giovedì 31 marzo 2011

BERLUSCONI: Moratoria fiscale per Lampedusa

BERLUSCONI: Moratoria fiscale per Lampedusa

In due giorni e mezzo Lampedusa sara’ restituita ai Lampedusani." Lo ha affermato Silvio Berlusconi parlando davanti alla sede del Municipio dell’isola.


"Da mezzanotte di ieri e’ partito il piano per la gestione immigrati provenienti del nord Africa. E da ieri sono partite dai porti italiani sei navi passeggeri, con una capienza di 10 mila persone, e puntiamo ad averne una settima.


Sono gia’ iniziate dal molo le operazioni per l’imbarco dei migranti che saranno portati non solo in Sicilia ma anche in altre Regioni. Le operazioni richiederanno due giorni e mezzo e Lampedusa in 48-60 ore sara’ abitata solo dai lampedusani."



Il Presidente ha inoltre annuncia una "moratoria per il pagamento delle tasse: moratoria fiscale, bancaria e previdenziale. E ancora: "Nel prossimo Consiglio dei ministri presenteremo la candidatura di Lampedusa a Nobel per la pace. Lampedusa sara’ ripulita e risarcita: su questo c’e’ l’impegno del governo e mio personale. Il governatore della Sicilia ha parlato di una collina dove e’ avvenuto di tutto. Lampedusa non ce la puo’ fare da sola, ma noi crediamo che l’isola possa riportare a nuovo questi siti dove c’e’ stata un’ospitalita’ forzata. Sono arrivati 140 uomini delle Forze armate: e’ scattato un piano di pulizia per tutta l’isola, che verra’ riportata nelle condizioni normali.





L’isola deve essere rimborsata del sacrifico a cui e’ stata sottoposta. Abbiamo messo nero su bianco gli interventi fognature, elettricita’, viabilita’. Ancora c’e’ la stagione turistica da preservare: scattera’ un piano straordinario di promozione della vostra isola. Abbiamo dato incarico a Rai e Mediaset di fare dei servizi con immagini che illustrino l’isola, cosi’ gli italiani verranno a investire in questo vostro paradiso. Abbiamo ottenuto di fare controllare i porti e le coste per non consentire nuovi sbarchi e abbiamo attuato anche misure imprenditoriali. Abbiamo comprato pescherecci affinche’ non possono essere utilizzati per le traversate e abbiamo ottenuto l’impegno della riaccettazione di tutti i tunisini che riusciremo a portare indietro" .







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31 Marzo 2011

MOLES: L'Europa dimostri di esistere

MOLES: L'Europa dimostri di esistere

"All’Europa serve uno scatto di orgoglio, uno scatto di vera solidarieta’". Lo ha affermato il deputato del Pdl Giuseppe Moles, Segretario della Commissione Difesa e membro della commissione Esteri della Camera, che ha osservato:

"I silenzi e le omissioni dimostrano come all’Unione europea manca un piano politico sul problema immigrazione e una condivisa politica dell’accoglienza. L’Europa esca dal torpore del questo silenzio ipocrita ed abbia il coraggio di dimostrare di esistere. L’Europa brilla per le sue divisioni e cio’ nonostante l’esistenza di una schiera di diplomatici dell’Unione, di sedi e di portavoce; non esiste una politica estera europea ma tante, cioe’ nessuna. Un flusso di immigranti sbarca a Lampedusa, cioe’ nell’Unione europea ma la Ue si comporta come se si trattasse di un problema italiano, riconoscendo di non esistere; l’Europa si comporta come se l’Italia si trovasse su Marte. Se l’Ue ancora esiste, e se l’Italia ancora ne fa parte, ne consegue che i cosiddetti ’migranti economici’ sono entrati in Europa, quindi e’ dovere dell’Europa oppuparsene, checche’ ne dica un portavoce che anziche’ dire quello che pensa, dovrebbe pensare a quello che dice".



MAURO: L'Italia chiede alla Ue impegno politico

"Sul fronte dell’emergenza immigrazione, l’Europa si assuma le proprie responsabilita’ politiche. L’intervento di aiuto che l’Italia chiede all’Ue non e’ una richiesta economica. Il governo italiano non chiede fondi, bensi’ un impegno politico".



Lo ha dichiarato Mario Mauro, presidente dei deputati Pdl al Parlamento europeo, intervenendo a Bruxelles. "L’Italia sta semplicemente ribadendo la richiesta di una politica di gestione dell’immigrazione che sia davvero europea e nella quale tutti paesi membri si assumano le proprie responsabilita’ che sono prima di tutto politiche. Insomma, l’Italia non puo’ assumersi da sola la gestione di quella che dovrebbe essere la politica europea di immigrazione, e l’Ue deve prendere coscienza che le migliaia di persone sbarcate nel giro di poche settimane non sbarcano in Italia per rimanere nel nostro paese, ma per poi andare in molti altri paesi d’Europa".



BONIVER: No alle mance dell'Europa ma solidarieta' fra le nazioni




"Se c’e’ una prova provata che l’Unione europea e’ praticamente assente per quello che riguarda l’emergenza immigrazione e’ lo scarno comunicato della Commissione europea di oggi che dice che l’enorme afflusso di migranti tunisini a Lampedusa e’ un problema solo italiano. In mancanza di una normativa europea comune sull’immigrazione diventa sempre piu’ macroscopica l’assenza di una solidarieta’ tra nazioni che possa far condividere l’onere e l’assistenza a queste persone su tutto il territorio dell’Unione.



Anche l’annuncio di uno stanziamento a favore dell’Italia per l’emergenza immigrazione e’ poco piu’ che una mancia per quello che riguarda i costi finanziari ed organizzativi ingenti che l’Italia da sola e’ chiamata ad assicurare". Lo ha affermato Margherita Boniver, deputato del Pdl e Presidente del Comitato Schengen.


BERTOLINI: La Francia ha deciso di infischiarsene dell'Europa: facciamolo anche noi


"La Francia ha deciso di infischiarsene dell’Europa e non si fa grandi problemi a respingere gli immigrati alla frontiera di Ventimiglia. Facciamo cosi’ anche noi".


Lo ha affermato il vicepresidente dei Deputati del Pdl, Isabella Bertolini, la quale ha sottolineato: "Se sono clandestini sul territorio europeo per i cugini d’oltralpe, non vedo perche’ debbano stare in Italia.Ci vogliono rimpatri e respingimenti per sistemare una situazione che non puo’ andare avanti cosi’. Deve passare il concetto che se arrivi in Italia fuori dalle regole sarai rispedito a casa".







NAPOLI: La Ue e' una madre matrigna che discrimina i suoi figli




"E’ un’illusione foriera di sciagure l’idea di coinvolgere l’Europa nella gestione dei flussi migratori. E’ ora anche di smetterla con certi bizantinismi da legulei: a Lampedusa non ci sono profughi e clandestini. Ci sono soltanto clandestini da rimpatriare. Punto e basta".

Lo ha affermato il vicepresidente dei deputati del Pdl Osvaldo Napoli, che ha osservato:



"L’Europa non ha risposto e mai rispondera’ per questa grave emergenza. I clandestini sono stati fabbricati dalle bombe francesi, inglesi e americane sulla Libia. Loro devono eliminare Gheddafi e papparsi i contratti energetici, mentre l’Italia dovrebbe funzionare da discarica della sofferenza umana. Gli appelli umanitari ascoltati in queste ore anche dalle piu’ alte cariche istituzionali non hanno scaldato i cuori dei lampedusani. Pochi altri leader politici prima di Sarkozy erano riusciti a dare all’Europa il volto arcigno di una madre matrigna che discrimina fra i suoi figli. Sarkozy e Cameron puntano sulla Libia ma in realta’ bombardano anche il sogno dell’Europa politica. Non a caso Londra e Parigi sono da sempre i Paesi piu’ ostili all’unita’ politica dell’Europa. Dopo la Libia viene da sorridere quando leggeremo della convocazione del vertice europeo dei Capi di Stato e di governo".



SCHIFANI: L'Europa si muova senza incertezze e ritardi

"Il Paese tutto e unito sta cercando di dare risposte efficaci e solidali" di fronte all’emergenza creatasi a Lampedusa e "cosi’ come le nostre Regioni hanno gia’ dato la loro disponibilita’, anche l’Europa deve muoversi senza incertezze e senza ritardi".


Lo ha affermato il presidente del Senato Renato Schifani, nel suo intervento a palazzo Giustiniani durante il convegno su ’Sviluppo economico e bene comune’


“L’Europa deve essere protagonista, insieme agli Stati nazionali, di un piano organico in grado di guardare lontano e la logica che vorrebbe delegare solo a chi e’ in prima linea, come l’Italia, la gestione della questione dell’immigrazione dall’Africa, non e’ condivisibile e non e’ accettabile. L’Europa non puo’ limitarsi ad assistere all’emergenza, ma deve prevenire i problemi ed affiancare con aiuti economici e politiche concrete gli Stati e le realta’ territoriali piu’ coinvolti. Nessuno puo’ permettersi di girare lo sguardo dall’altra parte. La questione dell’immigrazione, la questione di Lampedusa, appartiene all’intera Europa. Siamo davanti ad un evento storico e l’Europa deve fare sentire la sua voce".

CICCHITTO: Le accuse a La Russa da chi ha fomentato la piazza

CICCHITTO: Le accuse a La Russa da chi ha fomentato la piazza

"Il ministro La Russa ha fatto un errore quando ha accentuato la polemica ma non puo’ essere messo sotto accusa da chi ha fomentato la piazza."

Lo ha affermato il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, intervenendo in Aula dopo Casini e Franceschini:
In questo Parlamento e rispetto agli incidenti avvenuti tra ieri e oggi nessuno puo’ fare il giudice e qualcun altro l’imputato, perche’ il problema non sta nei termini rappresentati finora. Noi siamo interessati alla funzionalita’ del Parlamento e operiamo perche’ esso non venga bloccato da operazione di rinvio dei lavori o altro. Qui e’ sotto accusa il ministro La Russa, ma si dimentica la dinamica degli avvenimenti, che e’ piu’ complessa di quella rappresentata. Perche’ se si va avanti cosi’ nella lotta politica, peraltro dura, si mette in moto meccanismo che rende acceso e duro il clima del nostro paese". Cicchitto ha contestato le parole del capogruppo Pd secondo cui il ministro della Difesa uscendo ieri da Montecitorio ha voluto provocare la piazza: "Non si puo’ dire che una persona, se e’ del centrodestra, deve usare uscite secondarie perche’ la sua presenza e’ una provocazione". "Non ho motivo di negare che La Russa ha fatto un errore quando ha accentuato la polemica, ma non puo’ essere messo sotto accusa da chi ha un legame con le manifestazioni di piazza che mettono in crisi il Parlamento".


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31 Marzo 2011






CROSETTO: Fini ha impedito il voto ai ministri


"Quando il saggio indica la luna lo stolto guarda il dito. Si stanno stigmatizzando due ministri per due comprensibili reazioni di fronte e fatti inaccettabili ed antidemocratici. Prima un’occupazione violenta ed intimidatoria della piazza antistante la Camera fomentata da alcuni parlamentari dell’opposizione per provocare, anche fisicamente, i deputati della maggioranza.


Oggi invece il presidente della Camera in persona ha voluto abdicare anche alla forma bipartisan che il suo ruolo richiederebbe, impedendo ai rappresentanti del governo, a pochi metri da lui, di poter votare. Di fronte a questi atti, di prevaricazione antidemocratica, comprensibile che si possa reagire". Lo ha affermato Guido Crosetto, sottosegretario alla Difesa ed esponente del Pdl. "Certo, diventa ridicolo che una reazione istintiva come quella del ministro Alfano che butta in aria la scheda, venga letta come un atto contro il Parlamento o un singolo deputato. In questo modo l’opposizione sta creando ed alimentando un clima di odio e violenza che rischia di produrre effetti devastanti nel Paese".


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31 Marzo 2011

lunedì 28 marzo 2011

BERLUSCONI: Non siamo in guerra e non ci entreremo

BERLUSCONI: Non siamo in guerra e non ci entreremo

Il colloquio di Silvio Berlusconi con il Corriere della Sera pubblicato il 24 marzo 2011



(l.fo.) Al mattino in Consiglio dei ministri ha potuto finalmente rivendicare la «linea vincente» dell’Italia nella gestione della crisi libica. I primi giorni della missione, segnati dalla spinta francese a chiudere con le armi la partita con il colonnello Gheddafi, sembrano archiviati e l’umore del presidente del Consiglio migliorato. «Abbiamo ottenuto non solo il pieno coordinamento Nato di tutte le operazioni della missione - spiega al telefono - ma anche l’applicazione puntuale della risoluzione dell’Onu. La coalizione è impegnata a difendere la popolazione civile, l’Italia non è entrata in guerra e non vuole entrarci».


Le ore dell’incertezza sul comando delle operazioni e sugli obiettivi della coalizione (proteggere i libici dalla repressione delle milizie del Raìs o promuovere il cambio di regime con la sconfitta e l’eliminazione del Colonnello?) sono, per il Cavaliere, definitivamente superate. Ci sono tre punti chiari sull’azione occidentale in un Paese così strategico per gli interessi italiani: creazione di una «no-fly zone» che impedisca all’aviazione di Tripoli di colpire le città in mano ai ribelli, embargo delle armi alla Libia, difesa della popolazione civile in balìa delle armate del Raìs.


«Era tutto già chiaro da sabato quando la missione è stata decisa - aggiunge il capo del governo -. Ne ho parlato con il premier inglese David Cameron e con il segretario di stato americano Hillary Clinton, ed erano perfettamente d’accordo». Ma d’accordo non era certamente Nicolas Sarkozy che ha esercitato un’egemonia sulla prima fase della missione, con strappi che lasceranno qualche strascico nei rapporti con Roma. Il Cavaliere non vuole polemizzare con il presidente francese, ritiene che ora sia il tempo dell’unità. Certo il ministro Alain Juppé ha appena dichiarato che quello della Nato sarà solo «un coordinamento tecnico» mentre le decisioni politiche sulla missione verranno prese altrove. I distinguo francesi non saranno facili da archiviare e peseranno nella discussione che i capi di stato e di governo europei avranno oggi a Bruxelles. Ma su questo punto Berlusconi è netto: «Quella della Nato è un’assunzione piena di responsabilità. Ripeto, sono tutti d’accordo, c’è solo qualche resistenza da parte francese».







Le cronache di questi giorni sono piene di interrogativi su cosa può accadere in Libia dopo i primi raid aerei. Quanto dureranno le operazioni militari, è possibile una mediazione che spinga il Colonnello a lasciare il Paese? E non c’è il rischio che l’operazione ottenga solo risultati parziali o addirittura si trasformi in una sconfitta per la coalizione anti Gheddafi? «In questo momento nessuno può dire qualcosa di certo sugli esiti e sulla durata della missione - ragiona il premier italiano -. Mi sembra che ancora una mediazione non sia matura. La pensano così anche Vladimir Putin e personalità come l’ambasciatore libico Abdulhafed Gaddur che conosce bene la situazione a Tripoli. Gheddafi è ancora fiducioso di potercela fare perché ha il controllo pieno della capitale». Il premier italiano non ha avuto contatti con il Colonnello, con cui c’è stata per nove anni una lunga amicizia politica e personale. Ne conosce il carattere caparbio, soprattutto di fronte a quella che appare una sfida di vita o di morte. È convinto però che ci sia un passo decisivo che il Raìs deve compiere: l’accettazione del cessate il fuoco, la fine degli attacchi ai ribelli di Bengasi e delle altre città che si sono liberate del dominio di Tripoli. «Siamo tutti tesi a chiedere a Gheddafi un vero cessate il fuoco - dice Berlusconi - la fine delle ostilità da parte del Colonnello è la condizione sine qua non per ogni mediazione. Dopo si potrà aprire la fase della diplomazia».







Il Cavaliere è soddisfatto, dopo le tensioni con la Lega dei giorni scorsi, dell’accordo trovato nella maggioranza sulla risoluzione in nove punti che impegna il governo italiano nella crisi libica. Ci sono condizioni come quelle sul «ritorno più rapido possibile ad uno stato di non conflittualità» e sull’impegno dell’Unione Europea al «pattugliamento del Mediterraneo» contro l’immigrazione clandestina, particolarmente care al partito di Bossi. «È una mozione pienamente in linea con quanto pensa tutta la maggioranza. Domani (oggi per chi legge, ndr) sarò a Bruxelles e insisterò con i colleghi europei perché vengano accettati gli impegni previsti nel documento».

Berlusconi, dunque, non sarà in Parlamento per il voto sulla mozione, come richiesto dalle opposizioni e dallo stesso presidente della Camera Gianfranco Fini. «La situazione è ormai molto chiara, non ci sono novità che dobbiamo affrontare - spiega -. Il ministro degli Esteri Franco Frattini è perfettamente in grado di rappresentare il governo. D’altra parte io sono impegnato nel vertice dei capi di Stato e di governo dell’Unione e non posso mandare un altro al posto mio».







Le battute finali riguardano il rapporto con l’opposizione e la possibilità, ormai svanita, che su un tema così importante ci fosse un voto bipartisan in Parlamento. «Il centrodestra, quando era all’opposizione si è comportato in maniera diversa su temi così cruciali per il Paese - conclude il premier -. Ma ora abbiamo l’opposizione che abbiamo e non mi aspetto nulla di diverso. D’altra parte sono gli stessi che organizzano, dovunque io vada, squadre di contestatori che mi aspettano urlando "mafioso, mafioso". Il mio governo i mafiosi li sta arrestando come mai in passato, ha inasprito le norme per il carcere duro, ha sequestrato miliardi di beni alle cosche. E il mafioso sarei io?».







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28 Marzo 2011

Sulla Libia ha vinto la linea del governo italiano

GASPARRI:
Sulla Libia ha vinto la linea del governo italiano




"Il Governo Berlusconi si e’ presentato in Parlamento per la vicenda Libica prima ancora del vertice di sabato scorso a Parigi con la presenza venerdi’ nelle Commissioni Esteri e Difesa dei Ministri Frattini e La Russa. Si sono poi svolte riunioni del Senato e della Camera mercoledi’ e giovedi’ con votazioni dal chiaro significato politico, in occasione delle quali la maggioranza ha dimostrato di avere una linea chiara e dei numeri ben sufficienti. Ed ora non possiamo che esprimere soddisfazione per la guida affidata alla Nato di tutte le operazioni. Vince cosi’ la linea tenuta fin dal primo momento dall’Italia. Ma in altre parti del mondo le cose non vanno cosi"’.

Lo ha dichiarato in una nota il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. "Alle sinistre italiane che si lamentano nonostante il Governo sia stato puntuale e presente nelle Commissioni ed in Aula - prosegue Gasparri -, suggeriamo di leggere le contestazioni che negli Stati Uniti vengono rivolte all’amministrazione Obama per avere ignorato il congresso al quale non ha chiesto alcuna autorizzazione per le operazioni militari in corso. Negli Stati Uniti sta montando la polemica per la latitanza della Casa Bianca. La sinistra italiana che dice di avere una grande visione delle cose e di non essere provinciale, farebbe bene a fare un giro di orizzonte nel mondo per notare la differenza tra il Governo Berlusconi, puntuale, preciso e rispettoso del Parlamento ed altre. Realta’ a cominciare da quella degli Stati Uniti dove invece le assemblee parlamentari biasimano l’insufficienza di informazioni e di coinvolgimento da parte delle amministrazioni. Ma a sinistra nessuno lo ammettera’ perche’ l’ipocrisia e’ la loro caratteristica principale".


FRATTINI: Abbiamo ottenuto il riconosciuto di un ruolo chiave per l'Italia dentro la Nato

"I nostri atti erano tesi a un unico obiettivo: quello di impedire che la primavera del Mediterraneo fosse soffocata nel sangue. Per un momento abbiamo sperato che Gheddafi andasse in esilio per evitare il massacro dei civili; abbiamo poi condiviso le sanzioni previste dalla risoluzione. Non si tratta di fare la guerra, ma di impedire la guerra. Di portare aiuto a chi subisce un’azione bellica indiscriminata. Per questo è necessario l’uso della forza, sancito dall’Onu"

Lo ha affermato il ministro degli Esteri Franco Frattini, che è intervenuto in Senato sulla crisi libica per spiegare le azioni intraprese e i futuri sviluppi.

"Il regime si è posto fuori dalla cornice della legalità; la comunità internazionale ha adottato stringenti misure come la no-fly zone, che rispondono alle richieste della Lega araba e del Consiglio di transizione. L’Italia darà il suo contributo all’applicazione della risoluzione, nel puntuale rispetto dei limiti. L’azione militare serve a evitare danni gravissimi, ma siamo convinti che la soluzione della crisi passi per il dialogo nazionale, per un processo costituente che coinvolga le componenti politiche, sociali e tribali della Libia. L’unica precondizione è l’abbandono del potere da parte di Gheddafi. Approvata la risoluzione 1973, era necessaria un’azione urgente e temporanea per scongiurare il massacro dei civili; superata questa fase, occorre tornare alle regole. Serve coinvolgere l’Unione europea e trovare formule adeguate per allargare il sostegno alla coalizione. Nella notte, la Francia ha accettato il riconoscimento di un ruolo chiave della Nato e a questa soluzione abbiamo contribuito con un atteggiamento fermo. Abbiamo anche ottenuto che l’embargo sulle armi" sia fatto rispettare con "un pattugliamento navale e l’Italia guiderà le operazioni con un ammiraglio italiano".

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28 Marzo 2011

BERLUSCONI: Il comunismo usa il codice penale per la lotta ideologica

BERLUSCONI: Il comunismo usa il codice penale per la lotta ideologica

"Purtroppo il comunismo in Italia non si e’ mai arreso e non e’ mai cambiato, c’e’ ancora chi usa il codice penale come uno strumento di lotta ideologica e pensa che una parte politicizzata della magistratura possa usare qualsiasi mezzo per annientare l’avversario che e’ vittorioso nelle elezioni e forte nel consenso popolare". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, intervenendo alla ’Telefonata’ su Canale 5. "Bisogna continuare a tenere sotto una spada di Damocle giudiziaria e mediatica il nemico ideologico e politico che e’ Silvio Berlusconi che e’ l’ostacolo che impedisce alla sinistra di raggiungere il potere".


Il nostro premier ha sottolineato che la scelta di presentarsi in Tribunale a Milano "e’ conseguente a quella incredibile sentenza della Corte costituzionale che ha deciso che in Italia, soltanto in Italia, un presidente del Consiglio, che si deve occupare dei problemi del Paese, possa essere sottoposto a processo, distogliendo la sua testa, la sua attenzione e il suo tempo dall’incarico e dalla responsabilita’ pubblica. In tutti gli altri Paesi civili -ha aggiunto il capo dell’esecutivo- succede che i processi si sospendono, il presidente del Consiglio svolge il suo incarico, alla fine del suo incarico i processi ritornano fuori e continuano contro di lui. E’ accaduto recentemente ad esempio per il presidente Chirac in Francia". Berlusconi ha poi annunciato che si rechera alle udienze "a cui potro’ presentarmi, cercando di non sospendere mai i processi".

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28 Marzo 2011

Distinguere tra profughi e clandestini



LA RUSSA: Distinguere tra profughi e clandestini

"Con Maroni e tutto il governo ci stiamo preparando ad accogliere i profughi che scappano dalla Libia chiedendo aiuto all’Europa e anche ai Paesi extra europei". Lo ha affermato il Ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che ha osservato: "L’importante e’ non confondere la questione dei profughi con quella degli immigrati clandestini".

Diverso sara’ il comportamente dell’esecutivo nei confronti degli immigrati clandestini "come quelli di Lampedusa, che vengono da zone in cui non c’e’ la guerra". Perche’ in questo caso "bisogna far rispettare la legge, stipulare accordi cono paesi di origine, accogliere gli immigrati secondo i flussi previsti e respingere invece, nel senso di riaccompagnarli a casa, chi e’ arrivato in italia in violazione della legge".










MANTOVANO: Al lavoro per ripristinare l'accordo con la Tunisia

"Nessuno poteva prevedere un afflusso cosi’ grande di immigrati, e’ stata una sorpresa". Lo ha affermato il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, intervenuto ad un consiglio comunale straordinario a Manduria, nelle cui campagne, sulla strada per Oria (Brindisi), e’ in allestimento una tendopoli. In tutto il 2010, ha riferito Mantovano, sono sbarcati in Italia 27 tunisini; da gennaio ad oggi ne sono arrivati invece 18 mila. "E’ saltato un accordo, che fino al 2010 aveva funzionato, che prevedeva un dispositivo congiunto di sicurezza che impedisse la partenza di clandestini. Il governo cerchera’ di ripristinare il prima possibile l’accordo con la Tunisia.

Stiamo chiedendo affiancamento e sostegno alla UE. Evito commenti sulle risposte avute. Dico solo che sino ad ora c’e’ stata solo la presenza di tre funzionari Frontex a Lampedusa". Il sottosegretario ha aggiunto che la stragrande maggioranza degli immigrati giunti in Italia quest’anno, tranne un paio di imbarcazioni delle ultime ore, e’ giunto dalle coste tunisine.

"Le coste italiane non hanno risentito nulla delle vicende in Libia perche’ c’e’ un conflitto in atto. Una riduzione del conflitto fa prevedere una fuga di decine di migliaia di persone, soprattutto provenienti dai paesi limitrofi, per un totale di 50 mila unita"’. Mantovano ha sottolineato che da alcune settimane e’ stato attivato un tavolo tecnico con i rappresentanti di tutte le Regioni italiane, dell’Anci e dell’Upi per gestire soprattutto l’accoglienza dei profughi dalla Libia. "Dei migranti irregolari si deve occupare il governo nazionale dei possibili richiedenti asilo, cioe’ dei profughi, devono occuparsi anche le Regioni e gli Enti territoriali per ripartire la presenza in rapporto alla popolazione, all’estensione del territorio e alla presenza di centri di accoglienza nelle regioni".







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28 Marzo 2011

Il governo deve rimpatriare i clandestini

CAPIGRUPPO PDL: Il governo deve rimpatriare i clandestini

La nota congiunta di Maurizio Gasparri, Gaetano Quagliariello, Fabrizio Cicchitto e Massimo Corsaro, capigruppo del Pdl di Senato e Camera, sull’emergenza clandestini.

"Abbiamo chiesto un incontro urgente al governo, e in particolare ai ministri Frattini e Maroni, in merito all’emergenza immigrazione, per sostenere e rafforzare la linea e l’operato dell’esecutivo anche in vista dell’imminente Consiglio dei ministri. Per quanto riguarda l’emergenza dei rifugiati richiedenti asilo riteniamo che nel farsene carico l’Italia debba pretendere la collaborazione dell’Europa, e che nell’ambito del nostro Paese debba esservi una equa ripartizione fra tutte le regioni affinche’ non siano solo poche aree a portare sulle proprie spalle l’intero peso della situazione. Per quanto riguarda invece i clandestini proseguono- e’ materialmente inimmaginabile che l’Italia possa accogliere tutti coloro che raggiungono i suoi confini. Riteniamo dunque che essi debbano essere rimpatriati, soprattutto nel momento nel quale in altri Paesi la prassi dei respingimenti e’ ordinaria amministrazione".


BERTOLINI: Avanti tutta con i rimpatri dei clandestini



"Avanti tutta con i rimpatri dei clandestini. E’ l’unica strada per riportare la legalita’ e per lanciare un forte messaggio a chi e’ pronto ad imbarcarsi per approdare sulle nostre coste".


Lo ha dichiarato il vicepresidente dei deputati del Pdl, Isabella Bertolini. "Deve essere chiaro a tutti che l’Italia non puo’ essere invasa a piacimento e che coloro che non hanno alcun requisito per stare in Italia saranno rispediti nel loro Paese. Come e’ stata creata una no fly zone, si deve predisporre un sistema di pattugliamento che non consenta l’arrivo di decine di migliaia di clandestini, che non hanno alcun diritto di sostare sul territorio italiano. Non perdiamo tempo ad ascoltare i progetti fallimentari della sinistra. Prima lo si fa e meglio e’ per tutti".

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BERNINI: Chi giunge illegalmente deve essere espulso

"E’ necessario fare un distinguo tra chi attracca nei nostri porti come perseguitato di regime ed in fuga dalla guerra e chi, per motivi economici, entra in clandestinita’ nel nostro Paese.

Il caso di Lampedusa non rientra nella categoria del diritto di asilo e chi e’ giunto illegalmente dovra’ essere rimpatriato od espulso. Per questo il governo sta lavorando,in Italia e con accordi di partenariato, per gestire l’emergenza con rapidita’ ed efficacia". Lo ha dichiarato Anna Maria Bernini, portavoce nazionale vicario del Pdl.


GASPARRI: I clandestini tornino in Tunisia

"Il bonus agli immigrati e’ un’eventualita’, l’obiettivo numero uno e’ quello di riaccompagnare i clandestini in Tunisia".

Lo ha affermato il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri, che ha osservato:

"L’incontro del nostro governo con le autorita’ tunisine di venerdi’ scorso a questo era finalizzato. Per quanto riguarda il bonus agli immigrati il governo e’ stato chiaro: l’Europa prevede meccanismi di questo tipo ove fossero finanziati dall’Unione europa, cui abbiamo chiesto collaborazione. E’ una eventualita’. Ora, c’e’ un problema di transizione in Tunisia e di oggettiva fragilita’ delle nascenti istituzioni del dopo Ben Ali, perche’ per riaccompagnare i clandestini e bloccare le partenze occorre una collaborazione con le autorita’ locali. Il quadro che c’era prima - criticabile per molti profili perche’ Ben Ali, Mubarak, Gheddafi certamente non hanno gestito secondo principi di democrazia i loro Stati - comunque prevedeva degli accordi bilaterali che hanno retto e che hanno azzerato gli sbarchi a Lampedusa. Ora la storia si e’ rimessa in moto nel bene e nel male. Nel bene perche’ si spera che questi Paesi conquistino liberta’ e democrazia. Ci sono pero’ delle ricadute nella difficolta’ di gestire in questa fase questi flussi. Ma io credo che l’Italia debba al piu’ presto mettere i tunisini su delle navi e piu’ che portarli a Mineo, a Manduria, o a Pinerolo, vanno portati in Tunisia. Sono dei clandestini che scappano da un Paese dove non c’e’ guerra, anzi c’e’ piu’ liberta’ adesso di prima".



CICCHITTO: Gli immigrati clandestini devono essere riportati nel Paese d'origine

"E’ evidente che sull’Italia ed in modo particolare su Lampedusa e sulle isole meridionali si stanno scaricando le conseguenze sociali di una profondissima crisi politica in corso in alcuni Paesi del Mediterraneo.

Fra coloro che arrivano in Italia esiste una ristretta minoranza di rifugiati politici e una larga quota di immigrazione clandestina, ragione per la quale e’ evidente che di questa emergenza deve farsi carico tutta la Comunita’ europea". Lo ha affermato il capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto, che ha osservato:

"E’ a dir poco irresponsabile che l’opposizione non assuma un atteggiamento costruttivo ma anzi lanci continuamente bordate polemiche nei confronti di una situazione che investe il nostro Paese anche per la sua posizione geografica. Comunque al netto di altri strumenti, e’ evidente che la scelta inevitabile non puo’ non essere quella di distinguere nettamente i comportamenti di coloro che si accerta essere rifugiati autentici e quelli che sono invece clandestini,rispetto ai quali si deve procedere riportandoli nel Paese d’origine".


QUAGLIARIELLO: L'Italia non puo' accogliere tutti i clandestini


"Questa mattina ho visitato la sala operativa del Viminale per avere informazioni sul trasferimento del primo gruppo di profughi presso la tendopoli di Manduria, e ho potuto constatare con quale grande efficienza e professionalita’ il ministero dell’Interno e i Vigili del Fuoco stanno gestendo questa difficile situazione".

Lo ha affermato Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato. "La proporzione dell’emergenza e il progressivo estendersi dell’area di crisi nel Mediterraneo rende tuttavia sempre piu’ evidente quanto sia importante adoperarsi per il rimpatrio dei clandestini e confrontarsi con le autorita’ dei Paesi nordafricani per contenere le partenze e gli sbarchi dei migranti: la recente intesa del governo italiano con la Tunisia va in tal senso nella giusta direzione. Vi e’ un limite di capienza oggettiva oltre il quale il nostro Paese non puo’ spingersi: non possiamo accogliere tutti, non sarebbe neanche giusto e l’Europa deve assumerne piena consapevolezza e agire di conseguenza. Analogamente nell’ambito di questo tetto nazionale vi e’ la necessita’ che l’onere venga distribuito fra le varie regioni d’Italia, con un’equa ripartizione fra tutte le aree geografiche del Paese: sappiamo quali disagi abbia patito la popolazione di Lampedusa, e creare in Puglia ulteriori gigantesche Lampedusa a causa del finto umanitarismo dietro il quale il presidente Vendola cela il suo delirio ideologico sarebbe un disastro che la regione non puo’ permettersi di sopportare"


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28 Marzo 2011












28 Marzo 2011

mercoledì 16 marzo 2011

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER I 150 ANNI DELL'UNITA' D'ITALIA

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Questo il testo integrale del messaggio del Santo Padre Benedetto XVI, in occasione dei 150 anni dell’Unità politica d’Italia, consegnato al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dal Segretario di Stato, Cardinale Tarcisio Bertone, nel corso di una visita al Quirinale.



Illustrissimo Signore

GIORGIO NAPOLITANO

Presidente della Repubblica Italiana

Il 150° anniversario dell’unificazione politica dell’Italia mi offre la felice occasione per riflettere sulla storia di questo amato Paese, la cui Capitale è Roma, città in cui la divina Provvidenza ha posto la Sede del Successore dell’Apostolo Pietro. Pertanto, nel formulare a Lei e all’intera Nazione i miei più fervidi voti augurali, sono lieto di parteciparLe, in segno dei profondi vincoli di amicizia e di collaborazione che legano l’Italia e la Santa Sede, queste mie considerazioni.


Il processo di unificazione avvenuto in Italia nel corso del XIX secolo e passato alla storia con il nome di Risorgimento, costituì il naturale sbocco di uno sviluppo identitario nazionale iniziato molto tempo prima. In effetti, la nazione italiana, come comunità di persone unite dalla lingua, dalla cultura, dai sentimenti di una medesima appartenenza, seppure nella pluralità di comunità politiche articolate sulla penisola, comincia a formarsi nell’età medievale. Il Cristianesimo ha contribuito in maniera fondamentale alla costruzione dell’identità italiana attraverso l’opera della Chiesa, delle sue istituzioni educative ed assistenziali, fissando modelli di comportamento, configurazioni istituzionali, rapporti sociali; ma anche mediante una ricchissima attività artistica: la letteratura, la pittura, la scultura, l’architettura, la musica. Dante, Giotto, Petrarca, Michelangelo, Raffaello, Pierluigi da Palestrina, Caravaggio, Scarlatti, Bernini e Borromini sono solo alcuni nomi di una filiera di grandi artisti che, nei secoli, hanno dato un apporto fondamentale alla formazione dell’identità italiana. Anche le esperienze di santità, che numerose hanno costellato la storia dell’Italia, contribuirono fortemente a costruire tale identità, non solo sotto lo specifico profilo di una peculiare realizzazione del messaggio evangelico, che ha marcato nel tempo l’esperienza religiosa e la spiritualità degli italiani (si pensi alle grandi e molteplici espressioni della pietà popolare), ma pure sotto il profilo culturale e persino politico. San Francesco di Assisi, ad esempio, si segnala anche per il contributo a forgiare la lingua nazionale; santa Caterina da Siena offre, seppure semplice popolana, uno stimolo formidabile alla elaborazione di un pensiero politico e giuridico italiano. L’apporto della Chiesa e dei credenti al processo di formazione e di consolidamento dell’identità nazionale continua nell’età moderna e contemporanea. Anche quando parti della penisola furono assoggettate alla sovranità di potenze straniere, fu proprio grazie a tale identità ormai netta e forte che, nonostante il perdurare nel tempo della frammentazione geopolitica, la nazione italiana poté continuare a sussistere e ad essere consapevole di sé. Perciò, l’unità d’Italia, realizzatasi nella seconda metà dell’Ottocento, ha potuto aver luogo non come artificiosa costruzione politica di identità diverse, ma come naturale sbocco politico di una identità nazionale forte e radicata, sussistente da tempo. La comunità politica unitaria nascente a conclusione del ciclo risorgimentale ha avuto, in definitiva, come collante che teneva unite le pur sussistenti diversità locali, proprio la preesistente identità nazionale, al cui modellamento il Cristianesimo e la Chiesa hanno dato un contributo fondamentale.

Per ragioni storiche, culturali e politiche complesse, il Risorgimento è passato come un moto contrario alla Chiesa, al Cattolicesimo, talora anche alla religione in generale. Senza negare il ruolo di tradizioni di pensiero diverse, alcune marcate da venature giurisdizionaliste o laiciste, non si può sottacere l’apporto di pensiero - e talora di azione - dei cattolici alla formazione dello Stato unitario. Dal punto di vista del pensiero politico basterebbe ricordare tutta la vicenda del neoguelfismo che conobbe in Vincenzo Gioberti un illustre rappresentante; ovvero pensare agli orientamenti cattolico-liberali di Cesare Balbo, Massimo d’Azeglio, Raffaele Lambruschini. Per il pensiero filosofico, politico ed anche giuridico risalta la grande figura di Antonio Rosmini, la cui influenza si è dispiegata nel tempo, fino ad informare punti significativi della vigente Costituzione italiana. E per quella letteratura che tanto ha contribuito a "fare gli italiani", cioè a dare loro il senso dell’appartenenza alla nuova comunità politica che il processo risorgimentale veniva plasmando, come non ricordare Alessandro Manzoni, fedele interprete della fede e della morale cattolica; o Silvio Pellico, che con la sua opera autobiografica sulle dolorose vicissitudini di un patriota seppe testimoniare la conciliabilità dell’amor di Patria con una fede adamantina. E di nuovo figure di santi, come san Giovanni Bosco, spinto dalla preoccupazione pedagogica a comporre manuali di storia Patria, che modellò l’appartenenza all’istituto da lui fondato su un paradigma coerente con una sana concezione liberale: "cittadini di fronte allo Stato e religiosi di fronte alla Chiesa".

La costruzione politico-istituzionale dello Stato unitario coinvolse diverse personalità del mondo politico, diplomatico e militare, tra cui anche esponenti del mondo cattolico. Questo processo, in quanto dovette inevitabilmente misurarsi col problema della sovranità temporale dei Papi (ma anche perché portava ad estendere ai territori via via acquisiti una legislazione in materia ecclesiastica di orientamento fortemente laicista), ebbe effetti dilaceranti nella coscienza individuale e collettiva dei cattolici italiani, divisi tra gli opposti sentimenti di fedeltà nascenti dalla cittadinanza da un lato e dall’appartenenza ecclesiale dall’altro. Ma si deve riconoscere che, se fu il processo di unificazione politico-istituzionale a produrre quel conflitto tra Stato e Chiesa che è passato alla storia col nome di "Questione Romana", suscitando di conseguenza l’aspettativa di una formale "Conciliazione", nessun conflitto si verificò nel corpo sociale, segnato da una profonda amicizia tra comunità civile e comunità ecclesiale. L’identità nazionale degli italiani, così fortemente radicata nelle tradizioni cattoliche, costituì in verità la base più solida della conquistata unità politica. In definitiva, la Conciliazione doveva avvenire fra le Istituzioni, non nel corpo sociale, dove fede e cittadinanza non erano in conflitto. Anche negli anni della dilacerazione i cattolici hanno lavorato all’unità del Paese. L’astensione dalla vita politica, seguente il "non expedit", rivolse le realtà del mondo cattolico verso una grande assunzione di responsabilità nel sociale: educazione, istruzione, assistenza, sanità, cooperazione, economia sociale, furono ambiti di impegno che fecero crescere una società solidale e fortemente coesa. La vertenza apertasi tra Stato e Chiesa con la proclamazione di Roma capitale d’Italia e con la fine dello Stato Pontificio, era particolarmente complessa. Si trattava indubbiamente di un caso tutto italiano, nella misura in cui solo l’Italia ha la singolarità di ospitare la sede del Papato. D’altra parte, la questione aveva una indubbia rilevanza anche internazionale. Si deve notare che, finito il potere temporale, la Santa Sede, pur reclamando la più piena libertà e la sovranità che le spetta nell’ordine suo, ha sempre rifiutato la possibilità di una soluzione della "Questione Romana" attraverso imposizioni dall’esterno, confidando nei sentimenti del popolo italiano e nel senso di responsabilità e giustizia dello Stato italiano. La firma dei Patti lateranensi, l’11 febbraio 1929, segnò la definitiva soluzione del problema. A proposito della fine degli Stati pontifici, nel ricordo del beato Papa Pio IX e dei Successori, riprendo le parole del Cardinale Giovanni Battista Montini, nel suo discorso tenuto in Campidoglio il 10 ottobre 1962: "Il papato riprese con inusitato vigore le sue funzioni di maestro di vita e di testimonio del Vangelo, così da salire a tanta altezza nel governo spirituale della Chiesa e nell’irradiazione sul mondo, come prima non mai".

L’apporto fondamentale dei cattolici italiani alla elaborazione della Costituzione repubblicana del 1947 è ben noto. Se il testo costituzionale fu il positivo frutto di un incontro e di una collaborazione tra diverse tradizioni di pensiero, non c’è alcun dubbio che solo i costituenti cattolici si presentarono allo storico appuntamento con un preciso progetto sulla legge fondamentale del nuovo Stato italiano; un progetto maturato all’interno dell’Azione Cattolica, in particolare della FUCI e del Movimento Laureati, e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ed oggetto di riflessione e di elaborazione nel Codice di Camaldoli del 1945 e nella XIX Settimana Sociale dei Cattolici Italiani dello stesso anno, dedicata al tema "Costituzione e Costituente". Da lì prese l'avvio un impegno molto significativo dei cattolici italiani nella politica, nell’attività sindacale, nelle istituzioni pubbliche, nelle realtà economiche, nelle espressioni della società civile, offrendo così un contributo assai rilevante alla crescita del Paese, con dimostrazione di assoluta fedeltà allo Stato e di dedizione al bene comune e collocando l’Italia in proiezione europea. Negli anni dolorosi ed oscuri del terrorismo, poi, i cattolici hanno dato la loro testimonianza di sangue: come non ricordare, tra le varie figure, quelle dell’On. Aldo Moro e del Prof. Vittorio Bachelet? Dal canto suo la Chiesa, grazie anche alla larga libertà assicuratale dal Concordato lateranense del 1929, ha continuato, con le proprie istituzioni ed attività, a fornire un fattivo contributo al bene comune, intervenendo in particolare a sostegno delle persone più emarginate e sofferenti, e soprattutto proseguendo ad alimentare il corpo sociale di quei valori morali che sono essenziali per la vita di una società democratica, giusta, ordinata. Il bene del Paese, integralmente inteso, è stato sempre perseguito e particolarmente espresso in momenti di alto significato, come nella "grande preghiera per l’Italia" indetta dal Venerabile Giovanni Paolo II il 10 gennaio 1994.


La conclusione dell’Accordo di revisione del Concordato lateranense, firmato il 18 febbraio 1984, ha segnato il passaggio ad una nuova fase dei rapporti tra Chiesa e Stato in Italia. Tale passaggio fu chiaramente avvertito dal mio Predecessore, il quale, nel discorso pronunciato il 3 giugno 1985, all’atto dello scambio degli strumenti di ratifica dell’Accordo, notava che, come "strumento di concordia e collaborazione, il Concordato si situa ora in una società caratterizzata dalla libera competizione delle idee e dalla pluralistica articolazione delle diverse componenti sociali: esso può e deve costituire un fattore di promozione e di crescita, favorendo la profonda unità di ideali e di sentimenti, per la quale tutti gli italiani si sentono fratelli in una stessa Patria". Ed aggiungeva che nell’esercizio della sua diaconia per l’uomo "la Chiesa intende operare nel pieno rispetto dell’autonomia dell’ordine politico e della sovranità dello Stato. Parimenti, essa è attenta alla salvaguardia della libertà di tutti, condizione indispensabile alla costruzione di un mondo degno dell’uomo, che solo nella libertà può ricercare con pienezza la verità e aderirvi sinceramente, trovandovi motivo ed ispirazione per l’impegno solidale ed unitario al bene comune". L’Accordo, che ha contribuito largamente alla delineazione di quella sana laicità che denota lo Stato italiano ed il suo ordinamento giuridico, ha evidenziato i due principi supremi che sono chiamati a presiedere alle relazioni fra Chiesa e comunità politica: quello della distinzione di ambiti e quello della collaborazione. Una collaborazione motivata dal fatto che, come ha insegnato il Concilio Vaticano Il, entrambe, cioè la Chiesa e la comunità politica, "anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane" (Cost. Gaudium et spes, 76). L’esperienza maturata negli anni di vigenza delle nuove disposizioni pattizie ha visto, ancora una volta, la Chiesa ed i cattolici impegnati in vario modo a favore di quella "promozione dell’uomo e del bene del Paese" che, nel rispetto della reciproca indipendenza e sovranità, costituisce principio ispiratore ed orientante del Concordato in vigore (art. 1). La Chiesa è consapevole non solo del contributo che essa offre alla società civile per il bene comune, ma anche di ciò che riceve dalla società civile, come afferma il Concilio Vaticano II: "chiunque promuove la comunità umana nel campo della famiglia, della cultura, della vita economica e sociale, come pure della politica, sia nazionale che internazionale, porta anche un non piccolo aiuto, secondo la volontà di Dio, alla comunità ecclesiale, nelle cose in cui essa dipende da fattori esterni" (Cost. Gaudium et spes, 44).

Nel guardare al lungo divenire della storia, bisogna riconoscere che la nazione italiana ha sempre avvertito l’onere ma al tempo stesso il singolare privilegio dato dalla situazione peculiare per la quale è in Italia, a Roma, la sede del successore di Pietro e quindi il centro della cattolicità. E la comunità nazionale ha sempre risposto a questa consapevolezza esprimendo vicinanza affettiva, solidarietà, aiuto alla Sede Apostolica per la sua libertà e per assecondare la realizzazione delle condizioni favorevoli all’esercizio del ministero spirituale nel mondo da parte del successore di Pietro, che è Vescovo di Roma e Primate d’Italia. Passate le turbolenze causate dalla "questione romana", giunti all’auspicata Conciliazione, anche lo Stato Italiano ha offerto e continua ad offrire una collaborazione preziosa, di cui la Santa Sede fruisce e di cui è consapevolmente grata.

Nel presentare a Lei, Signor Presidente, queste riflessioni, invoco di cuore sul popolo italiano l’abbondanza dei doni celesti, affinché sia sempre guidato dalla luce della fede, sorgente di speranza e di perseverante impegno per la libertà, la giustizia e la pace.


Dal Vaticano, 17 marzo 2011



BENEDICTUS PP. XVI

Nella Costituzione l'identità storica e culturale della Nazione

Napolitano:"Nella Costituzione l'identità storica e culturale della Nazione convive con il riconoscimento e lo sviluppo in senso federalistico delle autonomie"


"L'alto dibattito in seno all'Assemblea Costituente ha portato ad identificare ideali e valori da porre a base dell'ordinamento repubblicano. Nella Costituzione l'identità storica e culturale della Nazione convive con il riconoscimento e lo sviluppo in senso federalistico delle autonomie che la fanno più ricca e più viva, riaffermando l'unità e indivisibilità della Repubblica". E' quanto ha scritto in un messaggio il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, raccogliendo l'invito giuntogli dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e Province autonome, in occasione delle Assemblee straordinarie che prendono avvio per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia.

"Sono lieto - ha sottolineato il Presidente Napolitano - di rivolgere a voi il mio più cordiale saluto in occasione delle iniziative organizzate per celebrare il 150° anniversario dell'Unità d'Italia, momento ideale per richiamare alla memoria dei cittadini, delle forze politiche e dei responsabili delle istituzioni regionali e locali gli eventi fondamentali che hanno condotto alla nascita del nostro Stato unitario, e per rafforzare la consapevolezza delle responsabilità nazionali che ci accomunano".



"La nascita dello Stato unitario - ha aggiunto il Presidente - ha consentito al nostro paese di compiere un decisivo avanzamento storico, di consolidare l'amore di Patria, di porre fine a una fatale frammentazione, di riconoscerci in un ordinamento liberale e democratico forte dell'esperienza della lotta antifascista".



"Mettendo a frutto le risorse e le potenzialità dei territori che rappresentate e portando avanti la riflessione sul contributo delle comunità regionali e locali al moto unitario - ha rilevato il Capo dello Stato - contribuirete ad ancorarle in modo profondo e irreversibile al patto che ci lega, ai valori e alle regole della Costituzione repubblicana".



"Certo che le celebrazioni corrisponderanno validamente a questi fini, - ha concluso il Presidente - vi ringrazio fin d'ora per la vostra partecipazione ai comuni festeggiamenti e per l'importante contributo delle assemblee da voi presiedute".

La Maratona Tricolore per il 150° dell'Unità d'Italia

Parte dalla Piazza del Quirinale la Maratona Tricolore per il 150° dell'Unità d'Italia



Partirà dalla piazza del Quirinale la Maratona Tricolore che, nella notte tra il 16 e il 17 marzo, idealmente attraverserà tutta l'Italia in attesa della festa dedicata ai 150 anni dell'Unità nazionale. Nella mattinata, il Capo dello Stato ha visitato, al Complesso del Vittoriano, la Mostra "Alle radici dell'identità nazionale", promossa da Roma Capitale e curata da Marcello Veneziani. Poi, in serata, la "Notte Tricolore" promossa dal Comitato dei Garanti per le Celebrazioni del 150° Anniversario, prenderà avvio dalla piazza del Quirinale con uno spettacolo trasmesso in diretta da Rai Uno, condotto da Fabrizio Frizzi con la partecipazione di Gianni Morandi, Roberto Vecchioni, Giancarlo Giannini, la JuniOrchestra Jung e il Coro di Voci Bianche dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Sono previsti collegamenti anche con le "notti tricolore" di Torino, Firenze, Napoli, oltre che con la Stazione Termini di piazza dei Cinquecento di Roma dove sarà issata una bandiera monumentale.

Fitto di impegni il programma del Presidente Napolitano per la festa nazionale del 17 marzo: oltre ai momenti istituzionali, le celebrazioni interesseranno i luoghi simbolo del Risorgimento della capitale. Il primo impegno sarà all'Altare della Patria per assistere alla cerimonia dell'Alzabandiera e rendere omaggio al monumento del Milite Ignoto; poi al Pantheon per deporre una corona d'alloro sulla tomba di Vittorio Emanuele II di Savoia, primo Re d'Italia. Quindi il Capo dello Stato si recherà al Gianicolo dove scoprirà la restaurata statua equestre di Anita Garibaldi, inaugurerà il nuovo "Parco degli Eroi" con l'omaggio, sul Muro del Belvedere - Villa Lante, al monumento che riporta il testo integrale degli articoli della Costituzione della Repubblica Romana, mentre i ragazzi delle scuole del quartiere scopriranno le 83 erme restaurate dei garibaldini. Successivamente deporrà una corona al restaurato monumento nazionale a Giuseppe Garibaldi. E infine visiterà il complesso monumentale di Porta San Pancrazio e il Museo della Repubblica Romana e della Memoria Garibaldina che entrerà a far parte del Sistema Musei Civici di Roma Capitale.

Gli impegni della mattinata si concluderanno con la partecipazione del Capo dello Stato alla Santa Messa officiata dal Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cardinale Angelo Bagnasco, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli.

Nel pomeriggio, nell'Aula di Montecitorio, il Capo dello Stato, di fronte alle Camere riunite, terrà il discorso celebrativo della Fondazione dello Stato unitario. In serata, al teatro dell'Opera, assisterà al Nabucco di Giuseppe Verdi diretto dal maestro Riccardo Muti.

Nella mattinata, il Capo dello Stato ha visitato, al Complesso del Vittoriano, la Mostra "Alle radici dell'identità nazionale", promossa da Roma Capitale e curata da Marcello Veneziani. Poi, in serata, la "Notte Tricolore" promossa dal Comitato dei Garanti per le Celebrazioni del 150° Anniversario, prenderà avvio dalla piazza del Quirinale con uno spettacolo trasmesso in diretta da Rai Uno, condotto da Fabrizio Frizzi con la partecipazione di Gianni Morandi, Roberto Vecchioni, Giancarlo Giannini, la JuniOrchestra Jung e il Coro di Voci Bianche dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Sono previsti collegamenti anche con le "notti tricolore" di Torino, Firenze, Napoli, oltre che con la Stazione Termini di piazza dei Cinquecento di Roma dove sarà issata una bandiera monumentale.




Nel pomeriggio, nell'Aula di Montecitorio, il Capo dello Stato, di fronte alle Camere riunite, terrà il discorso celebrativo della Fondazione dello Stato unitario. In serata, al teatro dell'Opera, assisterà al Nabucco di Giuseppe Verdi diretto dal maestro Riccardo Muti.



Il 17 marzo sarà possibile visitare gratuitamente, dalle ore 8.30 alle ore 12.00 con ingresso da Porta Principale, le sale di rappresentanza del palazzo del Quirinale. Alle ore 15.00 avrà luogo il cambio della Guardia in forma solenne, con lo schieramento e lo sfilamento del Reggimento Corazzieri e della fanfara del IV Reggimento Carabinieri a cavallo sulla Piazza del Quirinale.

Anche il concerto del 20 marzo nella Cappella Paolina del Palazzo del Quirinale alle ore 12.00 sarà dedicato al 150° anniversario dell'Unità d'Italia.



A Torino il 18 e il 19 marzo

Il 18 marzo il Capo dello Stato sarà a Torino, prima capitale dell'Italia unita, dove interverrà alla cerimonia ufficiale al Teatro Regio organizzata dal Comitato Italia 150. Successivamente sarà a Palazzo Madama, dove è stata ricreata la struttura dell'Aula del primo Senato italiano, e a Palazzo Carignano per l'inaugurazione del nuovo Museo Nazionale del Risorgimento.



Nel pomeriggio, dopo aver inaugurato "In limine", opera di G. Penone allestita davanti alla GAM (Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea), il Presidente visiterà le Officine Grandi Riparazioni (OGR), complesso ottocentesco nato per la manutenzione di locomotive dove sono ospitate mostre dedicate al passato e al futuro dell'Italia: "Fare gli italiani", mostra multimediale che racconta come, tra differenze e contraddizioni, si è costruita l'identità nazionale; "Stazione Futuro", sul contributo della tecnologia al cambiamento del nostro Paese, grazie alla creatività di scienziati e ricercatori; e "Il futuro nelle mani. Artieri domani", che celebra la tradizione e il futuro dell'artigianato made in Italy.



La sera del 18 marzo il Presidente Napolitano tornerà al Regio per la rappresentazione de "I Vespri Siciliani" con la direzione di Gianandrea Noseda.



Il 19 il Capo dello Stato visiterà il rinnovato Museo Nazionale dell'Automobile. Successivamente si recherà al complesso della Venaria Reale, la Reggia sabauda che ospita la mostra "La bella Italia. Arte e identità delle città capitali" dedicata alle identità delle capitali culturali preunitarie con 360 opere che raccontano le tante Italie che nel 1861 si incontrarono nel nuovo Stato. La sera, il Presidente Napolitano sarà al Teatro Gobetti per la rappresentazione delle Operette Morali di Giacomo Leopardi per la regia di Mario Martone.



A Milano e Varese il 20 e il 21 marzo

Il 20 marzo, il Capo dello Stato si trasferirà a Milano con il "Treno Tricolore". Il primo appuntamento è a Palazzo Marino per partecipare all'incontro di studi su Carlo Cattaneo; quindi l'inaugurazione a Palazzo Reale della mostra "Le grandi battaglie risorgimentali". Nel pomeriggio è prevista una visita alle due sale del Museo del Risorgimento allestite per commemorare le Cinque Giornate di Milano. Successivamente il Capo dello Stato assisterà ad un concerto organizzato dalla Fondazione "LaVerdi".



Il 21 il Presidente Napolitano sarà a Palazzo Lombardia per visitare la nuova sede della Regione. Partirà poi per Varese, dove a Palazzo Estense incontrerà i rappresentanti delle amministrazioni locali. Nel pomeriggio sono in programma le visite all'Università dell'Insubria e alla Camera di Commercio.

150° anniversario Unità d'Italia: messaggio del Presidente del Consiglio

150° anniversario Unità d'Italia: messaggio del Presidente del Consiglio


16 Marzo 2011


"Senza la memoria del nostro passato, della nostra storia, della nostra cultura, senza la memoria delle vicende storiche che hanno portato all'unità d'Italia, saremmo tutti più deboli, poveri e soli di fronte al futuro.


Quest'anno celebriamo i 150 anni della conquista dell'unità nazionale. Ma l'unità d'Italia non ha 150 anni, è una storia millenaria, frutto di una civiltà e di una tradizione senza paragoni, che in gran parte affonda le proprie radici nella storia della civiltà cristiana.


Siamo nazione, popolo, comunità culturale e spirituale italiana prima ancora della conquista dell'unità dello Stato italiano.


La nostra storia è unica perché da un lato, dall'antica Roma, dal cristianesimo, fino al Rinascimento e all'umanesimo, la nostra storia è una storia dai significati e dagli influssi universali, e dall'altro lato, la caratteristica del nostro Paese è di avere storie diverse, tradizioni diversificate e multiformi.

Sono appunto queste storie diverse, questa pluralità e questa ricchezza incredibile di storie, che hanno prodotto il patrimonio culturale e artistico per cui siamo ammirati nel mondo, e che hanno reso grande l'Italia. Perciò nel programma delle celebrazioni abbiamo previsto delle iniziative che consentiranno di dare valore anche alle differenze e far sì che ogni frammento dell'universo italiano trovi il modo di valorizzare se stesso.


Tutto questo però nel più rigoroso rispetto dell'unità dello Stato nazionale, nella consapevolezza che questa unità è il frutto più alto di queste diversità.


Il valore della memoria con la celebrazione del 150° anniversario della nostra unità nazionale è oggi una condizione essenziale per consolidare la nostra democrazia, per rafforzare la coesione nazionale e per affrontare le sfide che riguardano il nostro domani.

Abbiamo le qualità e le risorse che ci fanno guardare con fiducia al futuro. Siamo legati da indissolubili vincoli di storia, di tradizioni e di lingua. Siamo accomunati dai valori della democrazia e della libertà. Siamo fieri di essere stati la culla della civiltà occidentale e della sua cultura. Per tutto questo siamo orgogliosi di essere italiani ed abbiamo deciso di proclamare Festa nazionale il 17 marzo del 2011, in concomitanza con il 150° anniversario dell'unità d'Italia".

venerdì 11 marzo 2011

ALFANO: Con la riforma della giustizia divisione tra giudici e piemme e parità tra accusa e difesa

ALFANO: Con la riforma della giustizia divisione tra giudici e piemme e parità tra accusa e difesa





"Il cardine della riforma della giustizia è la divisione tra giudici e Pm."



Lo ha affermato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, presentando il disegno di legge costituzionale in conferenza stampa a Palazzo Chigi. Il progetto, ha ribadito il nostro Guardasigilli, “pone al centro la parità tra accusa e difesa. E’ un impegno che abbiamo assunto con i cittadini. Ed è quello che stiamo sostenendo dal 1994”. Il nuovo testo “contiene una visione che pone al centro i cittadini”. Il giudice diventa colui che è davvero sopra le parti, perché non è più pari al Pm. Giudice e Pm “svolgono mestieri differenti. Il primo deve valutare cosa gli vengono a dire accusa e difesa”.





Nell’articolo di chiusura del disegno di legge costituzionale della giustizia si prevede che le modifiche alla Carta “non si applicano ai procedimenti penali in corso proprio per mantenere la purezza di questo impianto e di questo disegno che ha una sua nobiltà storica”.





“Questo nuovo sistema prevede il giudice in alto, con il pm e il cittadino allo stesso livello. Finora i piatti della bilancia erano sbilanciati a favore dei magistrati: da una parte c’erano giudici e Pm, dall’altra il cittadino solo. Ora invece i piatti sono stati messi su un unico piano. In una condizione di parità”. E’ questa l’immagine che il Guardasigilli sceglie per evidenziare il principio cardine della riforma appena approvata. Alfano parla poi di un altro punto fondamentale: la responsabilità civile dei magistrati, al pari di tutti gli altri dipendenti dello Stato.

“Il principio di responsabilità esprime un principio di uguaglianza. Se sbaglia il medico è responsabile e il cittadino può citarlo. Così potrà avvenire anche per il magistrato. Si attua il principio della legge uguale per tutti”. Terzo caposaldo della riforma è l’inappellabilità delle sentenze di primo grado di proscioglimento. “Se un cittadino viene assolto in primo grado è vietato l’appello verso la sentenza di proscioglimento. Anche questo è un principio di grandissima importanza. Il combinato disposto delle due norme, quello della responsabilità dei magistrati e quello dell’inappellabilità è un principio modernizzatore”.







Con la creazione di un’Alta Corte di disciplina “composta per metà da magistrati e per metà da eletti da Parlamento tra coloro che abbiano competenze giuridiche consolidate”, la responsabilità disciplinare di giudici e pm è stata “estrapolata dal Consiglio superiore della magistratura”. In questo modo si creeranno tre organismi, i due Csm e l’Alta Corte, “del tutto indipendenti dal potere politico e dalle correnti della magistratura”.

“Il Pm continuerà a disporre come prevede la norma del 1948 della polizia giudiziaria. Per disporne meglio e per evitare che il pubblico ministero si trasformi in un poliziotto, serve però una nuova disciplina per regolarizzare il rapporto tra Pm e polizia giudiziaria attraverso una legge apposita che presenteremo a breve”.





Il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale “resta saldo ma applicato secondo i criteri previsti dalla legge. Un principio sacrosanto è stato trasformato nel un suo contrario, cioè nell’assoluta discrezionalità di perseguire i reati”, quindi oggi “è il pm che sceglie”. Il governo intende “togliere il manto di ipocrisia”: resterà l’obbligo dell’azione penale ma “la legge ordinaria dirà i criteri”. Il magistrato “partirà prima dalle priorità e poi tempo permettendo perseguirà il resto”.

Se contro la riforma della giustizia l’Associazione nazionale magistrati proclamerà degli scioperi “vedremo come li motiveranno. Crediamo che non ci siano motivi” perché si tratta di una “riforma molto equilibrata. E’ chiaro che si tocca qualche privilegio”, ma “noi non abbiamo presentato un quinto Vangelo ma una proposta consolidata in 17 anni. Rispetto alla quale in Parlamento saranno ascoltati costituzionalisti ed esperti di diritto”. Alfano prosegue rivolgendo una ’preghiera’ “all’Anm e a coloro i quali intendono fare opposizione a questa riforma, di tenere in debito conto che si tratta di proposte espresse da un governo votato da milioni di cittadini”.





La riforma sarà attuata da una decina di leggi ordinarie e accompagnata da “un piano di azione del governo italiano per abbattere i tempi del processo civile, per abbattere l’enorme mole dei processi. Si tratta di due piani che cammineranno insieme, assolutamente distinti ma paralleli. Vogliamo accelerare i tempi del processo, smaltire l’arretrato e fare sì che sia rapido, efficace e giusto”.

A una giornalista che chiede quanto questa riforma varata oggi potrà incidere sulla lentezza dei processi, Alfano ha risposto: “Ci sono riforme in campo che hanno già diminuito di 400mila le pendenze di questo Paese”, grazie soprattutto alle notifiche elettroniche. Dunque, c’è un piano di azione per accelerare il processo che “non si fa per via costituzionale ma per via ordinaria”, mentre per far sì che “il processo sia giusto, interveniamo sulla Costituzione: giustezza e rapidità camminano assieme”.





Anche i 10-11 disegni di legge ordinari di accompagnamento alla riforma costituzionale “non saranno chiusi al contributo delle opposizioni. Se il Parlamento dovesse modificare l’impianto della riforma costituzionale, parallelamente cambieremo le leggi” ordinarie. “Nel merito non abbiamo già depositato” i disegni di legge su cui “stiamo lavorando” e su cui “siamo a buon punto”. però “sarebbe sbagliato aspettare il via libera nel 2011” alla riforma costituzionale, per cui “ci portiamo avanti con il lavoro” e “avvieremo nel paese un grande dibattito pubblico”.

“Loro avevano chiesto di poter leggere i testi ed ora glieli daremo affinché avviino una loro riflessione”. Il ministro della Giustizia risponde così ai cronisti che gli chiedono se la maggioranza non sia disposta a rinunciare a leggi come le intercettazioni o il processo breve, così come richiesto dal Terzo Polo. Non entrando nel merito Alfano spiega comunque che “la maggioranza farà tutte le leggi sulla riforma che erano contenute nel programma elettorale. Senza rinunciare a nulla”.





Questa riforma “è tutto tranne che una ritorsione” nei confronti dei magistrati o “contro qualcuno” e “non ha nulla a che vedere con le vicende in corso o con la contingenza”. Comunque, conclude il Guardasigilli, “la giustizia sarà oggetto della prossima campagna elettorale”.

BUONGOVERNO: Ecco la nuova giustizia

Separazione delle carriere requirenti e giudicanti, per realizzare una effettiva “parità tra accusa e difesa” sopra alle quali si erge il giudice. Questo il cardine della riforma costituzionale della giustizia, messa a punto dal Guardasigilli Angelino Alfano e approvata oggi in Consiglio dei ministri. Carriere separate, e, di conseguenza, due Csm, presieduti entrambi dal Capo dello Stato. Questa la riforma, che però non riguarderà i processi in corso alla data della sua entrata in vigore, nel dettaglio.



Separazione delle carriere - I magistrati si “distinguono in giudici e pubblici ministeri” e la legge “assicura la separazione delle carriere”, recita l’articolo 5 della riforma, e l’ufficio del pm “è organizzato secondo le norme dell’ordinamento giudiziario che ne assicurano l’autonomia e l’indipendenza”.





Doppio csm - Il Consiglio Superiore della Magistratura giudicante “è presieduto dal Presidente della Repubblica”, come prevede l’articolo 6 della riforma, che introduce l’articolo 104 bis della Costituzione. Ne fa parte di diritto il primo presidente della Corte di Cassazione e gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i giudici ordinari tra gli appartenenti alla medesima categoria previo sorteggio degli eleggibili e per metà dal Parlamento in seduta comune fra professori ordinari di università in materia giuridiche e avvocati dopo 15 anni di esercizio. Il Consiglio elegge un vicepresidente fra i componenti designati dal Parlamento. I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili. Per quanto riguarda la magistratura requirente l’art.104 ter prevede che anche questo Consiglio sia presieduto dal Presidente della Repubblica. Ne fa parte di diritto il procuratore generale della Corte di Cassazione.







Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i pubblici ministeri fra gli appartenenti alla medesima categoria previo sorteggio degli eleggibili e per metà dal parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo 15 anni di esercizio. Come per quanto avviene per la magistratura giudicante i membri elettivi durano in carica quattro anni, non sono rieleggibili né possono essere iscritti mentre sono in carica, in albi professionali o far parte del Parlamento o di un consiglio regionale provinciale o comunale. Quanto ai compiti dei due Csm, si stabilisce, con la sostituzione dell’art.105, che “spettano al Consiglio superiore della magistratura giudicante e al Consiglio superiore della magistratura requirente, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni nei riguardi dei giudici ordinari e dei pubblici ministeri. I Consigli Superiori non possono adattare atti “di indirizzo politico né esercitare funzioni diverse da quelle previste nella Costituzione”.





Azione penale - Resta il principio dell’obbligatorietà ma si introducono criteri di legge: “L’ufficio del pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale secondo i criteri stabiliti dalla legge”. Questo sarà il nuovo articolo 112 della Costituzione, come modificato dall’articolo 15 della riforma della giustizia approvata stamane.





Disciplinare magistrati - Viene istituita la “Corte di disciplina”, con una sezione per i giudici e una per i pm. I componenti di ciascuna sezione “sono eletti per metà dal Parlamento in seduta comune e per metà rispettivamente da tutti i giudici e i pm”. I componenti eletti dal Parlamento “sono scelti - prevede la riforma - tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo 15 anni di servizio”, quelli eletti da giudici e pm “sono scelti, previo sorteggio degli eleggibili, tra gli appartenenti alle rispettive categorie”. La Corte di disciplina elegge un “presidente tra i componenti designati dal Parlamento”, durano in carica 4 anni e non sono rieleggibili. I provvedimenti presi dalla Corte possono essere impugnate in Cassazione.





Inappellabilità sentenze assoluzione - No al ricorso in appello contro le sentenze di proscioglimento pronunciate in primo grado. “Contro le sentenze di condanna è sempre ammesso l’appello, salvo che la legge disponga diversamente in relazione alla natura del reato, delle pene e della decisione. Le sentenze di proscioglimento sono appellabili solo nei casi previsti dalla legge”.







Responsabilità civile toghe - “I magistrati sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato”. Inoltre, “la legge espressamente disciplina la responsabilità civile dei magistrati per i casi di ingiusta detenzione e di altra indebita limitazione della libertà personale”, prevede ancora la riforma, e la “responsabilità civile dei magistrati si estende allo Stato”.





Rapporto pm-polizia giudiziaria - “Il giudice ed il pm dispongono della polizia giudiziaria secondo le modalità stabilite dalla legge”.





Competenze del guardasigilli - Al ministro della Giustizia spettano “la funzione ispettiva, l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”. Riferisce ogni anno alle Camere sullo stato della giustizia, sull’esercizio dell’azione penale e sull’uso dei mezzi di indagine”.





Nomina elettiva toghe onorarie - La nomina elettiva si estende ai magistrati onorari che svolgono funzioni di pm, mentre finora era riservata soltanto ai giudicanti.





Inamovibilità magistrati - “In caso di eccezionali esigenze, individuate dalla legge, attinenti all’organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, i Consigli superiori possono destinare i magistrati ad altre sedi”.

GIUSTIZIA: Come funziona nel resto d'Europa

GIUSTIZIA: Come funziona nel resto d'Europa



Durata della prescrizione, separazione delle carriere e ruolo degli organi di autogoverno, dove sono previsti: ecco come funziona l’ordinamento della giustizia nei principali paesi europei.

Francia

Giurisdizione. Quella civile viene amministrata da otto tribunali differenti tra cui il “Tribunal de grande instance” che si occupa di cause superiori a 10mila euro e il “Tribunal paritaire des baux ruraux”, il Tribunale per le controversie in materie di fondi rustici. I reati vengono invece giudicati dalla Corte d`assise, dal “Tribunal correctionnel” (Tribunale correzionale) e dal “Tribunal de police” (Tribunale di polizia). C’è poi la Corte d`appello che interviene in secondo grado e la Corte di Cassazione, giudice supremo dell`ordinamento giudiziario.



Separazione carriere. I magistrati francesi hanno la possibilità di passare da una funzione all`altra, ma i “giudicanti” non possono essere trasferiti senza il loro consenso.



Csm. È un organo costituzionale autonomo previsto dalla carta del 27 ottobre 1946 e garantisce l’indipendenza dell’autorità giudiziaria. È presieduto dal Capo della Stato.



Prescrizione. In materia civile la durata della prescrizione è passata da 30 a 5 anni dopo la legge del giugno 2008, che ha riformato la materia. Il codice di procedura penale stabilisce un termine di 10 anni per i crimini (art. 7), 3 anni per i delitti (art. 8) e 1 anno per le contravvenzioni (art. 9). Imprescrittibili i crimini contro l`umanità.



Germania

Giurisdizione. È ripartita tra il livello regionale e federale. Ogni Land ha un proprio sistema giudiziario e organizza autonomamente la formazione dei magistrati (comune a quella di avvocati e notai), il loro reclutamento e la loro carriera. Due i gradi di giudizio: il tribunale di prima istanza e una Corte d’Appello, eccetto nella giurisdizione finanziaria, dove è previsto un solo grado a livello del Land. In ultima istanza invece la giurisdizione è esercitata a livello nazionale da cinque corti supreme che detengono rispettive competenze (Karlsruhe, Lipsia, Erfurt, Kassel e Monaco di Baviera).



Separazione carriere. Il pubblico ministero gode di uno status giuridico diverso dalla magistratura giudicante. Le carriere rimangono separate in quasi tutto il Paese, fanno eccezione alcuni Laender, tra cui la Baviera, dove il passaggio tra le due funzioni è frequente.



Csm. Non esiste un organo di autogoverno della magistratura simile al Csm italiano. La nomina dei magistrati dei tribunali federali spetta al ministro Federale competente in materia (Giustizia, Lavoro, Finanze, etc.).



Prescrizione. Nel civile normalmente è di tre anni (in seguito alla riforma costituzionale del gennaio 2002, prima era di 30), a parte casi specifici. Nel penale è di 30 anni per i reati puniti con l`ergastolo, 20 anni per i reati puniti con una pena detentiva massima superiore a 10 anni, 10 anni per i reati puniti con una pena detentiva tra i 5 e i 10 anni, 5 anni per i reati con pene detentive tra 1 e 5 anni, 3 anni per gli altri reati. È esclusa nei casi di genocidio e di assassinio.



Inghilterra

Giurisdizione. Esistono diverse corti. Le “Magistrates’ Courts”, composte da giudici non professionisti, si occupano principalmente di questioni penali e di alcune cause civili. I reati più gravi vengono giudicati dalle “Crown Court”. Ci sono poi le “County Courts” che si occupano della gran parte delle cause civili. Alcuni ricorsi presentati da tribunali di grado inferiore sono esaminati dalle “Divisional Courts”. Le questioni di carattere amministrativo sono invece gestite dall’“Administrative Court”. C’è poi l’“High Court” che esamina le cause più importanti o più complesse. Il secondo grado è appannaggio della “Court of Appeal” penale e civile di Londra. Per l’ultima istanza ci si rivolge alla “Supreme Court”.



Separazione carriere. In Gran Bretagna i giudici delle corti superiori sono nominati direttamente dalla Corona. La pubblica accusa viene demandata a una pluralità di organismi tra cui la polizia, il Crown Prosecution Service e l’Attorney General.



Csm. Non esiste un organo di autogoverno.



Prescrizione. Esiste un limite temporale riferito all`estinzione dell`azione, e non del reato. I “time limits”, in materia penale, per il perseguimento dei reati si applicano all`esercizio del potere di proporre l`azione in giudizio per assicurare, in tempi ragionevoli, l`acquisizione di prove e di garantire all`imputato un “giusto processo” in un tempo ragionevole rispetto alle accuse.

GIUSTIZIA: Ora pari diritti e pari doveri

GIUSTIZIA: Ora pari diritti e pari doveri

Sorpresa. Non per noi a dire la verità. La riforma della giustizia non riguarda neanche per un capello o cavillo i processi in corso. E’ stata votata dal Consiglio dei ministri e presentata dal ministro Alfano con Berlusconi al fianco, ed è sintetizzata da una vignetta elementare: la bilancia della giustizia oggi in Italia è fasulla, è – inevitabile il gioco di parole – sbilanciata. Una bilancia sbilanciata annulla la sua essenza. La riforma ha per scopo dunque di far essere le cose del mondo dei codici e dei processi quali devono essere, in base all’articolo 3 della Costituzione che vuole tutti uguali davanti alla legge.

Uguali, con pari diritti e doveri, identica possibilità di accusare e di difendersi, di cercare verità a sostegno delle proprie tesi: accusa e difesa, giudici e procuratori, avvocati e cittadini.

É dunque un grande disegno, una prova di visione larga, un’idea di giustizia giusta che muove dal presupposto di quale sia il compito della politica e dei governi espressivi della sovranità popolare: adempiere il bene comune, nella normale dialettica democratica, accettando con serenità gli alti lamenti di corporazioni e caste che vengono detronizzate rispetto a un potere che avevano indebitamente acquisito.

La reazione dei giornali è molto interessante. Il Corriere della Sera registra la vicenda con un titolo molto sereno: “Via libera del governo alla riforma”. Repubblica e quelli della sua corte sono lieti di annunciare la “Rivolta dei magistrati”. Interessante sapere che cosa sia costituzionale in questo caso, applicando logica e buon senso. Che cosa è nella linea della Carta e dello spirito dei padri costituenti?

Noi sappiamo bene che cosa non lo è, e deve riconoscerlo qualsiasi persona intellettualmente onesta. Di certo la rivolta di un ordine dello Stato contro il potere esecutivo legittimo è una rottura moralmente grave dell’equilibrio tra poteri e ordini stabilito dalla Costituzione. Invece è di sana e robusta costituzione un governo democratico che come tale chiede il voto del Parlamento alle sue proposte, e che adempie perfettamente la Costituzione annunciando il ricorso all’articolo 138. Curiosi questi presunti amanti della Costituzione. I Padri della medesima sarebbero stati perfetti, ma avrebbero sbagliato di grosso scrivendo e votando due articoli peraltro decisivi: il 68 che prescriveva l’immunità parlamentare a tutela proprio di possibili rivolte e vendette dei magistrati qualora si sentissero offesi da qualche legge sgradita; e il 138 che regola le modifiche della Costituzione stessa.



Il 68 è stato modificato da un Parlamento terrorizzato, ma di tornare alla volontà delle origini e degli equilibri è visto come la peste. E allora perché si innervosiscono all’idea di vedere adoperato in totale trasparenza l’art. 138? Secondo i magistrati, dice il Corriere della Sera sempre nel titolo di prima pagina, quelle contenute nel disegno di riforma “sono norme punitive”. Punitive di che cosa? Ma certo: dell’ingiustizia, degli errori marchiani di magistrati i quali hanno a che fare con i beni più preziosi che ci siano: la libertà personale e la reputazione dei cittadini. Chi sbaglia paga, non pare che questo principio di saggezza universale sia una norma anticostituzionale. O no?

Del resto a leggere alla lettera le reprimende delle toghe associate (molte altri giudici e pm sappiamo non essere d’accordo con il loro sindacato unico) si dovrebbe dare ai magistrati il potere di legiferare su se stessi, magari premiando gli errori purché ci sia buona volontà.



Intanto resta un dato di fatto, irrefutabile, che neanche Repubblica e i partiti di sinistra riescono a negare: questa riforma non tocca neanche di traverso i processi in corso. Ma forse i processi in corso contro Berlusconi permettono di capire che essi erano rappresaglie preventive per impedire all’unico premier che in Italia può riformare la giustizia di farlo. Calcolo sbagliato. La riforma si farà. La bilancia sarà aggiustata.

mercoledì 9 marzo 2011

BERLUSCONI: Giovedì riforma epocale della giustizia

BERLUSCONI: Giovedì riforma epocale della giustizia


"Affronteremo le elezioni amministrative con una maggioranza piu’ coesa di prima e siamo in condizioni di portare a compimento tutte le riforme per le quali gli italiani ci hanno dato il consenso elettorale".


Lo ha affermato Silvio Berlusconi, collegato telefonicamente dal Teatro di Don Orione ad Avezzano, intervenendo alla convention di ’Noi riformatori’.



"La maggioranza in Parlamento e’ assolutamente autosufficiente ed abbiamo i numeri per andare avanti. Anche i sondaggi ci danno primi con il 30,6% dei consensi. Nessun Governo ha fatto cosi’ tanto e cosi’ bene."





Berlusconi ha parlato della riforma federale, del piano per il sud, della ricostruzione dell’Aquila sottolineando la tempestivita’ dell’intervento di emergenza, degli investimenti per 15 miliardi di euro gia’ stanziati. "Per quanto riguarda il centro storico -ha sottolineato il premier- e’ il Comune che deve interessarsi: ogni edificio ha la sua storia ed e’ il Comune che deve decidere come intervenire".



Poi ha parlato anche della necessita’ di rilanciare il nucleare per ridare competitivita’ alle imperse italiane" che oggi pagano l’energia piu’ di altri Paesi industrializzati. Sulla scuola pubblica Berlusconi ha ribadito che le famiglie devono essere aiutate perche’ possano decidere liberamente su come educare i figli e, riferendosi ad un suo precedente intervento, ha sottolineato di aver solo ribadito "il ripudio dell’indottrinamento politico ed ideologico. Non ho mai attaccato la scuola pubblica, ho semplicemente detto, parlando dei cattolici, che bisogna aiutare quelle famiglie cattoliche che si trovano ad avere un insegnante che cerca di inculcare nei loro figli dei valori e dei principi diversi da quelli in cui loro credono, con un buono scuola in modo che anche le famiglie meno abbienti abbiano la possibilita’ di mandare i loro figli a una scuola privata".



Il nostro presidente ha confermato quello che gia’ aveva annunciato il ministro della Giustizia Alfano: giovedi’ prossimo il Consiglio dei Ministri discutera’ la riforma costituzionale della giustizia, "sara’ una riforma "epocale". Infine, ha lanciato una stoccata all’opposizione definendola "palla al piede dell’Italia". "La sinistra non e’ riuscita a diventare socialdemocratica nel nostro Paese. Mi accusano di provocare conflitti istituzionali ma dimenticano che sono io che subisco attacchi da 17 anni senza soluzione di continuita’". L’ultima battuta Berlusconi l’ha riservata alle intercettazioni telefoniche: "Non siamo un Paese libero perche’ quando alziamo il telefono si e’ quasi certi di essere intercettati".

L'invasione degli immigrati e' già in atto

BERTOLINI: L'invasione degli immigrati e' già in atto


"Il fatto che in meno di un mese siano arrivati piu’ immigrati che nell’intero 2010 ci conferma che, di fatto, e’ gia’ in atto un’invasione. Mi chiedo che cosa debba ancora succedere prima che l’Europa prenda dei veri provvedimenti. L’Italia sta facendo egregiamente la sua parte sia sul territorio nazionale, sia con la missione umanitaria all’estero".

Così si e’ espressa Isabella Bertolini, Vicepresidente del PdL alla Camera dei Deputati, che si chiede: "Gli altri che cosa stanno aspettando prima di affrontare il problema?. I numeri parlano chiaro e ci confermano ogni giorno di piu’ che questa situazione ha una valenza europea. Prima se ne rendono conto tutti e prima si risolvono i problemi".

Piano Marshall per il Mediterraneo

MAURO: Piano Marshall per il Mediterraneo
"Un piano Marshall per i Paesi del Mediterraneo, ma a precise condizioni".
A chiederlo e’ stato Mario Mauro, capogruppo del Pdl al Parlamento europeo,intervenendo all’Europarlamento a Strasburgo. "Noi parliamo di un piano Marshall per i paesi del Mediterraneo ma quando gli Stati Uniti ci hanno concesso i finanziamenti di quel piano ci hanno imposto precise condizioni: ossia cacciare i comunisti dall’Europa occidentale. Noi quali condizioni intendiamo porre ai paesi del Mediterraneo oggi? Vogliamo sostituire i dittatori con altri dittatori o invece far crescere in questi paesi istituzioni democratiche forti con una societa’ civile forte?".


MANTOVANO: No allo stravolgimento della legge Bossi-Fini e all'intervento delle toghe ideologizzate

"Nei prossimi giorni vareremo un testo applicativo, tale da rendere la direttiva europea compatibile con la disciplina italiana: non possiamo restare spettatori di fronte allo stravolgimento della legge Bossi-Fini".

Lo ha annunciato, in un’intervista a ’Libero’, il sottosegretario al ministero dell’Interno Alfredo Mantovano avvertendo la necessita’ di "un decreto contro le interpretazioni lassiste" delle norme Ue sull’immigrazione da parte di alcune procure."Gli immigrati che stavano per essere espulsi, o processati per non aver ottemperato all’ordine di espulsione, sono tornati in liberta’. Una fetta della magistratura ha provato a ridimensionare la portata dei provvedimenti in materia di immigrazione e a impedirne la piena operativita’. In Italia, la direttiva Ue e’ entrata in vigore il 24 dicembre scorso senza essere stata recepita con le norme di aggiustamento. In questo vuoto si e’ infilata la frangia piu’ ideologizzata delle toghe".


MAURO: Malta si sente abbandonata dall'Unione Europea


Malta e’ contraria a nuove sanzioni della Ue contro la Libia, che estendano il congelamento dei beni al fondo nazionale sovrano Libyan Investment Authority (Lia).

Lo ha reso noto il nostro eurodeputato, capogruppo del Pdl, Mario Mauro, durante una conferenza stampa tenuta al Parlamento europeo a Strasburgo, confermando cosi’ voci circolate da fonti europee. "La dichiarazione di Malta - ha sottolineato Mauro che recentemente ha fatto parte della missione Ue in Tunisia - e’ quella di un paese che si sente abbandonato da una Ue che non riesce a prendere decisioni in tempi utili. E’ la dimostrazione che c’e’ il timore che Gheddafi possa riuscire a resistere e vincere".


BONIVER: Sì agli interventi umanitari solo con l'accordo dei governi coinvolti altrimenti e' neocolonialismo

"Gli interventi umanitari vanno fatti su richiesta delle organizzazioni e in accordo con i governi coinvolti, altrimenti si incorre nel pericolo di un neocolonialismo umanitario". Lo ha affermato l’inviato speciale del ministro degli Esteri italiano, il deputato del Pdl Margherita Boniver, che ha parlato dal campo profughi di Ras Jadir.

Rispondendo alle domande dei cronisti, che hanno criticato la modestia dell’intervento italiano ed europeo e i ritardi sulla emergenza profughi, la Boniver ha risposto: "Il nostro intervento e’ calibrato, e caratterizzato da sobrieta’ e utilita’. In passato, per incomprensioni fra le organizzazioni, si e’ assistito a una sovrapposizione di interventi, con il prolungarsi di sforzi e strutture anche oltre l’emergenza. Noi siamo qui e siamo pronti a rispondere anche ad una eventuale ripresa del flusso, dovuto anche a un acuirsi del conflitto."


NAPOLI: D'Alema fuori di brocca se confronta l'Italia alla Libia


"E’ evidente che Massimo D’Alema, ex presidente del Consiglio e attuale presidente del Comitato parlamentare che vigila sui servizi segreti, puo’ confrontare la situazione libica a quella italiana soltanto perche’ e’ fuori di brocca".

Lo ha affermato il deputato del PdL Osvaldo Napoli, che ha commentato le parole del politico di Gallipoli: "E uso un eufemismo per descrivere il grado di cinico strumentalismo cui si spinge D’Alema per far passare l’idea di un’emergenza democratica e giustificare cosi’ le alleanze piu’ eterogenee e contraddittorie cui lavora il Pd. D’Alema scherza con il fuoco, come ben sa nel suo sconfinato cinismo. Il suo allarme per la democrazia e’ vecchio, pero’, come chi lo pronuncia: D’Alema, del resto, fuori da una strategia dell’emergenza non saprebbe cosa d’altro dire. Naturalmente il presidente del Copasir dovrebbe convocare se’ medesimo in audizione per accertare la fondatezza del suo allarme. Come direbbe Marzullo, D’Alema si faccia una domanda e si dia una risposta".

Lo stanziamento U.E. per gli immigrati è lo stipendio di un banchiere

FATTI & MISFATTI: Lo stanziamento dell'Europa per gli immigrati è pari allo stipendio di un banchiere

Robert Diamond è senz’altro un uomo fortunato. Non ha ancora 60 anni e figura per la terza volta tra le 50 persone più influenti al mondo. Di mestiere fa il banchiere, per l’esattezza è l’amministratore delegato della Barclays: indubbie le capacità professionali. Forse non adeguato il compenso. Non tanto per i risultati che garantisce alla sua azienda. Quando se confrontato con le risorse messe a disposizione dall’Unione europea per fronteggiare l’emergenza immigrati. Mr. Diamond guadagnerà quest’anno 10,1 milioni di sterline. Che al cambio attuale fanno grosso modo fra 15 e 17 milioni di euro.

E qui viene il punto. La Commissione europea ha messo a disposizione per tamponare l’emergenza immigrati (un esodo continuo) esattamente lo stesso ammontare di risorse che un uomo solo, Mr. Diamond, guadagna in un anno. Anzi. A dir la verità, il primo stanziamento era stato inferiore (8 milioni, la metà della dichiarazione dei redditi del banchiere). Poi, lo ha subito alzato a 17 milioni. Cioè, esattamente quanto l’amministratore delegato della Barclays percepisce in dodici mesi. Si può discutere se il compenso del banchiere sia troppo alto. Di certo l’intervento economico europeo è ridicolo.

Per capire quanto Bruxelles sia lontana dalla sponda sud dell’Europa va anche considerato che Frontex, l’agenzia europea per l’emergenza immigrati, di fronte alle rivolte in Tunisia, in Egitto ed in Libia, ha messo a disposizione una barca e due aerei.

In conclusione: Robert Diamond è senz’altro un banchiere ben pagato, forse l’intervento europeo è sottodimensionato. O, ad essere benevoli, distante dalle conseguenze che queste rivolte del Maghreb potranno produrre nel Continente.

sabato 5 marzo 2011

Sull'emergenza Libia l'Europa e' a un passo dalla farsa

NAPOLI: Sull'emergenza Libia l'Europa e' a un passo dalla farsa

"Le cancellerie europee sono a un passo dal dramma, e la costruzione europea e’ a un passo dalla farsa, sull’emergenza Libia. Una linea comune dell’Europa non e’ un’opzione qualsiasi, ma diventa un dovere politico se ha ancora un senso la parola Europa".

Lo ha affermato il vicecapogruppo del Pdl alla Camera, Osvaldo Napoli, che ha osservato: "Il governo italiano e’ impegnato in prima linea sul piano umanitario, ma lo fa in una condizione di tragica solitudine. Le capitali europee sono troppo indaffarate a misurare i pro e i contro sul dopo-Gheddafi ma sottovalutano in modo drammatico gli eventi in corso dalla cui evoluzione dipende la qualita’ del dopo-Gheddafi. L’Italia non puo’ che confermare la strategia di politica estera, dall’Afghanistan al Medio Oriente, dall’Egitto alla Libia. Ma non puo’ il solo governo Berlusconi farsi carico di un’incombenza che investe l’Europa intera. L’Europa rischia di uscire dissolta dagli eventi che stanno sconvolgendo il Maghreb".



LEONE: La cooperazione euromediterranea puo' svolgere un fondamentale ruolo di dialogo


"La cooperazione euromediterranea puo’ svolgere nel particolare momento politico che scuote importanti Paesi dell’area nord-africana, un fondamentale ruolo di dialogo e recupero della normalita’, contro le violenze e le ripetute violazioni dei diritti umani".


Lo ha affermato il deputato del Pdl Antonio Leone, vicepresidente della Camera dei deputati, a margine dell’assemblea plenaria dell’Apem (Assemblea parlamentare dell’Unione del Mediterraneo) che si tiene a Montecitorio. "Alla presidenza di turno, che da oggi passa dall’Italia al Marocco assicureremo tutto il nostro appoggio nell’opera di mediazione che impegnera’ l’Apem per il raggiungimento della stabilita’ politica e sociale in una vasta regione che e’ oggi scossa da fermenti anche violenti, verso la quale va indirizzato ogni sforzo tendente al ristabilimento della pace nella liberta’ dei suoi popoli".

BERTOLINI: La missione umanitaria in Tunisia e' nell'interesse dell'Italia

"Il Governo italiano sta facendo la cosa giusta. Aderire alla richiesta di Tunisia e Egitto per un rimpatrio nei loro Paesi delle migliaia di persone che stazionano nei campi in Tunisia e’ un atto umanitario ma che va anche nell’interesse dell’Italia".

Lo ha affermato il deputato del Pdl Isabella Bertolini, vicepresidente dei gruppo PDL alla Camera dei Deputati, commentando le misure adottate dal nostro governo per fronteggiare l’emergenza Libia. "Come e’ positiva sul fronte della sicurezza la disponibilita’ italiana a farsi parte attiva del controllo delle coste e dei porti tunisini dai quali potrebbe scaturire un esodo ancora maggiore. Come spesso avviene la politica dei fatti concreti spazza via quella delle sole chiacchiere".


LA RUSSA: Dalla Difesa supporto logistico alla missione umanitaria

Quello che arrivera’ dal ministero della Difesa per la missione umanitaria annunciata ieri dal governo in soccorso dei profughi al confine tra Libia e Tunisia sara’ un "supporto logistico per i trasporti".

Così si e’ espresso il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, parlando con i giornalisti nel Transatlantico di Montecitorio al termine dell’informativa urgente del governo sull’Afghanistan. La Russa ha ricordato che la missione e’ affidata "per legge" al ministero degli Esteri e alla Croce Rossa italiana, per cui non possono esserci militari ad operare.




PAGANO: L' Europa collabori per scongiurare l'arrivo di terroristi dal Nord Africa

"Quanto sta avvenendo in Libia, ma anche nel resto del Nord Africa, dimostra l’irreversibilita’ della ’rivoluzione’ politica in atto in tutta l’area che l’Occidente intero non puo’ ignorare. Anche questa volta l’Italia non si sottrarra’ ai propri obblighi internazionali ne’ al dovere di solidarieta’ nei confronti di esuli e perseguitati."

Lo ha affermato Alessandro Pagano, componente della commissione Finanze della Camera e capogruppo per il Pdl della commissione bicamerale per l’Infanzia e l’adolescenza. "Tuttavia, come giustamente osservato dal ministro Maroni, tra i profughi potrebbero nascondersi terroristi ed estremisti islamici che, mescolati alle migliaia di disperati in fuga dai regimi autoritari nordafricani, potrebbero introdursi in Europa con minore difficolta’ e porre in essere attacchi terroristici in maniera piu’ agevole. Per tali ragioni, oltre allo stato emergenziale che l’Italia si trovera’ a dover affrontare con l’arrivo di centinaia di migliaia di profughi e’ venuto il momento che l’Europa si assuma le proprie responsabilita’ e cominci a collaborare con il nostro Paese. Al dovere di solidarieta’, infatti, deve necessariamente accompagnarsi quello della tutela della sicurezza nazionale. Solo un nuovo ’piano Marshall’ specifico per la Libia, che disincentivi l’esodo dei profughi verso l’Italia attraverso il conferimento di aiuti in loco, potrebbe consentire di ottenere tale risultato".