che risultò vincente perché più

forte delle tensioni anche aspre che l'attraversarono.

Le tensioni non mancarono anche alla vigilia della decisione di salpare da Quarto per la

Sicilia : non mancarono in Garibaldi i dubbi sulle possibilità di riuscita dell'impresa ; non

mancarono le preoccupazioni e le riserve di Cavour per una spedizione guidata da

Garibaldi, i cui svolgimenti e le cui ricadute potessero sfuggire al controllo politico e

diplomatico del massimo stratega del processo unitario. Pesarono, e non poco, diffidenze e

rivalità personali nel cui giuoco era ben presente anche Vittorio Emanuele. Al fondo, era

in questione, o così sembrava, l'egemonia, l'impronta - moderata o democratica - del

movimento per l'Unità e della costruzione del nuovo Stato che ne sarebbe scaturito. Ma su

tutto prevalsero le ragioni dettate dallo sviluppo degli avvenimenti, gli imperativi del

processo storico, con cui tutti i protagonisti della causa italiana dovettero fare i conti.

La Seconda Guerra d'Indipendenza si era conclusa con una vittoria, costata un pesante

tributo di sangue anche alle forze del Regno sardo ; la scelta dell'alleanza con Napoleone

III si era rivelata obbligata e feconda, anche se comportò il duro sacrificio della cessione

alla Francia di Nizza e della Savoia ; attaccato per questo sacrificio, Cavour poté

comprensibilmente vantare per la sua politica "l'averci condotto" - disse - "in così breve

tempo a Milano, a Firenze e a Bologna".

In effetti, con l'annessione della Lombardia, dell'Emilia e della Toscana, il regno sabaudo

superò gli 11 milioni di abitanti, divenendo un non più trascurabile Regno centrosettentrionale.

Ma questo, come ha scritto un grande storico, Rosario Romeo, restava

"troppo lontano dall'ideale, non solo mazziniano, di un'Italia unita, che fosse opera

soprattutto degli italiani stessi". Si erano peraltro esauriti, con i risultati ottenuti, i margini

dell'iniziativa politica e diplomatica e delle alleanze di guerra fino allora sperimentate. Lo

disse chiaramente nel luglio 1859 l'accordo di Villafranca tra Napoleone III e l'Imperatore

Ma questo, come ha scritto un grande storico, Rosario Romeo, restava

"troppo lontano dall'ideale, non solo mazziniano, di un'Italia unita, che fosse opera

soprattutto degli italiani stessi". Si erano peraltro esauriti, con i risultati ottenuti, i margini

dell'iniziativa politica e diplomatica e delle alleanze di guerra fino allora sperimentate. Lo

disse chiaramente nel luglio 1859 l'accordo di Villafranca tra Napoleone III e l'Imperatore

Francesco Giuseppe, che prospettava per l'Italia la soluzione mortificante di una

Confederazione di tutti gli Stati esistenti sotto la presidenza onoraria del Pontefice. A

Cavour non restò che rassegnare le dimissioni. Spettava ormai "alle forze democratiche e

rivoluzionarie" - è sempre il giudizio del nostro maggiore storico di quegli eventi -

"imprimere una nuova spinta in avanti al processo unitario". Era venuto il momento di

Garibaldi.

D'altronde, già in vista della II Guerra d'Indipendenza, Garibaldi era stato richiesto da

Cavour di reclutare volontari che sarebbero stati chiamati a far parte del corpo dei

"Cacciatori delle Alpi" e avrebbero dato un contributo decisivo alla vittoria contro gli

austriaci in Lombardia. Al di là di ogni sospetto e circospezione nei confronti di Garibaldi,

Cavour non dubitava - così si espresse - che egli fosse una "delle maggiori forze di cui

l'Italia potesse valersi". Se non si voleva rinunciare al compimento, in Sicilia e nel

Mezzogiorno, dell'unificazione nazionale, e non si voleva dare per chiusa la questione

romana - e nessuno dei diversi protagonisti poteva volerlo - anche le incognite di una

spedizione in Sicilia guidata da Garibaldi andavano accettate, sia pure con prudenza.

D'altra parte, le aspettative per ulteriori sviluppi del movimento per l'Unità d'Italia erano

cresciute e crescevano in tutte le regioni non ancora liberate. E una spinta decisiva venne -

mentre a Genova affluivano i volontari - dai moti rivoluzionari scoppiati a Palermo e nel

palermitano nell'aprile 1860. Il moto unitario cresceva dal basso, scaturiva dal seno della

società civile e non solo dai disegni di ristretti vertici politici. Ne dava la misura il

fenomeno del volontariato, stimolato e coordinato dalla Società nazionale creata nel 1857,

e incanalato dapprima verso il Piemonte in vista della guerra contro l'Austria.

Senza l'apporto del volontariato non sarebbe stata concepibile la spedizione dei Mille.

Esso rifletteva il diffondersi di quel sentimento di italianità che poi affratellò gli imbarcati

sulle due navi dirette in Sicilia - Piemonte e Lombardo. Erano in realtà anche più di mille,

in grande maggioranza lombardi, veneti, liguri : nelle sue famose e sempre fascinose

"Noterelle", Abba dice di udire a bordo "tutti i dialetti dell'Alta Italia", e parla di "Veneti,

giovani belli e di maniere signorili", di Genovesi e Lombardi, "gente colta all'aspetto, ai

modi e anche ai discorsi". Insomma, italiani che si sentivano italiani e che accorrevano là

dove altri italiani andavano sorretti nella lotta per liberarsi e ricongiungersi in un'Italia

finalmente unificata.

Si indulge forse alla retorica rievocando questi e altri aspetti e momenti dell'epopea dei

Mille, o rendendo omaggio alla capacità di attrazione e di guida, al coraggio e alla perizia

di condottiero, insomma alla straordinaria figura di Garibaldi, incomprensibilmente

oggetto ancora di grossolane denigrazioni da parte di nuovi detrattori? Bisogna intendersi.

Retorica sarebbe una rappresentazione acritica del processo unitario, che ne lasci in ombra

contraddizioni e insufficienze per esaltarne solo la dimensione ideale e le prove di

Mille, o rendendo omaggio alla capacità di attrazione e di guida, al coraggio e alla perizia

di condottiero, insomma alla straordinaria figura di Garibaldi, incomprensibilmente

oggetto ancora di grossolane denigrazioni da parte di nuovi detrattori? Bisogna intendersi.

Retorica sarebbe una rappresentazione acritica del processo unitario, che ne lasci in ombra

contraddizioni e insufficienze per esaltarne solo la dimensione ideale e le prove di

sacrificio ed eroismo ; e ancor più lo sarebbe una rappresentazione acritica dei traguardi

raggiunti 150 anni fa e da allora ad oggi.

Ma non è questa la strada che stiamo seguendo - il governo, il Parlamento, le istituzioni

regionali e locali, il mondo della cultura - per celebrare il centocinquantesimo anniversario

della fondazione dello Stato unitario : è giusto ricordare i vizi d'origine e gli alti e bassi di

quella costruzione, mettere a fuoco le incompiutezze dell'unificazione italiana e

innanzitutto la più grave tra esse che resta quella del mancato superamento del divario tra

Nord e Sud ; è giusto quindi anche riportare in luce filoni di pensiero e progetti che

restarono sacrificati nella dialettica del processo unitario e nella configurazione del nuovo

Stato.

Non è però retorica il reagire a tesi storicamente infondate, come quelle tendenti ad

avvalorare ipotesi di unificazione solo parziale dell'Italia, abbandonando il Sud al suo

destino, ipotesi che mai furono abbracciate da alcuna delle forze motrici e delle personalità

rappresentative del movimento per l'Unità. E tanto meno è retorica il recuperare motivi di

fierezza e di orgoglio nazionale : ne abbiamo bisogno, ci è necessaria questa più matura

consapevolezza storica comune, anche per affrontare con accresciuta fiducia le sfide che

attendono e già mettono alla prova il nostro paese, per tenere con dignità il nostro posto in

un mondo che è cambiato e che cambia. Ne hanno bisogno anche i ragazzi delle Forze

Armate che portano la nostra bandiera, rischiando la vita, in impervi teatri di crisi.

Perciò tutte le iniziative che il ministro Bondi ha richiamato come sobrio programma per il

150° - iniziative di carattere culturale, di più larga risonanza emotiva e popolare, di

particolare valenza educativa e comunicativa - non sono tempo perso e denaro sprecato,

ma fanno tutt'uno con l'impegno a lavorare per la soluzione dei problemi oggi aperti

dinanzi a noi : perché quest'impegno si nutre di un più forte senso dell'Italia e dell'essere

italiani, di un rinnovato senso della missione per il futuro della nazione. Ieri volemmo

farla una e indivisibile, come recita la nostra Costituzione, oggi vogliamo far rivivere nella

memoria e nella coscienza del paese le ragioni di quell'unità e indivisibilità come fonte di

coesione sociale, come base essenziale di ogni avanzamento tanto del Nord quanto del

Sud in un sempre più arduo contesto mondiale. Così, anche nel celebrare il 150°,

guardiamo avanti, traendo dalle nostre radici fresca linfa per rinnovare tutto quel che c'è da

rinnovare nella società e nello Stato.

Ieri e oggi ho reso egualmente omaggio alla Genova di Mazzini e di Garibaldi, e alla

Genova dei giorni nostri, esempio di un nuovo risorgimento scientifico e produttivo, di un

nuovo slancio creativo e laborioso.

Deve quindi guidarci più che mai anche in queste celebrazioni un forte spirito unitario :

esse non possono essere rivolte in polemica con nessuna parte politica né formare oggetto

di polemica pregiudiziale da parte di nessuna parte politica. C'è spazio per tutti i punti di

Genova dei giorni nostri, esempio di un nuovo risorgimento scientifico e produttivo, di un

nuovo slancio creativo e laborioso.

Deve quindi guidarci più che mai anche in queste celebrazioni un forte spirito unitario :

esse non possono essere rivolte in polemica con nessuna parte politica né formare oggetto

di polemica pregiudiziale da parte di nessuna parte politica. C'è spazio per tutti i punti di

vista e per tutti i contributi. Onoriamo così i patrioti, gli eroi e i caduti dei Mille che

salparono da Genova in questo giorno 5 di maggio di 150 anni orsono.
 
Giorgio Napolitano
Dal Sito della Presidenza della Repubblica
 
 
 

Napolitano apre le celebrazioni per l'unità d'Italia

"Le celebrazioni del 150° siano l'occasione per un clima nuovo nel



rapporto tra le diverse realtà del Paese"

"Siano le celebrazioni del 150° del nostro Stato nazionale, l'occasione per determinare un

clima nuovo nel rapporto tra le diverse realtà del paese, nel modo in cui ciascuna guarda

alle altre, con l'obbiettivo supremo di una rinnovata e più salda unità. Unità che è, siamone

certi, la sola garanzia per il nostro comune futuro". Lo ha affermato il Presidente della

Repubblica Giorgio Napolitano a Marsala nel discorso celebrativo del 150° anniversario

dello sbarco del Mille.

"Oggi - ha detto il Presidente Napolitano - siamo qui per rievocare il ruolo della Sicilia nel

compimento del processo di unificazione nazionale. Senza la Sicilia e il Mezzogiorno non

si sarebbe certo potuto considerare compiuto quel processo, non si sarebbe potuto far

nascere uno Stato che rappresentasse pienamente la nazione italiana e che si ponesse, in

pieno Ottocento, tra i maggiori Stati europei".

Il Capo dello Stato ha ricordato che "le celebrazioni del 150° anniversario della

fondazione del nostro Stato nazionale offrono l'occasione per mettere in luce gli apporti

della Sicilia e del Mezzogiorno a una storia comune e ad una comune cultura, che

affondano le loro radici in un passato plurisecolare, ben precedente lo sviluppo del

processo di unificazione statuale della nazione italiana. Di quel patrimonio, culminato

nelle conquiste del 1860-1861, possiamo come meridionali essere fieri: non c'è spazio, a

questo proposito, per pregiudizi e luoghi comuni che purtroppo ancora o nuovamente

circolano, nell'ignoranza di quel che il Mezzogiorno, dando il meglio di sé, ha dato

all'Italia in momenti storici essenziali".

Il Presidente ha poi rilevato che "in un bilancio critico del lungo periodo che ha seguito

l'unificazione d'Italia, non si coltivino nel Mezzogiorno rappresentazioni semplicistiche

delle difficoltà che esso ha incontrato, dei prezzi che ha pagato, per errori e storture delle

politiche dello Stato nazionale nella fase della sua formazione e del suo consolidamento.

Il ripescare le vecchissime tesi (perché vecchissime sono) - come qualche volta si sente

fare - di un Mezzogiorno ricco, economicamente avanzato a metà '800, che con l'Unità

sarebbe stato bloccato e spinto indietro sulla via del progresso, non è degno di un

approccio serio alla riflessione storica pur necessaria. E non vale nemmeno la pena di

commentare tendenze, che per la verità non si ha coraggio di formulare apertamente, a un

nostalgico idoleggiamento del Regno borbonico".

"Si può considerare solo penoso - ha affermato - che da qualunque parte, nel Sud o nel

Nord, si balbettino giudizi liquidatori sul conseguimento dell'Unità, negando il salto di

qualità che l'Italia tutta, unendosi, fece verso l'ingresso a vele spiegate nell'Europa

moderna. Mentre chi si prova a immaginare o prospettare una nuova frammentazione dello

Stato nazionale, attraverso secessioni o separazioni comunque concepite, coltiva un

autentico salto nel buio. Nel buio, intendo dire, di un mondo globalizzato, che richiede

coesione degli Stati nazionali europei entro un'Unione più fortemente integrata e non

qualità che l'Italia tutta, unendosi, fece verso l'ingresso a vele spiegate nell'Europa

moderna. Mentre chi si prova a immaginare o prospettare una nuova frammentazione dello

Stato nazionale, attraverso secessioni o separazioni comunque concepite, coltiva un

autentico salto nel buio. Nel buio, intendo dire, di un mondo globalizzato, che richiede

coesione degli Stati nazionali europei entro un'Unione più fortemente integrata e non

macroregioni allo sbando. Lasciamo scherzare con queste cose qualche spregiudicato

giornale straniero".

"Non è la prima volta che lo dico - ha affermato il Presidente Napolitano - e sento il

bisogno di ripeterlo; le critiche che è legittimo muovere in modo argomentato e costruttivo

agli indirizzi della politica nazionale, per scarsa sensibilità o aderenza ai bisogni della

Sicilia e del Mezzogiorno, non possono essere accompagnate da reticenze e silenzi su quel

che va corretto, anche profondamente, qui nel Mezzogiorno, sia nella gestione dei poteri

regionali e locali e nel funzionamento delle amministrazioni pubbliche, sia negli

atteggiamenti del settore privato, sia nei comportamenti collettivi. E parlo di correzioni

essenziali anche al fine di debellare la piaga mortale della criminalità organizzata che è

diventata una vera e propria palla di piombo al piede della vita civile e dello sviluppo del

Mezzogiorno".

"Nello stesso tempo - ha concluso il suo intervento il Presidente della Repubblica - si deve

chiedere a tutte le forze responsabili che operano nel Nord e lo rappresentano, di riflettere

fino in fondo su un dato cruciale : l'Italia deve nel prossimo avvenire crescere di più e

meglio, ma può riuscirvi solo se crescerà tutta, se crescerà insieme, solo se si metteranno a

frutto le risorse finora sottoimpiegate, le potenzialità, le energie delle regioni meridionali".

Successivamente il Capo dello Stato si è recato a Salemi dove ha inaugurato il restaurato

Palazzo Municipale e visitato i Musei del Risorgimento e della Mafia, e la Mostra del FAI

"Paesaggi d'Italia".

Ultima tappa del viaggio in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia è

stata Calatafimi dove il Presidente Napolitano ha deposto una corona al Sacrario di Pianto

Romano e scoperto una targa in ricordo dei garibaldini che persero la vita nella battaglia

del 15 maggio 1860 alla presenza dei sindaci delle città di provenienza dei caduti.
 
Dal sito della Presidenza della Repubblica

giovedì 6 maggio 2010

MAURO: Cambiare i regolamenti parlamentari europei

“Le istituzioni si comportino come un uomo solo, siano cioè complici di una visione di Europa che non solo agisca nell’interesse nazionale, ma che sia capace di servire i bisogni del nostro paese” .

Lo ha affermato  il Presidente dei deputati del Popolo della Libertà al Parlamento europeo intervenendo alla Camera al seminario sui rapporti tra l’Italia e l’Unione europea dopo il Trattato di Lisbona, “Serve la modifica dei regolamenti parlamentari, perché in questo processo decisionale un solo giorno perso può essere esiziale, e in questo contesto può essere importante non solo per guadagno di tempo, ma per l’apporto di una tipologia di contributo che sia capace di dettare al progetto europeo nel suo complesso per esempio una reale interpretazione del termine sussidiarietà nei trattati, per esempio una reale interpretazione della valutazione di alcuni grandi progetti. Chi l’ha detto che secondo i trattati oggi non si possono fare gli eurobond? I regolamenti possono contribuire a questo e possono contribuire a metterci nelle condizioni di farci giocare e vincere una partita che è nell’interesse di 530 milioni di persone”.

martedì 4 maggio 2010

Scajola si dimette per meglio difendersi

SCAJOLA: Mi dimetto perchè per esercitare l'arte nobile della politica non ci devono essere sospetti

"Un ministro non puo’ sospettare di abitare in un’abitazione in parte pagata da altri". Con queste parole il ministro dello Sviluppo, Claudio Scajola, ha spiegato le motivazioni che lo hanno indotto ad annunciare le sue dimissioni.

"Sono convinto di essere estraneo alla vicenda. Ma se dovessi acclarare che la mia abitazione fosse stata in parte pagata da altri senza saperne il motivo, il tornaconto e l’interesse, i miei legali eserciteranno le azioni necessarie per l’annullamento del contratto di compravendita. Ma per esercitare l’arte nobile della politica non ci devono essere sospetti, le mie dimissioni permetteranno al governo di andare avanti con l’importante lavoro da svolgere per il Paese al quale fino ad oggi anch’io ho contribuito".

"Sto vivendo da dieci giorni una situazione di grande sofferenza. Sono al centro di una campagna mediatica senza precedenti, sull’inchiesta giudiziaria nella quale non sono indagato mi ritrovo la notte e la mattina a seguire le rassegne stampa sulle tv per capire di cosa di parla. Ho imparato nella mia vita che la politica da’ sofferenze, ma ho anche imparato che le sofferenze sono compensate dalle soddisfazioni. So che tutti i cittadini nella loro vita hanno grandi sofferenze e non voglio pensare, anzi nessuno pensa, che solo io sto soffrendo. Certo e’ che mi trovo quotidianamente esposto a ricostruzioni giornalistiche di cui non conosco il contenuto e che sono contraddittorie tra loro. In questa situazione che non auguro a nessuno, io mi devo difendere. Per difendermi non posso continuare a fare il ministro come ho fatto in questi due anni. Credo che su questo anche voi siate buoni testimoni".

"Ho avuto in questi giorni attestati di stima dal presidente del Consiglio Berlusconi al quale sono legato da un affetto profondo, da lui ricambiato. Ho avuto attestati di stima da tutti i colleghi di governo, dall’intera maggioranza, da tutto il Pdl, ma voglio riconoscere anche un atteggiamento responsabile e istituzionale da parte delle stesse opposizioni"

STRACQUADANIO: E' chi accusa Scajola a dover fornire chiarimenti
"Nessuno dice una cosa molto piu’ semplice e che - in uno Stato di diritto sarebbe naturale - suonerebbe come ’i magistrati devono chiarire’, visto che l’onere della prova spetta all’accusa, i procedimenti penali non si svolgono sui giornali e finora abbiamo letto solo parole di un imputato che accusa e di persone - le venditrici dell’appartamento - che devono giustificare un movimento di assegni a loro favore segnalato all’antiriciclaggio".

Lo afferma in un editoriale pubblicato sul Predellino, il deputato del Pdl Giorgio Stracquadanio intervenendo sul caso Scajola :

"Abbiamo letto fino ad oggi la seguente ricostruzione del giro del denaro: 1. il presunto corruttore si procaccia da fondi a sua disposizione all’estero una provvista di 900mila euro in contanti. Operazione non facile, ma possibile; 2. a questo punto, invece di passarli direttamente al presunto corrotto (magari in una scatola di scarpe o di stivali) cosa fa? Va in banca e li trasforma in 80 assegni di piccolo importo (e questo perche’ il piccolo importo non sarebbe segnalato secondo quanto prescrivono e norme antiriciclaggio); 3. il presunto corrotto, a quel punto, riceve gli 80 assegni e li passa al venditore dell’immobile "in nero", cioe’ non registrando nel rogito immobiliare la somma: nell’atto del notaio, infatti, compare solo l’importo (610mila euro) ottenuto con il mutuo immobiliare erogato dalla banca; notate che gli assegni sarebbero consegnati in nero, ma tutto questo accadrebbe di fronte al notaio e a tutti i comparenti all’atto, compreso probabilmente il funzionario di banca che sottoscrive il contratto di mutuo. Se le cose fossero cosi’ ci troveremmo di fronte a un gruppo di completi dementi che comprende tutti: il presunto corruttore, il presunto corrotto e acquirente, le venditrici, il notaio, le banche". Stracquadanio conclude affermando: "Prendiamo pure per buona l’idea che il ministro Scajola (e chi lo difende) siano dei poco di buono, dei corrotti. Ma se e’ cosi’ non si puo’ essere talmente deficienti, talmente coglioni da compiere una serie di atti illogici e autolesionisti. Perche’ se uno e’ cosi’ coglione, non puo’ fare favori a nessuno, nemmeno favori cosi’ importanti che meritino 900mila euro di ringraziamento!".

NAPOLI: Contro Scajola mestano nel torbido

"La parola di Anemone contro quella di Zampolini. Dalla Procura della Repubblica di Perugia arrivano spifferi e soffiate di un’inchiesta che, manco a dirlo, continua a svolgersi in diretta, o in differita di appena 24 ore, sui giornali. Copione gia’ tristemente noto".

Lo ha affermato il vicepresidente dei deputati del Pdl Osvaldo Napoli, che ha osservato:

"Tutto accade mentre neanche un battito di ciglio viene dagli inquirenti, l’opposizione si chiede per quale misteriosa ragione o in omaggio a quale fedelta’ che non sia quella alla propria coscienza, il ministro Claudio Scajola dovrebbe presentarsi in Parlamento? Per negare le accuse di Zampolini e farsi scudo delle parole dei legali di Anemone?. Al ministro Scajola rinnovo la mia amicizia e la mia solidarieta’, convinto come sono della sua totale estraneita’ alle ’voci’ che circolano visto che non c’e’ nessuna notizia di reato a suo carico. Da Perugia arriva il solito cattivo odore di bruciato. Sono in troppi ormai a mestare nel torbido."

lunedì 3 maggio 2010

CEI :L'unità nazionale: memoria condivisa, futuro da condividere

Dal sito della CEI riportiamo e segnaliamo il seminario di  studio dal titolo
L'unità nazionale: memoria condivisa, futuro da condividere

Si è aperto con il saluto di S.Em.za Card. Angelo Bagnasco il 3 maggio a Genova, presso la Sala Quadrivium (piazza Santa Marta, 2) il Seminario di studio in preparazione alla XLVI Settimana Sociale dei Cattolici Italiani di Reggio Calabria (14-17 ottobre 2010) dal titolo: "L'unità nazionale: memoria condivisa futuro da condividere". L’incontro è promosso dal Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani, ed è stato introdotto da S.E. Mons. Arrigo Miglio, Vescovo di Ivrea e Presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani.

“L’iniziativa di Genova è maturata dall’incontro di due percorsi – spiegano gli organizzatori -: da un lato la preparazione della XLVI Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, dall’altro l’approssimarsi del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Mentre maturava l’idea che, tanto per il recente cammino ecclesiale centrato sulla speranza cristiana e sul richiamo alla responsabilità per il bene comune, l’appuntamento dell’Ottobre 2010 doveva avere a tema l’impegno concreto dei cattolici italiani nel reagire alle difficoltà di questi ultimi anni e quello ad immaginare e perseguire un futuro per la comunità nazionale, diveniva evidente che proprio questo sforzo esprimeva bene la partecipazione dei credenti e della Chiesa al confronto civile che doveva preparare e qualificare l’anniversario ormai prossimo”. Al Seminario di studio interverrà Gianpaolo Romanato, professore di Storia contemporanea all’università di Padova su “La questione cattolica nell'Italia che cambia” mentre “Una Costituzione vitale. Un contributo esemplare di cattolici al bene comune” è il titolo dell’intervento del Prof. Giuseppe Dalla Torre, Rettore della Lumsa. Modererà il dibattito il Dott. Edoardo Patriarca, Segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle settimane sociali. Il momento di studio si concluderà con l’intervento di Padre Mauro De Gioia, Responsabile diocesano per il progetto culturale di Genova, e con il Prof. Luca Diotallevi, Vice presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle settimane sociali. Il seminario di studio vedrà la presenza di S.E. Mons. Mariano Crociata, Segretario Generale della CEI e dei presidenti delle conferenze episcopali regionali a significare anche visibilmente l’unità del Paese attraverso la singola ricchezza dei diversi contesti regionali.

La Lega e l'Unità d'Italia

BONDI: Calderoli non si è dissociato dalle celebrazioni dei 150 anni dell'unita' d'Italia

"Il ministro Calderoli non si e’ affatto dissociato dalle celebrazioni per i 150 anni dell’unita’ d’Italia." Lo ha affermato in una intervista al Corriere della Sera, il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi.

"Calderoli ha detto una cosa diversa: ha sostenuto che il modo migliore di ricordare l’Unita’ d’Italia e’ quello di realizzare il federalismo. Anzi, ha detto che il federalismo corona l’unita’ italiana. Non c’e’ stato, dunque, alcun accento irridente ne’ tantomeno di dissociazione rispetto a questa celebrazione e neppure nei confronti del valore dell’unita’ nazionale. Per molti aspetti condivido questo modo di celebrare il centocinquantesimo anniversario della nostra unita’ nazionale: non in modo retorico ma sobrio, e avendo cura di rivalutare e di valorizzare anche le tradizioni federaliste, vive nel nostro Risorgimento, nella cornice dell’unita’ nazionale. Sono convinto che proprio sul modo di intendere la realizzazione del federalismo nell’ambito della riaffermazione del valore dell’Unita’ d’Italia registriamo una piena concordanza nella maggioranza e con la Lega. Il federalismo non e’ una bandiera solo della Lega, ma e’ iscritto nei nostri valori e nei nostri programmi di governo fin dal primo congresso di Forza italia del 1998".

La Russa: Con me l'unica destra

"Rispetto chi ha deciso di fare altro, noi siamo la destra. Dentro il Pdl": Ignazio La Russa parla così mentre tiene a battesimo 'La nostra destra nel Pdl', non una corrente, spiega, ma un convegno al quale ha partecipato "tutta la ex An che crede nel progetto del Pdl e ci sta orgogliosamente dentro". "La nostra è la destra del presente. E con tutto il rispetto, è difficile assimilare le posizioni di Gianfranco ad altre esperienze europee", afferma il ministro della Difesa in un'intervista a 'Libero'. Dico di più. Onestamente le posizioni di Fini, di FareFuturo, del Secolo d'Italia... Sì insomma, stento a chiamarla destra". La Russa, uno dei tre coordinatori del Pdl, ammette: "Sono quattro anni che mi arrampico sugli specchi per provare a coprire le differenze tra le posizioni di Gianfranco e quelle del partito", ma "oggi non sono più obbligato a rincorrere Gianfranco per tenere unita An.

Rimango fedele all'identità, quella della nostra destra, e al progetto del partito unico".

BONDI A FINI: I sondaggi servono a soddisfare le esigenze dei cittadini
"Non vi e’ alcun dubbio che l’onorevole Fini proponga, legittimamente, una tesi sul valore da attribuire alle rilevazioni demoscopiche e ai compiti dei leader politici che si avvicina molto a una superata concezione dei partiti". Lo ha dichiarato in una nota il nostro coordinatore nazionale Sandro Bondi, commentando le ultime dichiarazioni del presidente della Camera Gianfranco Fini su politica e sondaggi.

"Cercare di capire cio’ che pensano i cittadini attraverso metodi scientifici non significa assecondare le tendenze irrazionali o informi del popolo, ma rappresenta il modo migliore e piu’ efficace per interpretarne e soddisfarne le esigenze e le speranze, per mezzo di una politica e un’azione di governo al servizio degli interessi dei cittadini. Viceversa, una politica che pretenda di guidare e di illuminare dall’alto i cittadini, di ottenerne una delega in bianco, considerandoli di fatto al pari della sinistra incapaci da soli di decidere il meglio, ha gia’ rivelato la propria astrattezza o peggio ancora la propria natura anti popolare".