Dal "Manifesto" di PATRIA LAVORO E LIBERTA', movimento politico
fondato dall'on.Giulio Tremonti, pubblichiamo dalla sezione seconda il quinto ed
ultimo blocco del testo del documento
BLOCCO QUINTO: EUROPA
Oggi il problema dell’Europa non si chiama ESM, EFM, “Unione bancaria”, “sixpact”,
OMT, etc.
Il problema dell’Europa è una nuova epoca che si apre.
Nella storia, l’idea e la struttura dell’Europa sono passate attraverso fasi diverse:
a) prima, per secoli, fino all’ultima guerra, l’idea d’Europa è stata mitica o poetica,
romantica, filosofica, elitaria.Da Althusius a Kant a Tocqueville, per arrivare a Briand,
Rathenau, Pigou, Einaudi. E tuttavia sempre, alla base, l’idea comune dell’Europa come
un arazzo, come un palinsesto composto da linguaggi, religioni, comunità, nazioni che tra
loro si sovrapponevano e si univano nelle radici di una storia comune;
b) poi, nel dopoguerra, al principio anche per opposizione al comunismo (Churchill), una
idea d’Europa mista tra politica ed economia. Alla fine, con il declinare della
“guerrafredda”, è venuta a prevalere l’idea dell’Europa come espressione
economica.
Alla base, un esperimento di straordinario successo: il MEC, il mercato comune europeo.
Nell’economia (politica) di questo modello rimanevano ancora gli Stati-nazione, cui si
perdonava d’essere stati la causa della guerra e di cui si soffriva con pazienza il
“residuo nazionalismo”, ma che si accettavano perché, più che come Stati-nazione,
funzionavano “ex novo” come Stati-provvidenza, capaci di provvedere (a debito) al
benessere dei cittadini;
c) è infine con la caduta del muro di Berlino, con la fine del comunismo, è solo con tutto
questo che, quasi a sua insaputa, quasi suo malgrado, l’Europa è di nuovo
entratanelladimensione politica. Una dimensione che è tuttavia ancora tutta da
costruire.
Più che come effetto di una sua scelta politica diretta: “l’affermazione dell’Unione Europea come
elemento di forza negli affari del continente è infatti stata conseguenza diretta delle rivoluzioni
scoppiate nell’Est” (Judt, Dopoguerra).
Ma tant’è. La storia si sta liberando del passato e sta facendo nascere qualcosa di nuovo. Ed è
propriamente questo che noi ora vogliamo concretizzare. 73
In ogni caso, non si entra nel futuro con strumenti del passato superati dalla storia.
Come il dopo guerra ha portato alla prima forma dell’Unione Europea, alla sua forma
essenzialmente economica, così la crisi produce un terremoto che sta mandando in frantumi
la vecchia geografia del continente e ne postula una nuova: una nuovageografiapolitica.
Dello Stato-nazione si vede ancora la luce (e non si vuole spegnerla), ma non si vede più la
stella!
Con la crisi,e per effetto del rigore imposto dalla crisi, lo Stato-nazione, nella sua residua
funzione provvidenziale,ha infatti visto e sta vedendo drammaticamente ridotta la sua
funzione. Per la semplice ragione che sono finiti i soldi!
E’ anche per questo che il nostro cammino non può essere segnato dalle luci del passato, ma
dalle stelle che indicano il futuro.
La solidarietà sociale, simbolo della civiltà europea contemporanea, va conservata. Ma è per
conservarla che si deve cambiare.
Nel tempo presente, come dopo la guerra la volontà di pace ha fatto l’Europa (la fase
economica dell’Europa), così oggi la crisi tende a disgregare l’Europache c’è, proprio a
partire dall’economia, finora il suo principale fattore costitutivo e connettivo.
Il mercato europeo èinfatti sempre più segmentato per aree, sempre più campo d’azione di
mascherati protezionismi e di conclamati egoismi.
Fino al punto che oggi in Europa, si può e si deve dire, si deve dire, siamo governati da:
“Comitati d’affari nazionali di un comitato d’affari europeo, che solo il ritorno alla
politica, dunque della speranza, può spezzare” (B. Spinelli, 17 novembre 2012).
E’ anche per questo che si deve cambiare. La visione non può essere più soloeconomica e solo
nazionale. Deve esseresoprattutto politica ed europea.
E l’essenza di una politica europea vicina ai popoli può essere solo quella dell’unità e della
solidarietà:
a) unità.L’unione dell’Europa deve prendere la forma di una integrazione, quanto più
ampia e profonda possibile. Integrazione della vita culturale, sociale ed economica, delle
tradizioni e delle storie.
L’Europa deve essere un “plebiscito quotidiano” dei popoli che la compongono, una 74
scelta libera e sempre rinnovata: non una imposizione dall’alto operata da parte delle
burocrazie europee o di apolidipoteri economici e finanziari.
Per effetti dello spostamento della politica verso il centro si indeboliranno le ragioni che
attualmente esistono a favore della “vecchia” dimensione nazionale, finora pensata come
dimensione “ottimale” per ogni azione politica.
Le politiche che meglio corrispondono ai bisogni dei cittadini saranno infattisempre più
basate sulle aree regionali, o macro-regionali.
In particolare, un elemento essenziale dell’assetto costituzionale dell’Unione Europea
dovrà essere rappresentato dai soggetti istituzionali che sono più vicini ai cittadini: le
regioni, i municipi.
Nella nuova Europa diventano permeabili le distinzioni tra i vari livelli di governo
presenti sul nostro continente, frutto di una storia lunga che va indietro fino ai primi
dell’800, ma non più rispondenti alle esigenze di oggi.
Questo è vero in particolare per i livelli di governo che insistono sulle aree geografiche
che si situano nella prossimità di frontiere che soprattutto sono state tracciate come il
risultato della storia politica e militare dei due secoli passati, non come risultato del
sentimento e degli interessi dei popoli.
Le frontiere, in Europa, spesso separano aree che invece potrebbero progredire con
speciali forme di più stretta integrazione.
Tale maggiore integrazione tra le regioni transfrontaliere non è affatto contro
l’Europa, ma anzi, all’opposto, è un forte motivo di superamento della ragione
stessa delle antiche, superatedivisioni nazionali. E’ quindi un ulteriore
fattorediintegrazione dell’Unione!
Integrazione dalla quale deve e può derivare e più che ora solidarietà e spinta allo
sviluppo verso le aree meno avvantaggiate. Nei termini che seguono;
b) solidarietà.
All’avvio di una maggiore e superiore organizzazione di una comunedisciplinadi
bilancio deve simmetricamente corrispondere l’impegno alla solidarietà.
Per cominciare ci deve essere maggiore flessibilità nelle scelte di utilizzo dei 75
fondieuropei.
Si devono attivare gli “eurobond”, da destinare prioritariamente ad investimenti nelle
aree per cui è ancora necessario ed anzi crescente il vincolo della solidarietà.
Deve essere libera l’istituzione di zone franche, etc.
E’ tutto questo – unitarietà + solidarietà che riporta alla superiore esigenza di una
comune politica europea.
Non si può affidare il nostro futuro, il futuro dei popoli di un intero
continente, ad oracoli “monetari” oscuri od incerti più o meno simili
al greco oracolo di Delfi!
La voce deve tornare al popolo ed è saggio quanto appena detto dal
Ministro tedesco Wolfgang Schaeuble, a proposito di referendum
sull’Europa: “Nutro grande fiducia nei miei concittadini. La
maggioranza dei tedeschi è fatta da persone molto ragionevoli”.
E’ così anche per noi.
In specie, non un referendumsull’Europa che c’è.
Ma un referendum sull’Europa futura, sull’Europache si
vorrebbe.
Nel cuore dell’Europa sta crescendo un vuoto che può essere colmato
solo con la democrazia!
La sovranità senza popoli non esiste, infatti, se non come
usurpazione.
Si dice che l’euro è irreversibile. Bene. Ma deve essere chiaro che
irreversibile è anche la democrazia.
Se è vero che l’Europa non è una rivoluzione, ma piuttosto una
continuaevoluzione - ed è vero - allora è anche vero che l’Europa
non può fermarsi.
Se la posta in gioco è alta, il gioco deve continuare e, per continuare,
non può essere un gioco tecnico, deve essere un gioco politico. 76
Come disse il Cancelliere Adenauer: “prima europei e poi tedeschi,
prima un’Europa federale e poi lo Stato nazionale”. Questo spirito può
e deve oggi rivivere dappertutto.
In conclusione, l’Unione Europea non può essere fatta dagli Statinazione europei. Non può essere da questi bloccata, come è stato
troppo a lungo, e non può essere neppure fatta a loro immagine e
somiglianza. L’Unione Europea non ne può essere una
versioneingrandita con il pantografo, estesa su scala “extra-large”.
I popoli dell’Europa non possono essere guidati dal potere delle
burocrazie sovranazionali, da automi condizionati dalla superpotenza
della finanza globale.
I popoli dell’Europa devono essere guidati da istituzioni politiche
libere e forti, scelte dai cittadini. Queste istituzioni non devono
essere una replica delle istituzioni dei singoli Paesi, non devono essere
un luogo di mediazione permanente tra aggregati di interessi
contraddittori. Devono esprimere ciò che di autenticamente comune
hanno tutti gli europei.
Eleggere direttamente il Presidente dell’Unione Europea, che
sia anche a capo del Governo: questa è la sola soluzione per dare
all’Europa un’anima politica.
Nella scelta del loro Presidente gli europei si riconosceranno
finalmente come una comunità di destino, unita dalla diretta
fraternità tra i suoi popoli e i suoi cittadini, unita da un modello
nuovo e positivo di crescita nella libertà per tutti e nella
solidarietà per chi ha bisogno e non più da un modello
fallimentare basato prima sul debito e poi sul ricatto.
Più in dettaglio:
n.1 Per questo si deve fare, anche in 77
Italia, un referendum sull’Europa:
a) per una Europa che torni alle
origini federali unitarie, comprendendo
le tradizioni ed i territori storici,
riducendo all’opposto l’egoismo miope
tipico di certi nazionalismi statali. E’
l’unica via per evitare che, in una
globalizzazione fatta da enormi blocchi
continentali, le singole “potenze”
nazionali europee diventino davvero, a
loro volta, marginali;
b) per evitare di continuare a trattare
i paesi, ed i popoli europei come capri
espiatori, seguitando invece a trattare
come salvatori i veri colpevoli (i
banchieri, la finanza, gli hedge-fund,
etc.).
Certo, alcuni paesi sono caduti nella
trappola del debito, hanno usato il debito
come fanno i tossicodipendenti con la
droga, ma come è stato scritto, lo hanno
fatto consigliati dai migliori indirizzi di
Londra, di Francoforte, etc.!
c) per salvare la democrazia,
costruendo su questa base l’architettura
della nuova Europa. Questa dovrà essere
disegnata in linea con il decisum del
Consiglio Europeo del maggio 2010:
- serietà dei pubblici bilanci:
finita davvero l’età coloniale, non
possiamo più continuare a fare più 78
deficit pubblico che prodotto
interno lordo;
- devoluzione verso l’alto delle
competenzenazionali sui pubblici bilanci,
attraverso una gestione europea che (ogni
primavera) anticipi e guidi la discussione
parlamentare autunnale che si fa sui
bilanci nazionali. L’Europa è un
continente geografico, ha un unico
mercato economico, ha una moneta
comune, non può continuare con 27
politiche nazionali diverse!
- ma anche crescente
riconoscimento del ruolo dei territori e
solidarietàeuropea verso il basso: un
vero Fondo europeo, con capacità di
emettere “eurobond”.
Infine “Battere i pugni per davvero
in Europa”. Avvertire che l’Italia
intende certo continuare a finanziare i
piani di aiuto europei destinati ai paesi in
crisi, ma non più calcolandoli sul
parametro della quota italiana di
partecipazione alla BCE (17%), ma in
base alla oggettiva esposizione al rischio
del suo sistema finanziario.
Un esempio: sulla Grecia, l’esposizione
italiana era pari a 20 miliardi di euro;
quella franco tedesca era pari a 200. Per
non parlare dell’Irlanda, su cui altri
avevano una esposizione di 500 miliardi. 79
In base al calcolo fatto in base alla
partecipazione al capitale BCE,
ignorando l’effettiva esposizione a rischio
del sistema finanziario italiano, è
purtroppo evidente che l’Italia ha
finanziato soprattutto le banche
tedesche e francesi!
L’idea di calcolare diversamente e più
equamente l’onere a carico dell’Italia fu
avanzata in Europa dal Ministro italiano
dell’Economia e delle Finanze, ma
bloccata da Palazzo Chigi (“Trichet – ha
confidato il premier a più di un ministro
– si è indispettito quando Tremonti è
andato a dirgli che l’Italia voleva
ricalcolare…. Una ipotesi che l’ha fatto
andare fuori dai gangheri”. Repubblica,
10 agosto 2011. ). Un ricalcolo simile, in
modo da riequilibrare i benefici, viene
ora giustamente ipotizzato anche da
Strauss-Kahn. Si deve tornare a trattare
in Europa: o l’Italia non spende per gli
aiuti o porta a casa qualcosa d’altro!
I COSTI. NOTA SUI TERMINI DELLA CONCRETA FATTIBILITA’ ECONOMICA DI
QUESTO “CHE FARE”.
Sappiamo bene che, nella globalizzazione, e dentro lacrisi, da una parte crescono i bisogni e
le angosce e le domande dei popoli,ma che, dall’altra parte, simmetricamente,si riducono i
poteri dei governi, che contano sempre di meno.
Chi fa come se niente fosse, come se questo non fosse, fa solo propaganda.
Anche per questo (non solo per questo) sappiamo che il grosso degli interventi che i governi 80
possono fare per l’economia (i)non passa attraverso i bilanci pubblici, già troppo ingombranti
ma, (ii) si può fare soprattutto a costo zero, permettendo che l’economia (ri)acceda al credito,
che si (ri)organizzi, creando spazi di libertà, concedendo effetti di tregua e di moratoria
legislativa, etc.
In particolare, la messa in sicurezza del debito pubblico, che si può e deve fare con il
“COMPRA-ITALIA”, se non ci porta nel paese diBengodi (deve infatti restare fermo il
vincolo al pareggio di bilancio), produce comunque un triplice dividendo:
- una significativa riduzione della spesa per interessi;
- uno stop alla fuga dei capitali verso l’estero;
- una piattaforma per rilanciare l’economia, dato che da sempre lo sviluppo e la crescita si
fanno solo su basi di stabilità e di certezza, rimuovendo all’opposto le cause opposte
negative di incertezza e di angoscia.
In aggiunta va notato che, se si mantiene l’obiettivo europeo del pareggio di bilancio (un
obiettivo che si ripete si può e si deve mantenere), il debito pubblicoitaliano si riduce
automaticamente, se pure molto lentamente, attraverso la progressione di crescenti avanzi
primari (più entrate rispetto alle uscite, esclusa la spesa per interessi). Tutto ciò non è
sufficiente, ma è comunque necessario.
Detto questo sul pareggio di bilancio, oggi dobbiamo tuttavia constatare che, in piena
recessione economica, ogni eccesso di stretta fiscale produce anche effetti “boomerang”,
opposti a quelli voluti con il rigore: non più entrate, ma meno entrate!
Come si diceva nel ‘700, ai tempi dell’ “Ancien Régime”: “la pecora si tosa, non si sgozza”.
Dunque oggi, vedendo questa situazione, possiamo osare dire che:
(a) l’allentare un po’ i cordoni della borsa e, cosa non meno importante, il ridurre un po’ il
clima di paura fiscale;
(b) può anche esserenell’interessedel fisco stesso; può essere un investimento da fare,
se pure con estrema prudenza e caso per caso.
In sintesi :
A) conteggiando la minore spesa per interessi, derivante dal “COMPRA-ITALIA” +un po’
di maggiori future entrate da conseguente stabilizzazione economica e da crescita+il 81
recupero da evasione fiscale + la nuova tassazione bancaria sui profitti da attività di
speculazione finanziaria e da attività fatta nei paradisi fiscali+ i risparmi di spesa
pubblica derivanti dall’applicazione dello standard medio europeo per servizi e
compensi pubblici, etc. + il minore debito pubblico derivante all’Italia dal diverso calcolo
per gli aiuti europei;
B) nell’arco ordinario della prossima legislatura si può stimare “manovrabile” a vario
titolo un portafogliocomplessivo compreso tra 30 e 50miliardi di euro.
Un portafoglio che può essere via via utilizzato per riduzione fiscale, per finanziare tanto i
non onerosi incentivi fiscali di cui sopra, quanto le modeste ipotesi di incremento di
spesa pure fatte sopra (tipo 7 per mille, ad esempio).
Il tutto comunque sotto il vincolo (i) della imprevedibilevariabilità dello scenario
economico in cui si trova l’Italia, e (ii) assumendo l’impegno a chiedere, prima di ogni
specifica manovra, pareripreventivi di congruità, tanto alle autorità contabili interne
quanto alle autorità europee.
Per ogni vostro commento, GRAZIE!