giovedì 30 settembre 2010

REPLICA DI BERLUSCONI: IMPEGNATI A RIFORMARE IL PAESE

BERLUSCONI: Impegnati a riformare il Paese
Riportiamo il discorso di replica di Silvio Berlusconi alla Camera dei deputati

Signor Presidente, signori deputati,

ho seguito con attenzione i numerosi interventi e ringrazio tutti i deputati che hanno portato un contributo costruttivo, di cui certamente faremo tesoro. Ho ascoltato, ovviamente, anche le critiche provenienti dall’opposizione e devo dire che mi sono sembrate ispirate dalla volontà di negare, sempre e comunque, quanto di positivo è stato fatto, perfino quando l’azione positiva del nostro Governo è stata riconosciuta da organismi internazionali e certamente super partes come il Fondo monetario internazionale, l’OCSE, la Banca centrale europea e la Commissione dell’Unione europea.





Si tratta di giudizi agli atti che hanno costantemente promosso le manovre con cui il Governo italiano ha gestito i vari momenti della lunga crisi economica, consentendo all’Italia di mettere alle spalle il picco negativo di questa crisi in condizioni migliori di quasi tutti gli altri Paesi europei e soprattutto, aggiungo, di quei Paesi che sono stati costretti a immettere enormi quantità di denaro pubblico nel settore bancario per evitarne il tracollo, con un forte aumento del debito pubblico. Questo non è certamente un merito del nostro Governo. Per fortuna, le nostre famiglie italiane, che posseggono per l’85 per cento la proprietà della casa, hanno la propensione al risparmio e questo fattore ha dato, alle nostre banche e al nostro sistema bancario, una solidità superiore a quella di tutti gli altri sistemi bancari europei





Come già affermato questa mattina, il nostro Governo ha saputo evitare l’errore di contrastare la crisi aumentando in deficit la spesa pubblica, nell’illusione che l’aumento della domanda potesse far ripartire l’economia. Ciò è confermato da numerosi dati, compresi quelli più recenti sul debito aggregato dei Paesi europei. Si tratta di un indicatore di affidabilità e di solidità economica nuovo e proprio io, in qualità di Presidente del Consiglio italiano, nella penultima riunione del Consiglio dei Capi di Stato e di Governo, ho insistito per introdurlo come modifica nel Trattato di Maastricht. È stato accettato e, pertanto, nel valutare un sistema economico non si guarderà soltanto al debito pubblico. Come sappiamo, abbiamo ereditato un debito pubblico che si è elevato anche ultimamente, perché con la diminuzione del PIL è aumentato il numeratore. Il debito pubblico, nella sua sostanza, è rimasto quello di prima, o con un aumento limitatissimo, ma il numeratore è aumentato come qualcuno dell’opposizione ha, con verità, ricordato.





Pertanto, al debito pubblico si dovrà aggregare anche il debito-risparmio dei privati. Poiché abbiamo la fortuna di avere magari uno Stato indebitato ma delle famiglie che sono in gran parte benestanti, a seguito di questa operazione risultiamo addirittura davanti a Paesi come la Gran Bretagna, la Francia, la Svezia e siamo secondi, in Europa, soltanto alla Germania. Questo è molto importante perché se avessimo continuato ad avere, come metodo di giudizio sul nostro Paese, soltanto il debito pubblico saremmo incorsi in pesanti sanzioni da parte dell’Europa.





Tutto quello che ho affermato comporta che, nonostante la forte tempesta economica, abbiamo saputo tenere dritta la barra e abbiamo saputo mettere in sicurezza i conti pubblici, garantendo la coesione sociale in una fase di difficoltà per l’occupazione. Tutto questo, voglio sottolinearlo ancora una volta, è avvenuto senza mettere mai, neppure una volta, le mani nelle tasche degli italiani

Fra le numerose critiche ispirate dal pregiudizio mi ha colpito quella sul finanziamento futuro degli ammortizzatori sociali, tesa a presentare l’immagine falsa di un Governo che promette senza mantenere la parola.



Quella critica è del tutto infondata, in quanto nel piano triennale predisposto dal Ministro del Welfare, Sacconi, è chiaramente indicato con estrema puntualità come saranno rifinanziati gli ammortizzatori nei prossimi tre anni. A differenza dei Governi del passato, soprattutto di quelli egemonizzati dalla sinistra, lo ripeto, mantenere le promesse è per noi una questione morale. Questa è la nuova etica che abbiamo portato in politica (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia - Partito Liberale Italiano). Quindi, la crisi economica (anche qui mi si fanno dire cose che non ho mai detto) non è completamente superata: ne stiamo venendo fuori, il picco è alle nostre spalle





Guardate, non dovreste nemmeno voi essere contenti del sistema e dovremmo tutti essere scontenti del sistema ormai generale della stampa italiana di vedere riportate tra virgolette delle frasi che non si sono mai pronunciate e tanto meno pensate.

Ho detto che il modo migliore per venirne fuori, per mandare avanti la nave Italia, è che tutti remino nella stessa direzione, non solo le imprese, ma anche le forze sociali e in questi due anni, voglio ricordarlo, il Governo ha sempre consultato le forze sociali in ogni occasione, senza alcun pregiudizio verso qualcuna di loro Non abbiamo mai fatto discriminazioni, mentre si sono verificate delle autoesclusioni a volte, da un confronto che ha consentito risultati largamente positivi, non solo sul piano dei rinnovi contrattuali, ma anche su quello delle riforme, a cominciare dalla riforma delle pensioni che è stata condotta in porto senza neppure un’ora di sciopero ed è considerata tra le migliori, se non la migliore riforma in assoluto, in Europa Ci è stato rimproverato anche di aver dimenticato l’emergenza della disoccupazione giovanile, invece abbiamo ben presente il problema. Il Governo ha già lavorato su questo fronte con gli ammortizzatori sociali per i contratti atipici e con le iniziative di sostegno alle nuove imprese.





Ci prepariamo ad affrontare il problema in autunno con un pacchetto di nuove iniziative che concretizzeranno i precisi impegni assunti nel programma, come ad esempio l’introduzione del prestito d’onore Ma nei prossimi tre anni intendiamo dare seguito anche agli altri obiettivi del programma per i giovani come la tassazione agevolata per le imprese giovanili di nuova costituzione, come l’introduzione del credito di imposta per le imprese che trasformano contratti temporanei in contratti a tempo indeterminato Come la piena totalizzazione dei periodi contributivi per garantire ai giovani di oggi una pensione più giusta domani.





Per quanto riguarda l’andamento dell’economia, di mese in mese le statistiche sono in costante miglioramento. Fino a pochi mesi fa si prevedeva per l’Italia una ripresa dello «zero virgola», ma questa mattina il Consiglio dei Ministri ha esaminato la cosiddetta decisione di finanza pubblica che stima una crescita dell’1,2 per cento per il 2010 e dell’1,3 per il 2011 È vero, si tratta di una crescita inferiore a quella tedesca e a quella di altri Paesi, ma questo dipende da alcuni fatti: in quei Paesi nessuno si è mai sognato di bloccare per trent’anni la costruzione di nuove autostrade, né di impedire la costruzione di centrali nucleari come purtroppo è accaduto in Italia ad opera dei partiti ispirati dall’ideologia ambientalista Inoltre, nessuno ha consegnato agli attuali Governi di quei Paesi un debito pubblico che è, come il nostro, più del doppio di quello di quei Paesi e per il cui servizio per gli interessi passivi paghiamo delle somme pari al 5 per cento del PIL, tutte somme che avremmo potuto destinare alla realizzazione di infrastrutture Nella seconda metà della legislatura intendiamo andare oltre l’emergenza e la crisi e sviluppare nel senso di radicali e profonde riforme le premesse che abbiamo consolidato in questi primi due anni e mezzo. Noi siamo convinti che il Paese non ha solo bisogno di menagement, ossia il "Governo del fare"...

ma anche di visione, di concordia, di ottimismo, di slancio nel perseguimento di obiettivi ambiziosi di crescita economica e civile come vuole tutta l’Italia mentre si accinge a celebrare i centocinquanta anni della sua unità.





Onorevoli colleghi, sono certo che nessuno della nostra maggioranza verrà meno all’impegno d’onore assunto con gli elettori al momento del voto, impegno che verrà ribadito oggi con il voto di fiducia.

Mi aspettavo e mi aspetto ancora, invece, qualcosa di più dall’opposizione Un grande partito di centro come l’Unione di Centro, un grande partito di sinistra democratica come il Partito Democratico hanno - secondo me - il dovere politico e morale di dare una risposta all’altezza della gravità e dell’importanza del momento Se non lo faranno, se continueranno a limitarsi agli slogan, ai tatticismi, ai sarcasmi magari gratuiti ed infondati, se insomma faranno prevalere ancora una volta la tattica e non la responsabilità nazionale verranno meno al grande compito di un’opposizione democratica Mi auguro che non sia così. Mi auguro ancora di sentire nelle dichiarazioni di voto le parole alte che il Paese, non il Governo, si attende. Ringrazio anche quei parlamentari moderati che hanno avuto sensibilità ed attenzione per le mie parole scegliendo di privilegiare la stabilità e le riforme per il bene dell’Italia Vorrei dare anche una risposta decisa alle accuse che ci sono venute di compravendita di parlamentari Il Presidente del Consiglio si è permesso di telefonare ad una parlamentare che dalle fila del Popolo della Libertà è passata all’Unione di Centro, la parlamentare non ha risposto perché era in partenza per la Russia in missione con altri parlamentari, il Presidente del Consiglio non ha reiterato la telefonata.





All’interno dell’Unione di Centro si è determinata una scissione di alcuni parlamentari che non si sono riconosciuti nella linea di quel partito.

Quei parlamentari si sono recati tempo fa da un notaio, hanno costituito un nuovo partito, il Presidente del Consiglio è stato portato a conoscenza di questo accadimento soltanto qualche giorno fa e questi parlamentari, se daranno il loro voto oggi, non hanno chiesto e non avranno nessun premio né di sottosegretari né di altro È veramente paradossale che quando qualcuno dei parlamentari, e sono tanti, eletti nelle fila del Popolo della Libertà passi in altri partiti questo sia eticamente valido ed anche esteticamente plaudibile, e invece quando qualche altro parlamentare, anche con la coscienza di vedere la situazione del Paese, decide di votare per il Governo questo si voglia vendere come calcio mercato, come compravendita di parlamentari. È veramente una cosa inaccettabile e paradossale Noi non ci siamo mai fermati. Personalmente il Presidente del Consiglio ha lavorato anche per il carico di lavoro che aveva per il suo interim al Ministero dello sviluppo economico tutto il mese di agosto, esaminando decine di crisi aziendali, intervenendo per la soluzione di queste crisi, firmando più di trecento decisioni del Ministero dello sviluppo economico Noi non ci siamo mai fermati, ma sappiamo bene che da oggi dovremo completare tutte le riforme con il concorso di tutti i parlamentari responsabili e di tutti coloro - e li ringrazio - che, in qualunque schieramento eletti, metteranno l’interesse del Paese davanti all’interesse di una fazione.





Abbiamo molto da fare per completare le tante cose che abbiamo già fatto. Con l’aiuto e la collaborazione del Parlamento, con l’impegno di tutti i ministri e di tutti i sottosegretari, che ringrazio per il loro impegno, sono certo che ce la faremo. Per l’Italia si può aprire una grande stagione di crescita e di riforme nella sicurezza e nella libertà. È nell’interesse del Paese, quindi, che sono oggi opportune una franchezza e una limpidità assolute: o un sì o un no. È, pertanto, a nome del Governo che pongo la questione di fiducia sull’approvazione delle identiche risoluzioni

mercoledì 29 settembre 2010

IL DISCORSO DEL PREMIER ALLA CAMERA DEI DEPUTATI

BERLUSCONI: Governare nell'interesse del Paese

Riportiamo il  discorso del Presidente Silvio Berlusconi pronunciato alla Camera dei deputati il 29 settembre 2010

Signor Presidente,

Signori Deputati

Oggi il governo che ho l’onore di presiedere si rivolge al Parlamento, che è il luogo in cui la sovranità popolare trova la sua più alta espressione ed il suo più alto esercizio. La democrazia nasce con le libere elezioni, e vive con i parlamenti. Non vi può essere né autentica democrazia, né buongoverno, se il parlamento non è libero e forte.

I governi democratici traggono la loro capacità di agire per il bene della nazione dal consenso sempre rinnovato dei rappresentati del popolo. Tra parlamento e governo non vi può mai essere contrapposizione, ma vi deve essere un’armonica simbiosi, nella distinzione dei ruoli e delle funzioni che la nostra Carta costituzionale assegna ad ognuno.

Questa è la mia profonda convinzione, questo è lo spirito con il quale mi rivolgo ad ognuno di voi.

Nel maggio di due anni fa, nel chiedervi il voto per la fiducia al nuovo governo, affermai che il lavoro che ci aspettava per ridare slancio all’Italia richiedeva ottimismo e determinazione.

Avevo visto bene.

In virtù della netta espressione della volontà popolare del 2008, per l’Italia si apriva finalmente una stagione di grandi speranze e di auspicate e necessarie riforme.

Gli elettori hanno raccolto e premiato il nostro comune appello a rendere più chiaro il panorama politico, a rendere più stabile e più efficiente il governo del Paese.

Con il voto del 2008 è stata ridotta drasticamente la frammentazione politica, è stata scelta con nettezza una maggioranza di governo e un’opposizione, ciascuna con la propria leadership.

Più del 70 per cento dei suffragi si è infatti concentrato sui due maggiori partiti, il Popolo della libertà e il Partito Democratico. Si è trattato della prima grande riforma voluta e certificata dal popolo nel segno di un bipolarismo maturo, con il riconoscimento reciproco tra avversari e teso a mandare definitivamente in archivio le pratiche della vecchia politica. Sia il mio discorso di presentazione del Governo alle Camere, sia il discorso del leader dell’opposizione, pur nelle fisiologiche e necessarie distinzioni, ebbero un comune denominatore: quello della responsabilità di fronte all’Italia e agli italiani. Si apriva un varco per quello spirito riformatore più volte auspicato in questi anni anche dal Capo dello Stato.

L’allora leader del Partito democratico, onorevole Veltroni, citò una riflessione di uno dei Padri Costituenti, Piero Calamandrei, che personalmente condivido in tutte le sue parti, mentre altri ne ricordano sovente soltanto la prima. Diceva Calamandrei: “Il regime parlamentare non è quello dove la maggioranza ha sempre ragione, ma quello dove sempre hanno diritto di essere discusse le ragioni della minoranza. Quest’ultima, a sua volta, deve avere rispetto per la legittimità elettorale della maggioranza e la legittimità costituzionale del Governo”.


Da qui, credo, si dovrebbe ripartire per dare un senso compiuto a questa legislatura che, negli auspici di molti, era considerata "costituente". E dovremmo farlo senza compromessi al ribasso, assumendoci ciascuno la nostra parte di responsabilità, praticando il rispetto dell’avversario al posto della faziosità. Lo dissi il 25 aprile 2009 ad Onna, martoriata dal terremoto e ancora memore dell’eccidio nazista, e lo ripeto oggi. Dovremmo lasciarci definitivamente alle spalle i residui di una Guerra Fredda che ancora oggi divide troppo spesso il Paese in schieramenti ideologici e non in legittime contrapposizioni democratiche. Questo purtroppo non è successo. L’Italia, unico Paese d’Occidente, sembra rimanere vittima di un passato che non passa.

C’è stata invece un’opposizione preconcetta e distruttiva, che qualche forza politica ha spinto fino al linguaggio intriso di odio continuo, sistematico e violento.

In giro vedo, e sento, ancora troppo odio, e la storia – anche quella recente - ci ha insegnato che spesso l’odio ha armato la mano dell’eversione. E poiché i segnali di intolleranza politica o addirittura di violenza si sono moltiplicati negli ultimi mesi, tutti dovremmo esserne consapevoli e preoccupati.


E’ assolutamente, assolutamente indispensabile dunque, ritessere il filo della coesione nazionale. Siamo chiamati tutti a obbedire all’imperativo del bene comune che dà nobiltà alla politica e toglie legittimità ai rancori personali.

Ho apprezzato lo spirito unitario con cui questo Parlamento ha dato sempre unanime sostegno ai militari impegnati nelle missioni all’estero, che sono il fiore dell’Italia migliore. Sento il dovere di rivolgere un commosso saluto al tenente Alessandro Romani, la trentesima vittima italiana in Afghanistan, dove i nostri soldati stanno tenendo alta con eroismo e grande professionalità la nostra bandiera e la bandiera della libertà di tutti i popoli che vogliono vivere in pace e in democrazia. A loro va il nostro sostegno, la nostra solidarietà, il nostro ringraziamento.

E’ necessario guardare avanti con realismo e con saggezza.

A questo fine dopo un breve accenno ai risultati dell’azione del governo in questi primi due anni, mi soffermerò sui principali obiettivi che intendiamo realizzare nella restante parte della legislatura.

Lo farò senza eludere i nodi politici che, a mio avviso, hanno determinato l’attuale situazione e senza esimermi dall’affrontare le ragioni che hanno concorso a produrre una lesione nei rapporti interni alla maggioranza che nel 2008 ha ricevuto dagli elettori il mandato di governare.

Partirò dunque dal rendiconto di ciò che abbiamo fatto.

Credo si debba oggettivamente formulare un giudizio largamente positivo su ciò che il governo ha realizzato nel corso di questi primi due anni, a cominciare dai risultati ottenuti sul fronte della crisi economica.

Avevamo avvertito, già durante la campagna elettorale, che si annunciavano tempi difficili anche per la nostra economia. Non ci siamo trovati dunque impreparati di fronte al precipitare della crisi. Nessuno tuttavia poteva pensare che essa sarebbe stata così grave e così profonda.

Ho ripetuto più volte e lo ribadisco anche oggi, che l’Italia pur partendo da gravi difficoltà, a cominciare dal suo enorme debito pubblico, ha affrontato questa crisi attraverso misure e provvedimenti che sono stati giudicati efficaci da tutti gli organismi internazionali.

Potrei anche dire che ha affrontato la crisi meglio di altri Paesi. Non è solo per merito del governo. Se questo è avvenuto lo si deve a tanti fattori, fra cui il modello economico italiano fondato sul tessuto delle piccole e piccolissime imprese, fondato sul ruolo sociale svolto dalle famiglie e da una rete di oltre 8000 comuni, fondato su un sistema bancario reso sano e solido dalla alta propensione al risparmio degli italiani, e assistito da un modello di garanzie e ammortizzatori sociali che ha retto bene di fronte alla crisi di molte aziende.

Il governo ha il merito di avere sostenuto questa realtà positiva, e di non aver compiuto l’errore, che molti governi invece hanno commesso, di aumentare in deficit la spesa pubblica, nell’illusione che l’aumento della domanda avrebbe fatto ripartire l’economia.

L’Italia aveva bisogno di rigore e credibilità. Lo abbiamo fatto tenendo in ordine i conti pubblici e nello stesso tempo salvaguardando i redditi delle famiglie e dei lavoratori colpiti dalla crisi.

E’ stata la scelta giusta.

Ha consentito di superare la crisi e di non farci trovare nelle condizioni in cui si sono trovati altri Paesi europei alle prese con deficit pubblici giudicati non sostenibili dai mercati finanziari e quindi esposti ad attacchi speculativi.

Abbiamo evitato licenziamenti di massa e, con essi, il depauperamento del capitale umano delle nostre imprese.

Abbiamo tutelato i lavoratori maggiormente colpiti dalla crisi ampliando e rendendo più flessibile lo strumento della cassa integrazione.

Abbiamo esteso le garanzie previste dagli ammortizzatori sociali ai lavoratori subordinati sospesi dal lavoro per crisi aziendali ed anche a quei lavoratori che fino ad allora non erano tutelati come gli apprendisti, gli interinali e i lavoratori a domicilio.

Voglio anche ricordare che in occasione della drammatica crisi che ha colpito la Grecia, e che poteva coinvolgere gravemente l’euro, il nostro Paese ha saputo svolgere una funzione decisiva a difesa della stabilità della moneta europea e della sua stessa costruzione.

In questa circostanza, è emersa con chiarezza la necessità di rafforzare l’unità politica dell’Europa, a partire da una politica economica comune, da una politica estera comune e da una comune politica della difesa europea.

Il governo ha ottenuto in questi due anni risultati certamente positivi anche in altri ambiti: dalla lotta alla criminalità organizzata, al controllo dell’immigrazione clandestina, dalla risposta immediata ed efficace ad ogni emergenza, alla gestione di tante crisi aziendali, dalla riforma della pubblica amministrazione e della sua digitalizzazione a quella della scuola e dell’università, dal varo di un piano per l’energia nucleare all’avvio del federalismo, dalla riforma delle politiche di bilancio alla tanto attesa riforma delle public utilities, dalla semplificazione normativa e amministrativa alla riforma delle pensioni e all’abolizione dell’Ici sulla prima casa.

Questi sono alcuni dei successi più evidenti conseguiti dal nostro Governo.

Per quanto riguarda la politica estera possiamo dire con orgoglio che l’Italia, finalmente, svolge un ruolo da protagonista sulla scena internazionale dimostrandosi punto di riferimento per le regioni di crisi e di tensione.

Oltre a una intensa attività prettamente diplomatica, è stata attuata una precisa strategia di diplomazia commerciale che ha accompagnato le aziende italiane sui mercati internazionali e ha creato importanti opportunità di forniture e di lavoro.

Operiamo per garantire la sicurezza globale, europea ed atlantica, sostenendo attivamente i processi di disarmo e non proliferazione in ogni regione del mondo. Vorrei citare non solo la rivitalizzazione del processo di Pratica di Mare ma anche e soprattutto l’incoraggiamento nei confronti dell’amministrazione americana e della amministrazione russa a riprendere le relazioni che si erano pericolosamente affievolite negli ultimi mesi della amministrazione repubblicana al fine di pervenire alla firma del nuovo trattato START per la riduzione degli arsenali nucleari.

Innanzi alle Nazioni Unite l’Italia si è qualificata per una decisa azione per la difesa della vita, della libertà religiosa e di coscienza e la difesa dei diritti delle donne come fondamentali tra i diritti umani.

La centralità della persona e la difesa del valore della vita rappresentano, d’altro canto, un fondamentale asse di orientamento della nostra azione di governo.

Crediamo che sia arrivato anche il momento di dare attuazione all’agenda bioetica e al “piano per la vita” perché il nostro Paese deve saper guardare al futuro e non c’è mai vero e duraturo sviluppo economico se non c’è sviluppo demografico, speranza e voglia di costruire il domani per i nostri figli.

Onorevoli colleghi,

veniamo ai cinque punti del programma:

il federalismo fiscale, la riforma tributaria, la riforma della giustizia, la sicurezza dei cittadini e l’immigrazione e infine, da ultimo ma non in ordine di importanza, il piano per il Sud.



Federalismo fiscale  Il federalismo fiscale è stato votato nel suo percorso parlamentare non solo dalla maggioranza, ma anche da quasi tutte le forze di opposizione, e non prevede la benché minima ipotesi di divaricazione tra Nord e Sud d’Italia. E’ vero semmai il contrario, perché il federalismo rigoroso e solidale, a regime, sarà la cerniera unificante del Paese, e un vantaggio per tutte le aree dell’Italia, soprattutto per il Mezzogiorno.

Oramai è infatti dimostrato in ogni nazione moderna come l’attuazione di un vero, moderno federalismo rafforzi le ragioni dello stare insieme nella collettività nazionale.

Il principio di sussidiarietà, sul quale si basa il nostro ideale federale di Popolari europei, è d’altronde il principio ispiratore delle grandi aggregazioni fra i popoli della nostra epoca, prima fra tutte l’Unione Europea, ed è logico e coerente che esso debba trovare piena applicazione anche nel nostro ordinamento nazionale.

Attuare il federalismo significa crescere tutti insieme, valorizzando quanto vi è di meglio in ogni realtà regionale e locale.

Ovunque il federalismo sia stato attuato a beneficiarne sono state maggiormente le aree che erano meno sviluppate. Lo stesso avverrà in Italia.

Attuare il federalismo significa rafforzare lo Stato. Uno Stato federale è infatti più forte di uno Stato centralizzato, perché non dovendo svolgere tutte quelle funzioni che spettano alle entità federate è maggiormente in grado di assicurare le sue funzioni essenziali, come ad esempio la politica estera, la difesa, la giustizia, l’istruzione e la ricerca, le grandi reti infrastrutturali.

Gli esempi degli Stati Uniti d’America o della Germania lo dimostrano chiaramente.

La legge delega è stata approvata dal Parlamento il 29 aprile del 2009 e con i decreti attuativi si sta rivoluzionando il sistema dei trasferimenti delle risorse pubbliche tra lo Stato e gli Enti locali.

Il nuovo sistema non sarà più basato sulla spesa storica dei vari servizi, che obbliga lo Stato a rifinanziare tutte le spese, sprechi compresi, ma sui costi standard ritenuti necessari per fornire ai cittadini i servizi fondamentali, a partire dalla Sanità.

Con il federalismo fiscale gli Italiani dovranno poter usufruire di servizi pubblici di uguale livello e qualità in tutto il territorio nazionale, e i Comuni saranno coinvolti nell’accertamento dei redditi dei contribuenti per combattere l’evasione fiscale.

Gli amministratori dovranno operare con la massima trasparenza e dare conto ai loro amministrati di come spendono i soldi delle imposte.

Gli Enti locali godranno dunque di una maggiore autonomia fiscale: la cedolare secca sugli affitti, appena introdotta con uno dei primi decreti attuativi, risponde appunto a questa impostazione.

Il federalismo fiscale non comporterà maggiori costi per lo Stato e sarà attuato senza alcun aggravio della pressione fiscale complessiva, che sarà anzi destinata a diminuire progressivamente, in ragione sia della diminuzione degli sprechi, sia del restringersi dell’area dell’evasione fiscale.


Dall’attuazione del Federalismo nascerà una nuova Italia, l’Italia delle autonomie più attente e vicine alle reali esigenze dei cittadini. Un’Italia della responsabilità a fondamento di un nuovo patto nazionale. La realizzazione del nuovo assetto avverrà attraverso la valorizzazione di tutte le autonomie ordinarie, degli enti locali e nel rispetto delle autonomie speciali con l’impegno di salvaguardarne la peculiarità.

Con questa riforma viene a compimento una delle missioni per le quali ci siamo impegnati in questi anni e che ha rappresentato uno dei pilastri della coalizione alla quale gli italiani hanno dato la responsabilità di governare il Paese.

La riforma fiscale per la crescita

L’obiettivo della maggioranza di governo è ridurre la pressione fiscale e disboscare la grande giungla di un sistema fiscale che è praticamente rimasto invariato nelle sue parti fondamentali fin dalla riforma dei primi Anni Settanta.

Tenendo conto delle esigenze e delle compatibilità del bilancio pubblico, sulla base della lotta all’evasione fiscale e del dividendo della crescita, senza creare ulteriore deficit, il Governo intende pervenire entro la legislatura al varo di norme che consentano una graduale riduzione della tassazione su famiglie, lavoro, ricerca.

Per le famiglie, soprattutto per quelle monoreddito delle fasce più deboli della popolazione, resta fondamentale l’obiettivo del quoziente familiare, che già si sta parzialmente sperimentando in una rete di Comuni tra cui la Capitale, con una revisione delle imposte locali e delle tariffe a favore dei redditi familiari, anche con un sostegno diretto alla libertà di educazione. Il sostegno alla famiglia e il riconoscimento del valore di ogni essere umano richiedono anche l’approvazione di norme a tutela della vita sulle quali esiste in questo Parlamento un consenso non limitato alle forze di governo.

Per le imprese si è già cominciato a ridurre il carico dell’Irap, attraverso la manovra economica e le misure per lo sviluppo nelle Regioni del Sud.

In determinati casi, le nuove iniziative imprenditoriali si vedranno ridurre a zero l’Irap. E’ un’ipotesi importante di fiscalità di vantaggio.

Ogni intervento sul fisco dovrà essere ovviamente supportato da una rigorosa analisi costi-benefici e dal consenso dell’Unione Europea, considerando che il debito pubblico che abbiamo ereditato resta superiore al prodotto interno lordo.

La riforma fiscale sarà dunque la chiave strategica per la crescita del Paese.


Giustizia

La riforma della Giustizia è una priorità per il Paese, e il Governo rivendica i risultati già ottenuti, come la normativa e il Codice antimafia, l’introduzione del reato di stalking, la riforma del processo civile e la digitalizzazione del sistema giustizia.

Ora, in ottemperanza del programma votato dagli elettori, intendiamo completare tutti gli altri punti.

Il nostro intendimento è quello di attuare una riforma complessiva della giustizia, sia civile che penale, con l’obiettivo di rendere più efficiente il servizio ai cittadini ed effettivo l’articolo 111 della Costituzione, affinché nel processo sia assicurata la parità tra accusa e difesa, per una maggiore tutela delle vittime e garanzia degli indagati.

Occorrerà intervenire sulla struttura del Csm con una riforma costituzionale che preveda due organismi separati, uno per i magistrati inquirenti e uno per i magistrati giudicanti, con il conseguente rafforzamento della separazione delle carriere. Occorrerà rafforzare, a maggior tutela dei cittadini, anche la normativa sulla responsabilità dei magistrati che sbagliano.

E’ all’esame del Parlamento la legge a tutela delle alte cariche dello Stato. La stessa Corte Costituzionale ha infatti riconosciuto che “il sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono alle alte cariche dello Stato costituisce un interesse apprezzabile che può essere tutelato in armonia con i principi fondamentali dello stato di diritto”.

La giustizia è un pilastro fondamentale dello Stato di diritto, l’uso politico della Giustizia è stato invece e continua ad essere un elemento di squilibrio tra ordini e poteri dello Stato, ed è dovere della politica ristabilire il primato che le viene non dai privilegi di casta, ma dalla volontà popolare.

Spetta al legislatore fare le leggi, spetta ai magistrati applicarle, ovvero amministrare la giustizia.

Negli ultimi sedici anni questo equilibrio è stato in troppi casi alterato.

Vi è poi il tema della ragionevole durata dei processi, che per la loro lentezza rappresentano una delle piaghe della giustizia italiana, sofferta da tutti i cittadini.

I nove milioni di processi pendenti per cui l’Italia è il Paese più condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo sono un macigno che dovremmo tutti voler rimuovere.

Il governo presenterà a breve un piano straordinario per lo smaltimento delle cause civili pendenti, e a ciò si aggiungerà l’attuazione della delega in tema di semplificazione dei riti del processo civile, la riforma della magistratura onoraria e la riforma delle professioni.

Anche per questo riteniamo indifferibile un ulteriore aumento delle risorse per la Giustizia.

Stiamo procedendo anche all’attuazione del piano carceri che consenta l’applicazione integrale dell’articolo 27 della Costituzione quanto alla umanità della pena ed alla rieducazione del detenuto.

Non vanno ovviamente dimenticati i molti provvedimenti legislativi in corso di approvazione in tema di diritto sostanziale per meglio contrastare la criminalità, in particolare quello contro i fenomeni di corruzione.



Sicurezza

Con il pacchetto sicurezza il Governo italiano si è dotato della normativa antimafia più efficace al mondo per contrastare gli interessi economici della criminalità organizzata.

Mai nella storia della Repubblica sono stati inferti così tanti colpi alla mafia e a tutta la criminalità organizzata.

In due anni e quattro mesi sono stati sequestrati alle organizzazioni criminali più beni mobili ed immobili per un valore

complessivo superiore ai 16 miliardi di euro. Le confische hanno già raggiunto un valore di 3 miliardi. Gli arresti di presunti mafiosi, attraverso più di 600 azioni delle forze dell’ordine, sono stati ad oggi 6.580, tra cui 27 dei 30 latitanti ritenuti più pericolosi.

Sono risultati senza precedenti, ottenuti grazie all’impegno e alla determinazione politica del Governo, dei magistrati e delle forze dell’ordine che hanno operato in perfetta sinergia con l’esecutivo dando prova che esiste una grande squadra chiamata Stato.

La maggioranza intende continuare questa lotta senza tregua alla criminalità organizzata, anche destinando al Ministero dell’Interno, al Ministro della Giustizia e alle forze dell’ordine una parte delle somme del Fondo unico di giustizia derivanti dal sequestro dei beni alla mafia.

Tra le misure che hanno consentito una svolta cruciale nel contrasto al fenomeno mafioso, spiccano:

l’inasprimento del carcere duro del 41 bis, così da impedire ai boss di continuare a dare ordini dal carcere e di godere del gratuito patrocinio;

il reato di associazione mafiosa che è stato esteso anche alle organizzazioni criminali straniere;

l’aumento di 30 milioni di euro del Fondo per le vittime dei mafiosi;

il divieto di partecipazione alle gare per gli appalti pubblici per gli imprenditori che non denunciano le estorsioni.



Il Governo conferma anche il suo fortissimo impegno nella lotta alla criminalità comune.

L’azione dei Carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza, e di tutte le altre forze dell’ordine, sta dando grandi risultati, come dimostrano i dati relativi agli arresti, alle denunce e ai sequestri. Particolarmente significativo il risultato di un’accresciuta "sicurezza percepita", anche grazie all’operazione "Strade sicure" e al cosiddetto "modello Caserta" che vedono il coinvolgimento delle Forze Armate molto apprezzato dai cittadini nei quartieri più a rischio delle nostre città.

Anche sul fronte dell’immigrazione clandestina questo Governo ha ottenuto grazie alla politica dei respingimenti e degli accordi internazionali, un grande risultato. Abbiamo ridotto dell’88 per cento gli sbarchi di clandestini che sono passati dai 29mila del 2008-2009 ai 3.500 dell’ultimo anno.

Intendiamo proseguire nell’azione già intrapresa ed intendiamo anzi intensificarla favorendo nel contempo l’integrazione degli immigrati regolari.


Mezzogiorno

Il Sud ha bisogno di regole, di rispetto delle regole e di un’adeguata dotazione di infrastrutture materiali e immateriali. Il Piano per il Sud dovrà rispondere parallelamente a queste fondamentali esigenze.

Dal 2002 al 2009, su un valore di opere approvate dal Cipe e già cantierate, pari a circa 68 miliardi di euro, sono stati triplicati gli interventi nel Mezzogiorno.

Nei prossimi tre anni saranno investite nel Mezzogiorno le risorse per circa 21 miliardi di euro (pari al 40% degli investimenti complessivi in tutt’Italia), raggiungendo nel 2013 alcuni risultati importanti come ad esempio: il completamento dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria; il sostanziale avanzamento di opere quali l’autostrada Telesìna; l’asse autostradale Ragusa – Catania, la superstrada Ionica 106 e il raddoppio della superstrada Agrigento-Caltanisetta; le statali Olbia – Sassari e Carlo Felice; la rete metropolitana campana.

Entro dicembre sarà pronto il progetto esecutivo del Ponte sullo Stretto di Messina che si inserisce nella realizzazione del corridoio Berlino-Palermo e che prevede l’alta capacità sino a Palermo. Sono iniziati i primi lavori sulla costa calabrese e prossimamente partiranno quelli sulla costa siciliana. Sono anche in corso i lavori dell’asse ferroviario Napoli – Bari, dell’asse ferroviario Battipaglia – Reggio e del nodo ferroviario di Bari.



Nel Mezzogiorno miglioreremo i servizi del trasporto regionale ferroviario e ciò grazie alle risorse assegnate lo scorso anno e a quelle dell’acquisto di nuovi treni tutti da immettere nel Sud Italia.

Voglio sottolineare che tutte le nostre strategie di contrasto alla criminalità organizzata vanno considerate come il primo pilastro del Piano per il Sud perché la liberazione definitiva del territorio dalla morsa della criminalità organizzata è il presupposto indispensabile per lo sviluppo del nostro Mezzogiorno.

Ricordo tra i tanti provvedimenti in progetto:

la Banca del Sud, in collaborazione con le Poste e con il sistema delle cooperative, per il finanziamento delle piccole realtà imprenditoriali;

i Fondi europei per le aree sottoutilizzate concentrati su grandi iniziative strategiche;

l’individuazione di zone franche urbane per nuove imprese come strumento di contrasto alla disoccupazione;

e infine, come ho già anticipato, il Federalismo fiscale che sarà la riforma che metterà il Sud d’Italia alla pari del Nord nella qualità e nell’efficienza dei servizi pubblici, senza più sprechi nei costi tripli o quadrupli a causa di connivenze e infiltrazioni della criminalità nella gestione del denaro pubblico.


Oltre alla fiscalità di vantaggio per il Sud, abbiamo avviato delle serie misure di lotta contro il lavoro irregolare, per favorire l’occupazione dei giovani, soprattutto nelle Regioni meridionali. Le misure poggiano su due pilastri: la semplificazione dei rapporti di lavoro e un maggiore controllo sui comportamenti che mettono a rischio l’incolumità dei lavoratori. Nel 2009, gli ispettori dell’INPS hanno controllato 100.591 aziende e nel 79% dei casi sono state riscontrate delle irregolarità. Le verifiche sono proseguite nel 2010 con un piano straordinario, concentrato specialmente in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia.

Questi cinque punti non sono un elenco di riforme tra loro disgiunte: sono i capisaldi di un’unica strategia-Paese il cui fine è quello di rafforzare le nostre istituzioni, la nostra economia, il nostro territorio, il nostro tessuto sociale in modo che l’Italia esca da questa crisi mondiale più competitiva e pronta a vincere la sfida della nuova globalizzazione.

Questa strategia e questi capisaldi hanno come obiettivo la crescita economica e come fondamento irrinunciabile il rigore delle nostre finanze pubbliche, nella consapevolezza che non vi può essere crescita duratura ed equa senza stabilità dei conti pubblici. Dobbiamo essere chiari con i nostri cittadini: non esiste una scelta tra rigore e crescita, l’uno tiene l’altra e viceversa. Il deficit pubblico non crea crescita ma solo diseguaglianza e povertà delle generazioni future.



Questi 5 capisaldi devono essere declinati in missioni che creino il contesto economico necessario a potenziare i motori della crescita attraverso una più efficace integrazione del nostro sistema produttivo nel flusso del commercio internazionale. Solo così le buone intenzioni e le ricette teoriche si tradurranno in vero e concreto sviluppo del Paese.

Questo significa, per cominciare, favorire la crescita dimensionale delle nostre imprese e sostenerle più efficacemente nel loro sforzo di internazionalizzazione.

Questo significa semplificare il lavoro delle nostre aziende liberandole dall’enorme massa di regole, spesso contraddittorie, che rappresentano il primo vero svantaggio competitivo, fabbricato tutto in casa, prima ancora di doversi confrontare con gli inevitabili ostacoli in terre straniere.

Significa completare la riforma liberale, che annunciammo sin dalla nostra discesa in campo, assicurando che il principio fondamentale del "tutto è consentito tranne ciò che è vietato" sia applicato con chiarezza e trasparenza anche nel nostro Paese.

Significa superare un sistema produttivo ancora fondato su un modello spesso anacronistico di relazioni sociali che ancora richiama un presunto conflitto capitale-lavoro.

Significa fornire i nostri cittadini e le nostre imprese di fonti di energia economicamente convenienti, rispettose dell’ambiente e che nel contempo riducano la pericolosa dipendenza energetica del nostro Paese. E la sola risposta oggi è il nucleare, una sfida che dobbiamo perseguire con convinzione e determinazione.

Significa potenziare in modo sostanziale il nostro sistema educativo, a partire dalla scuola, fino all’università e la ricerca. L’eccellenza della filiera educativa è imprescindibile in un paese in cui l’unica materia prima sono i nostri giovani. E se non siamo in grado di valorizzare i nostri figli il nostro sarà un Paese senza futuro.

Onorevoli colleghi,

ho anticipato che non intendo ignorare le questioni politiche che gravano sul governo e sul futuro del nostro Paese.

Siamo convinti che il nostro governo in questi due difficili anni abbia lavorato sodo con risultati ampiamente positivi.

Perché allora – è inevitabile porsi questa domanda -, nonostante questi risultati, sono sorte all’interno della maggioranza distinzioni e divergenze, che hanno condotto alcuni parlamentari del Pdl a formare un nuovo gruppo parlamentare?

Ho sempre sostenuto che, ferma restando l’intangibilità del programma di governo sottoscritto con gli elettori, tutto il resto si può dibattere e migliorare.

E’ evidente che un governo, dopo le elezioni, si può trovare alle prese con condizioni politiche e con problemi nuovi scaturiti da eventi imprevedibili, come quello ad esempio della crisi economica internazionale da cui la necessità ovvia di scelte nuove e non già codificate dal punto di vista politico.

Non vi è dubbio, perciò, che su problemi nuovi, o sulle modalità di realizzazione del programma di governo in situazioni mutate, vi possa essere un necessario e legittimo dibattito all’interno dei partiti della maggioranza, discussione che può contribuire a mettere a punto una strategia più efficace nella risposta ai bisogni e di conseguenza capace di raccogliere un maggiore consenso.

La mia stessa indole personale è sempre stata aperta alla ricerca di soluzioni più avanzate e migliori attraverso il confronto e l’apporto di contributi diversi.


E’ indubbio che negli scorsi mesi la dialettica interna alla maggioranza ha molte volte superato i limiti fisiologici del confronto sulle idee e sul modo migliore di realizzare il programma sul quale si è raccolto il consenso del popolo italiano. Si è assistito a critiche aprioristiche al Governo ed a chi ha avuto dal popolo il mandato a guidarlo.

La mia amarezza, a questo proposito, deriva non solo dal fatto che sono convinto che l’azione del Governo non meritasse le critiche che gli sono state rivolte, ma anche dal fatto che uno degli obiettivi più importanti che mi sono posto, praticamente dal momento stesso in cui sono sceso in politica, è stato quello di riunire i moderati italiani in un’unica grande forza politica, capace di costituire uno dei pilastri del nascente bipolarismo.

La nascita del Popolo della Libertà ha rappresentato da questo punto di vista un primo rilevante risultato che ritenevo e ritengo tuttora importante, anzi importantissimo, in vista dell’unione quanto più ampia possibile dell’area moderata e riformista e che ha come punto di riferimento il Partito Popolare Europeo.

Voglio ricordare quanto abbiamo scritto nella Carta dei Valori con la quale il Popolo della Libertà si è presentato agli elettori: “Il Popolo della Libertà è nato dalla libertà, nella libertà e per la libertà, perché l’Italia sia sempre più moderna, libera, giusta, prospera, autenticamente solidale. Noi sappiamo che i nostri valori sono radicati nella migliore tradizione politica del nostro Paese e della nostra società.

Nel Popolo della Libertà si riconoscono infatti laici e cattolici, operai ed imprenditori, giovani e anziani.

Si riconoscono donne ed uomini del nord, del centro e del sud.

Siamo orgogliosi di questo nostro carattere popolare, perché ci conferma nel nostro disegno, che è quello di unire la società italiana, e di condurla tutta insieme verso un futuro migliore”.

Risulta chiaro da queste parole che chi ha dato vita al Popolo della Libertà lo ha fatto con lo scopo di unire e non di dividere.

Chi si è candidato ed è stato eletto con il Popolo della Libertà si è impegnato quindi davanti agli italiani a perseguire l’unità, e non le divisioni.


Per queste ragioni, per il fatto che il popolo italiano dalle scorse elezioni ad oggi ha sempre dimostrato e continua a dimostrare la sua fiducia nella maggioranza parlamentare e nel Governo che ha scelto, io ritengo che i passi indietro determinati dalle vicende di questi ultimi mesi, non abbiano per nulla intaccato la validità di questo progetto, che è essenziale per il bene del nostro Paese.

Perciò sono convinto che in entrambi gli schieramenti si possa e si debba proseguire nell’impegno di costruire, pur nel riconoscimento delle diversità e dell’autonomia delle molteplici forze politiche, delle alleanze di governo e non semplicemente dei cartelli elettorali.

Il passaggio di oggi costituisce un punto cruciale della legislatura. E’ importante riconoscerlo, per andare avanti e per non tornare indietro.

Per il Paese è indispensabile che i prossimi tre anni della legislatura vengano utilizzati per completare le riforme economiche e sociali di cui l’Italia ha bisogno e per approvare quelle riforme istituzionali che sono necessarie per dotare il nostro Paese di un Parlamento e di un governo adeguati alla sua storia ed al suo futuro.

Questa legislatura deve quindi continuare ad essere la legislatura delle riforme, compresa la riforma istituzionale, per la quale esiste una larga convergenza su alcuni punti essenziali: il rafforzamento dei poteri dell’esecutivo, il superamento del bicameralismo perfetto, la diminuzione del numero dei parlamentari, la riforma dei regolamenti delle Camere.

Su questa riforma delle istituzioni c’è un lavoro già svolto in Parlamento che può diventare la base di partenza per un confronto che potrebbe approdare ad una decisione positiva entro la fine della legislatura.


Onorevoli colleghi,

sono convinto che sia assoluto interesse del nostro Paese non rischiare un periodo di instabilità.

Occorre fare ogni sforzo affinché ciò non accada.

Occorre moltiplicare l’impegno comune per portare a compimento la legislatura con un’azione legislativa e di governo sempre più efficace.

Occorre realizzare il nostro programma di riforme, il programma che abbiamo presentato al popolo italiano e sul quale il popolo italiano ci ha dato il mandato a governare.

Dobbiamo tenere ben presente che nel popolo italiano si è profondamente radicata la volontà di poter scegliere direttamente da chi essere governati, ad ogni livello: dal sindaco della propria città al capo del proprio governo. La gran parte dei cittadini, per qualsiasi partito votino, non vuole che le decisioni fondamentali prese al momento delle elezioni possano venire alterate da logiche o interessi politici che sono a loro completamente estranei.


Lo dico convinto che questo governo abbia fin qui ben operato, lo dico convinto che non vi siano le condizioni di un’alternativa ad esso che possa rispettare sia la volontà popolare, sia la logica di un parlamento democratico, lo dico convinto che l’azione e i successi del governo sono stati resi possibili dal forte sostegno e dall’impegno costante dei gruppi parlamentari della maggioranza, sia della Camera che del Senato, ai quali va il sentito ringraziamento mio personale e dell’intero esecutivo.

Abbiamo quindi il dovere di continuare a governare e a governare sempre meglio nell’interesse del Paese, secondo il mandato che gli elettori ci hanno liberamente dato due anni fa, e che hanno ripetuto e rafforzato ad ogni successiva tornata elettorale.

Lo ripeto: oggi siamo di fronte a un passaggio delicato della vita politica italiana, le cui sorti sono affidate al senso di responsabilità di tutti e di ciascuno, sono affidate alla capacità della “politica” di mettere in primo piano il bene comune e l’interesse nazionale.

Ecco perché, onorevoli colleghi,

oggi voglio rivolgermi non solo alla maggioranza ma all’intero Parlamento, al di là di ogni schieramento.

Spero che le mie parole siano meditate da ciascuno di voi e, in particolare rivolgo un appello a tutti i moderati e a tutti i riformatori: a quelli che condividono i valori liberali e democratici e a quelli che hanno la stessa visione della libertà, della patria, della persona, della famiglia, dell’economia e del lavoro.

È un invito che rivolgo anche alle forze più responsabili dell’opposizione affinché valutino il nostro programma riformatore senza pregiudizi, avendo come obiettivo il bene di tutti i cittadini.

Per quanto ci riguarda, consapevoli delle responsabilità che gli italiani ci hanno attribuito, continueremo ad impegnarci con dedizione, con passione, con entusiasmo nell’attività di governo, per un’Italia più libera, più giusta e più prospera.

Vi ringrazio.

BRAMBILLA: Chiedero' i danni alla Apple per l'applicazione che insulta l'Italia

BRAMBILLA: Chiedero' i danni alla Apple per l'applicazione che insulta l'Italia

“Ho dato mandato all’Avvocatura dello Stato di procedere nelle sedi opportune contro i responsabili del grave danno d’immagine arrecato al nostro Paese”.

Lo ha affermato il ministro del Turismo, On. Michela Vittoria Brambilla, titolare della delega alla tutela ed al rilancio dell’immagine dell’Italia e del made in Italy, in relazione all’applicazione “What country”, disponibile a pagamento sul negozio online Apple, in cui l’Italia è identificata con “pizza, mafia, pasta, scooters”. “Si tratta ovviamente di una rappresentazione offensiva ed inaccettabile, per di più accompagnata da un testo “esplicativo” che, se possibile, peggiora ulteriormente le cose. L’Italia è un faro nel mondo per la sua storia, la sua cultura ed il suo stile. Come cittadina e come ministro non posso permettere che si getti discredito sul nostro Paese utilizzando un’organizzazione criminale come nostro testimonial. Tutto questo fa grande torto all’Italia e agli italiani. Tale immagine distorta, alla cui creazione hanno contribuito anche tante pellicole cinematografiche diffuse in tutto il mondo, deve essere definitivamente corretta. Perciò ho chiesto ad Apple di rimuovere l’applicazione da APP store e ho dato mandato all’Avvocatura dello Stato di procedere nelle sedi opportune contro i responsabili”.

ROMA CAPITALE - A NOVEMBRE GLI STATI GENERALI

29.09.2010 ROMA CAPITALE, ALEMANNO: 9 - 10 NOVEMBRE STATI GENERALI CON BERLUSCONI
"Il 9 e il 10 ottobre organizzeremo gli Stati generali di Roma capitale per presentare il Piano strategico di Sviluppo". Lo ha annunciato il sindaco Gianni Alemanno a margine di un incontro alla Regione Lazio. Alemanno ha fatto sapere che all' evento "sara' presente Silvio Berlusconi: in quell' occasione mi aspetto una definizione puntuale e attenta dell' impegno del Governo per Roma capitale

Manifesto per i 140 anni di Roma Capitale

 Roma - 17.09.2010


XX SETTEMBRE 1870 - XX SETTEMBRE 2010

MANIFESTO PER I 140 ANNI DI ROMA CAPITALE

L'anniversario di Roma capitale è un'occasione per rilanciare il significato e il valore dell'identità nazionale e civile del nostro paese e il ruolo insostituibile di Roma come capitale d’Italia. Non vogliamo celebrare questa data per rispolverare una retorica oleografica sempre meno sentita dalla popolazione; ma vogliamo rilanciare, nel ricordo della proclamazione di Roma Capitale, l'idea di Roma e dell'Italia nella storia, nel presente e nell'avvenire.

Per questo lanciamo un manifesto di memoria e prospettiva.


L'avvento di Roma Capitale d'Italia portò a compimento l'unità nazionale su tre punti essenziali:

1) Furono ricongiunti il Nord e il Sud d'Italia e quella che era apparsa una conquista piemontese della Nazione, diventò a Roma un compiuto processo di integrazione nazionale.

2) Approdando a Roma, il Risorgimento si annodò alla storia e alle radici romane, medievali e rinascimentali. A Roma l'Italia unita scoprì le sue origini e riconobbe il suo lungo cammino storico, nel nuovo orizzonte rivoluzionario di libertà e di riconoscimento dei diritti fondamentali della persona umana.

3) Con la proclamazione di Roma capitale si gettarono le basi per una controversa ma necessaria unificazione della coscienza civile e della coscienza religiosa del paese. La capitale d'Italia coincide con la capitale mondiale della cristianità; e questo duplice, straordinario statuto pone non pochi problemi, travagli e conflitti, ma è una speciale ricchezza che rende Roma città unica al mondo. Roma è anche la sede della più antica Comunità ebraica del mondo che, con la breccia di Porta Pia, cominciò il suo lento e travagliato percorso di piena integrazione nella comunità cittadina.


Se il Risorgimento fu il coronamento di un bisogno di identità e di libertà, l'epopea di un cammino che era stato annunciato da secoli, in grandi opere letterarie e civili, in sogni romantici e profezie politiche, l'evento del XX settembre fu il compimento di quell'unità e la piena realizzazione di un disegno nazionale. Roma non poteva negarsi all'Italia e l'Italia non poteva mancare a Roma. Qualunque sia la sensibilità storica e civile dei romani e degli italiani, il loro credo religioso e civile, si deve riconoscere che l'unità nazionale e l'avvento di Roma capitale costituirono un necessario ritorno alla realtà e la realizzazione di un ideale a lungo vagheggiato e perseguito. Proprio per renderla viva e non retorica, dobbiamo però avere l'onesto realismo di riconoscere che dal processo unitario restarono in larga parte fuori tre mondi cospicui: il mondo contadino, il mondo cattolico e il mondo meridionale. Tre mondi che vissero il Risorgimento con ostilità, in minor parte, e con estraneità, in maggior parte. Non mancarono certo cattolici liberali che abbracciarono l'ideale risorgimentale e se ne fecero fattivi portatori; né patrioti meridionali che vollero l'Italia unita, già dai tempi della Carboneria fino allo sbarco dei Mille. Ma si deve obiettivamente riconoscere che il processo risorgimentale avvenne con l'esclusione e l'autoesclusione di gran parte dei cattolici, dei meridionali e del mondo rurale. Del resto quasi tutti i processi storici di indipendenza nazionale, sono stati innescati da minoranze attive; spesso i popoli, le masse, i contadini non hanno attivamente partecipato alla nascita delle nazioni moderne.

Vogliamo perciò rileggere il processo unitario in chiave inclusiva, cogliendo anche le ragioni e le passioni di coloro che difendevano una loro idea di patria e fedeltà o che avevano ancora viva memoria dei massacri compiuti al Sud dopo la rivoluzione napoletana del 1799 delle popolazioni che non abbracciarono l'idea di una repubblica giacobina. E' tempo di integrare a pieno titolo nella storia, nella cultura e nell'identità italiana anche la critica al Risorgimento di estrazione cattolica e meridionale, asburgica e borbonica, socialista e localista. Perchè l'Italia è figlia anche di coloro che non aspirarono all'unità ma contribuirono ugualmente col sangue, il lavoro e l'intelligenza a costruire la sua identità e la sua civiltà.

Le istanze di chi rimase emarginato o sconfitto dal processo risorgimentale, si devono misurare con gli ideali e con la passione di tutti coloro che nel Risorgimento videro il processo storico necessario non solo per affermare l’Unità nazionale contro ogni forma di sudditanza e di colonizzazione, ma soprattutto per portare nelle regioni italiane gli ideali di libertà, di cittadinanza e di partecipazione democratica. Ideali repubblicani che seppero trovare un compromesso con la più dinamica delle corone italiane, quella dei Savoia, e con i liberali moderati che ebbero in Camillo Benso Conte di Cavour il più alto e significativo esponente. Pensiamo in particolare a quei giovani che offrirono la loro vita all'ideale risorgimentale, in un grande empito di passione liberale e patriottica, studenti e lavoratori che militarono in organizzazioni come la Giovine Italia e combatterono per dare all'Italia un destino di unità nazionale e di libertà per tutti i cittadini.

Entrambi questi fronti guardavano, più o meno consapevolmente, a Roma come punto di sintesi e come più alto riferimento. A Roma, sede del Papato e prima ancora dell’Impero, si ispiravano i conservatori, i cattolici, le masse contadine. A Roma puntavano le avanguardie risorgimentali e garibaldine come obiettivo ultimo dell’Unità nazionale e come simbolo più alto dei valori repubblicani. Come non ricordare l'ardita opera risorgimentale preceduta a Roma dal sogno mazziniano della Repubblica romana, animato da un fervore ideale di libertà, di giustizia sociale e di amor patrio. E' da Roma che si irradiarono nel mondo la Civiltà del diritto e del lavoro, il senso dello Stato e le virtù repubblicane, che divennero poi modello universale.

Con lo spostamento a Roma del Governo italiano e dei ministeri, il Sud entrò di fatto nella vita pubblica e istituzionale del nostro paese: un ceto ministeriale costituito in origine dall'apparato burocratico e militare piemontese, venne gradualmente integrato e sostituito da una larga affluenza di siciliani e campani, di pugliesi e lucani, di abruzzesi e molisani, di sardi e calabresi. Nasce con i meridionali a Roma la prima borghesia di Stato rappresentativa di tutte le regioni italiane, costituita da dipendenti pubblici, prefetti, militari e forze dell'ordine, insegnanti e funzionari. L'affluenza nella Capitale di italiani venuti dalle province produce un massiccio fenomeno migratorio che ridisegna - anche se in modo caotico e contraddittorio - l'assetto urbanistico e civile di Roma. Dopo la Roma dei Cesari e la Roma dei Papi, nasce la Roma dello Stato unitario.

Questo patrimonio di umanità, di civiltà e di storia non può essere dissipato o disprezzato. Con Roma Capitale l'Italia ha vissuto per centoquaranta anni un processo di sviluppo e di modernizzazione senza precedenti: dall'istruzione di massa alla crescita economica e sociale del Paese, dalla partecipazione democratica di popolazioni tenute fuori per secoli dalla vita pubblica all'integrazione di gruppi, ceti, regioni, culture diverse in una stessa prospettiva statale e nazionale. L'Italia passò nell'arco di pochi decenni da paese agricolo a uno dei paesi più industrializzati del mondo. Non dobbiamo ora ricordare solo le sacche di parassitismo, privilegi e malaffare che pure sono cresciute all'ombra dello Stato centrale e della Roma ministeriale. Roma è il perno insostituibile dell'identità italiana, il suo necessario coagulo e punto d'incontro tra Nord e Sud, tra anima rurale e anima industriale, tra religione e cittadinanza, tra Europa continentale e Mediterraneo.

Celebrando i 140 anni di Roma Capitale e il prossimo anno i 150 anni dell'Unità d'Italia, non vogliamo limitarci a ricordare l'evento trascorso e le glorie del passato. Dobbiamo invece proiettare l'identità romana e italiana nel nostro scenario presente e futuro, considerare la necessità di integrare chi oggi affluisce a Roma intorno ad un'identità forte, libera e aperta, che non si vergogna delle proprie origini e che proprio perchè salda nella propria identità, è in grado di confrontarsi con chi viene da lontano e accetta e rispetta chi sa accettare e rispettare le sue leggi, i suoi cittadini, la sua civiltà. Il rispetto delle culture e delle identità religiose comincia a partire dal rispetto verso la propria.

Dobbiamo infine passare dalla celebrazione della nazione unita alla riscoperta della civiltà italiana, romana, cattolica e mediterranea. E dobbiamo saper ricucire definitivamente la “ferita necessaria” di Porta Pia, ricongiungendo simbolicamente e realmente la Roma cattolica con la Roma civica. Una ferita che, più volte rimarginata, più volte si è riaperta. Bisogna restituire Roma a tutta la sua civiltà, che fu repubblicana e imperiale, ebraica e cristiana, laica e cattolica, per costituire una cittadinanza condivisa ed una religione civile, liberamente ispirata ai principi e ai valori della religione millenaria degli italiani, ma capace di diventare modello di convivenza con tutte le identità.

La memoria del XX settembre deve essere patrimonio di tutti, accanto alle altre date fatidiche in cui fu istituita Roma capitale: quando Roma fu proclamata capitale, il 27 marzo del 1871; quando il Capo dello Stato, il Re Vittorio Emanuele II, si trasferì al Quirinale in Roma (3 luglio 1871) e quando il Parlamento italiano si riunì per la prima volta in seduta solenne a Roma, il 27 novembre del 1871. Con il XX settembre, come ricordò Prezzolini, anche la Chiesa si liberò dalle incombenze del potere temporale e dai limiti angusti di un regno. Sulla scia di Giovanni XXIII che aveva benedetto l'Unità d'Italia in occasione del centenario, Paolo VI condivise questa riflessione in occasione del centenario del XX settembre. In Campidoglio, già nel 1961, quando era ancora cardinale, il futuro Papa Montini affermò: «La Provvidenza, quasi giocando drammaticamente negli avvenimenti, tolse al papato le cure del potere temporale perché meglio potesse adempiere la sua missione spirituale nel mondo».

L'Unità d'Italia è un valore e un'eredità che non vogliamo perdere ma che dobbiamo rigenerare e rilanciare. Un'identità matura, viva e aperta, che sappia navigare nell'epoca della globalizzazione senza vergognarsi di essere romani e italiani. Una società può dirsi una civiltà se non si limita a fondarsi sul contratto sociale e la reciproca convenienza, ma se sa riconoscere i motivi spirituali, storici e comunitari della sua coesione e sa essere all'altezza delle sue origini.

Con Roma capitale l'Italia riscoprì d'essere non solo una nazione ma una civiltà.









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martedì 28 settembre 2010

BONAIUTI: Silvio Berlusconi in Aula per porre la questione di fiducia

Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, in una nota ha annunciato: "Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha convocato per domattina il Consiglio dei Ministri per porre la questione di

BERLUSCONI: Dobbiamo superare gli ostacoli nell'interesse di tutti


“Sono alle prese con il documento che dovra’ essere da me presentato in Parlamento e che dovra’ ottenere il voto di una maggioranza del Parlamento stesso per poter andare avanti nell’opera di realizzazione del nostro programma".

Lo ha affermato Silvio Berlusconi in collegamento telefonico con don Pierino Gelmini, in occasione della consegna del Premio ’Madonna del sorriso’ organizzato dalla ’Comunita’ Incontro’.

GASPARRI: La fiducia e' una scelta di chiarezza


"E’ una scelta condivisibile, che aumenta la chiarezza e la forza del dibattito. Il governo e’ orientato in questa direzione".
Lo ha affermato Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato, lasciando Palazzo Grazioli al termine del vertice dello stato maggiore del partito con il premier Silvio Berlusconi, un incontro durato circa tre ore. "La fiducia e’ la conferma che il governo vuole dal Parlamento sulla sua azione e sul programma che illustrera’ Berlusconi".

FRATTINI: Il premier fara' discorso alto, credo che finiani lo voteranno


"Un discorso alto e programmatico, senza provocazioni".
Cosi si e’ espresso il ministro degli Esteri, Franco Frattini, al termine del vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli, che ha discusso dell’intervento di domani del premier alla Camera, anticipa il senso delle comunicazioni che Berlusconi fara’ in aula. Sara’ votato anche dai finiani? "Io credo di si’" ha risposto Frattini. E se cosi’ non fosse? "Vediamo...".

BONDI: Campagna di fango contro Berlusconi e le istituzioni

"La mia impressione e’ che da parte di alcuni grandi quotidiani si persegua da tempo una sorta di ’strategia della tensione mediatica’ attraverso la quale l’intera vita civile nazionale viene progressivamente ’bombardata’ di rivelazioni, retroscena, scampoli di inchieste giudiziarie, monchi verbali di intercettazioni telefoniche, con la conseguenza, che lo si voglia o meno, di minare e di corrodere alle fondamenta la fiducia dei cittadini nella politica e soprattutto nelle istituzioni". Lo ha affermato Sandro Bondi, coordinatore nazionale del Pdl, che in una nota ha affermato:

“Un nuovo capitolo di questa strategia riguarda ad esempio lo IOR, sfruttato come un altro modo per gettare fango e discredito, sulla base di elementi risibili che finiranno inevitabilmente nel nulla come tante altre vicende, su una istituzione e una comunita’ religiosa e morale come la Chiesa cattolica. La vera ’campagna di fango’ e’, inoltre, quella che e’ entrata in azione, ininterrottamente e selvaggiamente, nei confronti del Presidente del Consiglio, riguardante oltretutto non problemi di carattere politico, bensi’ aspetti della propria vita personale e privata. Oggi, in ossequio alla regola aurea dei due pesi e delle due misure invalsa nella politica e nell’informazione, legittime domande della libera stampa rivolte ad esponenti politici per vicende che hanno indubitabilmente un importante rilievo pubblico, dopo essere state per lungo tempo ignorate vengono addirittura denunciate come prodotti della ’macchina del fango’".

lunedì 27 settembre 2010

L'appello di Fini al dialogo non va lasciato cadere

MATTEOLI: L'appello di Fini al dialogo non va lasciato cadere

"Fini non ha chiarito, e lo ha detto anche lui: le ombre su questa vicenda ci sono ancora".

Lo ha affermato all’Adnkronos il ministro delle Infrastrutture e trasporti Altero Matteoli, commentando il video-messaggio del presidente della Camera, rispetto al quale, comunque, privilegia la parte finale con l’appello alla ripresa del dialogo. "La conclusione del discorso di Fini non va lasciata cadere e ora bisognera’ aspettare le comunicazioni del premier Silvio Berlusconi del 29 e 30 settembre in Parlamento per vedere quale sara’ lo sbocco di tale appello del presidente della Camera e se si tradurra’ nella fedelta’ al programma e allo schieramento di centrodestra nel quale tutti siamo stati eletti" Quanto al richiamo di Fini perche’ si ponga fine al "gioco al massacro", Matteoli replica: "Guardi, francamente mi interessa di piu’ la parte sul dialogo. Comunque, la colpa non e’ di chi ha pubblicato gli articoli sui giornali ma di chi ha operato una vendita che lascia dubbi. D’altronde, siamo tutti uomini pubblici, e per alimentare le polemiche non e’ necessario che vi sia un reato".

BONDI: Ora Fini solidarizzi con Berlusconi
"Le sue risposte sono state parziali, imbarazzate ed evasive. Tuttavia per la prima volta Fini ha ammesso in qualche modo delle responsabilita’, anche sotto forma di ingenuita’".
Lo ha affermato il coordinatore nazionale del Pdl Sandro Bondi, in un’intervista alla ’Repubblica’, commentando il videomessaggio del presidente della Camera Gianfranco Fini sul caso Montecarlo. "Fini porta la responsabilita’ di avere colpito un’esperienza di governo molto positiva. C’e’ stata una sproporzione tra l’obiettivo dichiarato di esprimere un legittimo dissenso e le modalita’ e le forme attraverso cui si e’ manifestato. Il problema vero e’ che il premier e’ oggetto, da quando e’ entrato in politica, di una aggressione giudiziaria senza paragoni in Occidente. Su questo punto, anche dopo la perizia Mondadori, da Fini mi attenderei parole e atti, dal punto di vista politico ma ancor piu’ personale, di limpida solidarieta’".

QUAGLIARIELLO: Da Bocchino dilettantismo irresponsabile

"Nel corso della trasmissione Annozero di ieri sera, l’onorevole Bocchino si è lasciato andare ad affermazioni risibili sulla politica estera del nostro Paese, contrapponendo l’alleanza atlantica e il rapporto con altri Stati, addirittura mettendo in contrapposizione il multilateralismo con la politica di mediazione svolta dall’Italia.”

Lo ha affermato Gaetano Quagliariello, vice capogruppo del Pdl alla Camera, che ha osservato: “Forse Bocchino ignora che in altre epoche, in piena guerra fredda e dunque in contesti ben più difficili di quelli attuali, a coniugare l’indubbia collocazione atlantica dell’Italia con il dialogo con altre aree del mondo a noi geograficamente prossime furono, tra gli altri, uomini come Gronchi, Fanfani, Craxi, Andreotti. Quel che non è accettabile è che per perseguire i propri scopi politici ci si spinga ad insinuare che altri Stati stranieri e nostri alleati possano aver preso parte a presunte operazioni di ’controspionaggio’ alle quali alcuni esponenti di Futuro e libertà sembrano essersi particolarmente appassionati. Tutto questo la dice lunga sul livello di dilettantismo, approssimazione e irresponsabilità nel quale qualcuno sta cercando di trascinare il Paese".


NAPOLI A ITALIAFUTURA: Facile parlare senza avere i voti
  "
L’Italia e’ un paese stracolmo di commissari tecnici di calcio e di consiglieri politici. Difficile stabilire chi faccia piu’ danno. Certo e’ che gli attacchi di Italiafutura alla Lega Nord ma estesi a tutto il ceto politico fanno sorridere".

Lo ha affermato il deputato del PdL Osvaldo Napoli, che ha osservato: "Il cenacolo di Luca Cordero di Montezemolo si segnala dalla nascita per un rifiuto aprioristico della realta’ italiana: non ci piace. Diceva cosi’ anche ai tempi di Tangentopoli: non ci piace. Mai una volta che questi signori con l’indice perennemente alzato abbiano scelto di "sporcarsi" le mani confrontandosi con gli elettori. Sfido Montezemolo a raccogliere la meta’ dei consensi della Lega e di Umberto Bossi. La verita’, piu’ triste, e’ un’altra: Italiafutura e Montezemolo hanno della democrazia la stessa visione di Eugenio Scalfari per cui il giudizio degli elettori ha un valore "relativo" dovendo affidare il governo a un cenacolo di eletti che conosce la Via della Verita’ e del Bene. C’e’ un piccolo problema: che tutto questo con la democrazia non c’entra niente".


 

Milano : rom avanti con gli sgomberi

DE CORATO: A Milano non daremo case ai rom e andremo avanti con gli sgomberi
"Niente case del Comune e dell’Aler ai rom. Il prefetto sapra’ trovare altre soluzioni per le 25 famiglie in questione e mi auguro che anche la Curia collabori visto che ha la disponibilita’ di molti immobili. Avanti comunque con gli sgomberi".
Lo ha affermato il vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato, il quale si e’ dtto soddisfatto dopo il vertice in Prefettura a Milano. "Nel corso dei 7.004 allontanamenti sono scattati anche 171 arresti e 365 denunce e per diversi reati. In particolare, solo nell’area Triboniano-Barzaghi sono stati realizzati 42 interventi sia all’interno del campo autorizzato sia nell’area esterna dove spesso si insediano abusivi, e compiuti 58 fermi e 30 denunce. Il ruolino di marcia conta 343 sgomberi, per un totale di circa 7.004 soggetti allontanati, realizzati dal 2007 ad oggi. Allontanamenti che hanno riguardato prevalentemente nomadi (285 interventi). Si tratta di operazioni di sicurezza e decoro urbano che hanno consentito di liberare 222 edifici e abbattere circa 2.600 tra tende e baracche. Fa bene pertanto il ministro Maroni a predisporre un giro di vite per i rom nullafacenti che non sono in regola con la direttiva europea".

giovedì 23 settembre 2010

MOTOPESCA MITRAGLIATO: LA RUSSA, APPREZZO SCUSE LIBIA

"Le scuse della Libia sono giunte a

proposito e le ho apprezzate, perche' le motovedette hanno un

uso specifico: il contrasto all'immigrazione clandestina''. Lo

ha detto il ministro della Difesa Ignazio La Russa, parlando

dell' attacco di una motovedetta libica ad un peschereccio della

flotta di Mazara del Vallo (Trapani), a margine della cerimonia

d'inizio del progetto 'Vivi le Forze Armate - Militare per tre

settimane' che si e' svolto alla caserma Gamerra di Pisa.

''Credo che ci sia stato un errore da parte loro - ha

aggiunto La Russa - e che questo non possa e non debba piu'

avvenire. Questo non e' soltanto il nostro auspicio ma e' anche

un aspetto da precisare operativamente, come si sta

predisponendo a fare il ministro Maroni, che ha avviato

un'inchiesta per verificare quanto e' accaduto''.

Il ministro della Difesa ha concluso che ''in futuro non

devono ripetersi equivoci di questo genere e l'attuale

situazione gia' non consentirebbe di intervenire per usi diversi

da quello del contrasto all'immigrazione clandestina''.

L'Intervento di Alemanno per i 140 di Roma Capitale

Testo dell'intervento del sindaco Gianni Alemanno in occasine della ricorrenza del 140 anniversario di Roma Capitale
20.09.2010


Signor Presidente della Repubblica,

Autorità civili, militari e religiose,

Componenti dell’Assemblea Capitolina,

mi permetta, Signor Presidente, di cominciare questo mio intervento non solo salutandoLa ma ringraziandoLa dal profondo del cuore per essere qui, oggi, in mezzo a noi.

Lei sta confermando con questo gesto quella profonda sensibilità istituzionale che tutti gli italiani sempre più Le riconoscono.

Anche l’Assemblea capitolina Le ha voluto riconoscere questa sensibilità unita ad un profondo e fecondo rapporto con la città di Roma, votando all’unanimità la cittadinanza onoraria che io avrò l’onore di conferirLe al termine di questo mio intervento.

Mai come nella celebrazione di questi 140 anni di Roma Capitale, passato e futuro si compenetrano profondamente.

E’ raro che, come accade oggi, una commemorazione diventi un atto politico così determinante per il futuro di una città e di tutta una comunità nazionale.

Oggi Roma ricorda l’atto storico con cui 140 anni fa, attraverso Porta Pia, è diventata Capitale d’Italia.

Contemporaneamente possiamo annunciare la trasformazione del Comune di Roma nell’ente locale speciale “Roma Capitale”, trasformazione sancita con l’approvazione del Decreto Legislativo n.156, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso venerdì 17 settembre.

Un Decreto che ritroviamo oggi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, grazie alla Sua tempestiva firma di cui ancora una volta La ringrazio.

Questo importante atto legislativo si inserisce nel più ampio disegno della riforma del Federalismo Fiscale, destinato a trasformare compiutamente la nostra Nazione in una Repubblica Federale.

Non si tratta di un inserimento casuale perché scaturisce da una logica molto chiara: è il naturale bilanciamento che una Capitale più forte e riconosciuta esercita sul decentramento federale, secondo quanto previsto nel Titolo Quinto della Costituzione italiana.

Un naturale bilanciamento che non può essere tradito senza snaturare e rendere inaccettabile tutto il disegno della riforma federale.

Ecco perché suonano non solo dissennate ma addirittura autolesioniste, le invettive politiche che puntano a depotenziare il ruolo di Roma Capitale.

E’ impensabile distribuire le sedi centrali dei Ministeri su tutto il territorio nazionale, non solo per i gravi danni organizzativi ed economici che questa disgregazione comporterebbe, ma perché verrebbe così colpito il simbolo più importante dell’Unità nazionale.

Roma Capitale d’Italia è prevista nella Costituzione, è il compimento dell’opera unitaria del Risorgimento, appartiene alla coscienza della maggioranza degli italiani come simbolo dell’Unità nazionale.

D’altra parte, il nuovo riconoscimento di Roma Capitale deriva da una riforma ampiamente condivisa, sostenuta dal parere unanime del Consiglio Comunale di Roma, del Consiglio Provinciale e dalla Regione Lazio. Una riforma approvata all’unanimità dal Consiglio dei Ministri su proposta del ministro Calderoli – saluto il sottosegretario Letta e i rappresentanti del Governo qui presenti – e votata anche in Parlamento da maggioranza e opposizione.

Per questo voglio ringraziare ancora una volta l’opposizione di centro-sinistra, che in quest’Aula ha parlato attraverso l’intervento del presidente Smedile, per aver voluto partecipare positivamente e attivamente all’iter di questa Legge,come quasi tutti gli altri partiti di centro-destra e di centro-sinistra.

Signor Presidente,

credo sia corretto interpretare la Sua presenza in questa cerimonia come un ulteriore invito a procedere sulla strada di riforme condivise per inverare Roma Capitale, conferendoLe i nuovi poteri previsti dalla Legge delega. Ma è evidente che i poteri speciali per Roma Capitale non sono soltanto un riconoscimento simbolico, sono uno strumento necessario per equilibrare la dimensione cittadina, la funzione nazionale e la vocazione internazionale dell’Urbe, come ha già ampiamente illustrato il Vice Sindaco Cutrufo nel suo intervento.

E’ necessaria però un’ulteriore messa a punto: non esiste affatto la “Roma ladrona” che alcuni si ostinano a stigmatizzare.

Per rendersene conto basta confrontare i dati del gettito fiscale verso lo Stato prodotto dalla nostra città, con i trasferimenti statali che, anche attraverso la Regione, arrivano ad essa.

Nel complesso - tra Irpef, Ires e Iva - la nostra città offre un gettito fiscale di circa 35 miliardi di Euro a fronte di trasferimenti statali di poco superiori ad un miliardo e 600 milioni di Euro: c’è un rapporto di 1 a 22 tra trasferimenti e gettito fiscale di Roma.

E’ chiaro che bisogna fare alcune tare rispetto a questo rapporto, ma è altrettanto evidente che qualsiasi forma di federalismo fiscale non può non portare a Roma ben altre risorse di quelle che noi oggi riceviamo.

Roma è largamente e generosamente creditrice rispetto al resto della comunità nazionale.

E non si confonda la città di Roma con le zone opache che spesso si manifestano ai margini delle istituzioni statali e locali e dei diversi livelli della rappresentanza politica. Queste zone opache non sono un frutto diretto della nostra città, ma il risultato patologico della difficoltà degli italiani a costruire istituzioni e forme politiche adeguate alla forza della nostra economia e della nostra società civile.

Tutti dobbiamo contribuire a rigenerare queste istituzioni e questa politica con le riforme, la tensione ideale e la consapevolezza culturale, Roma farà la sua parte cercando di combattere ogni forma di parassitismo, di assistenzialismo e di illegalità.

D’altra parte i problemi strutturali di Roma sono ben conosciuti da tutti.

C’è innanzitutto un problema di sostenibilità finanziaria, legato alla difficoltà di gestire le funzioni di capitale nazionale e di custodire l’enorme patrimonio storico artistico ed archeologico, con i normali trasferimenti di un Comune, sia pure di grandi dimensioni in termini di popolazione e di territorio.

Tutto questo, ha contribuito a generare un deficit strutturale ed un grave debito che è stato fronteggiato dal Governo nazionale attraverso un’apposita gestione commissariale.

C’è poi lo storico squilibrio dello sviluppo urbano, che ha provocato una grave frattura tra il centro e la periferia della città, con pesanti problemi di mobilità, di degrado e di sostenibilità ambientale.

La frammentazione dei poteri istituzionali e la conseguente lentezza delle scelte politiche, i faticosi e ripetitivi iter burocratici, hanno posto la programmazione amministrativa ed urbanistica della Capitale in costante ritardo rispetto allo sviluppo effettivo sul territorio.

La necessità di trovare un giusto equilibrio tra solidarietà sociale, sostenibilità ambientale e crescita economica, tra integrazione delle comunità immigrate e rispetto delle legge e del diritto, impongono una diversa capacità decisionale e una maggiore autorevolezza istituzionale.

Roma può e vuole essere una città realmente competitiva, in cui il suo potenziale culturale, non solo storico e archeologico, ma sostanziato dalle 23 università presenti nel suo territorio, si deve trasformare in un grande fattore di creatività, di sviluppo economico ed imprenditoriale, di crescita civile.

Vogliamo una città con un massimo di tradizione e di tutela nel suo centro storico, patrimonio dell’Unesco, e con un massimo di modernità e di proiezione al futuro nelle sue periferie ricche di giovani generazioni, il tutto unito dal filo conduttore di un’identità cittadina unica nel mondo.

Altre capitali europee si sono trasformate ed affermate su questa polarità, anche Roma può e deve farlo per inserirsi nel network competitivo delle grandi aree metropolitane che oggi guidano realmente lo sviluppo nella globalizzazione.

Per questo, e ne parleremo oggi durante l’incontro con le Parti Sociali, stiamo lavorando da tempo a quello che abbiamo chiamato il “Progetto Millennium”, avviato sin dall’inizio della Consiliatura con la scelta di istituire la “Commissione per il Futuro di Roma Capitale” presieduta dal professor Antonio Marzano.

L’insieme dei processi di partecipazione e delle scelte di programmazione contribuiranno a definire il primo Piano Strategico di Sviluppo, che sarà presentato negli Stati Generali della Città nel prossimo mese di novembre.

Non è certo un mistero che uno dei fattori trainanti di questo processo è la candidatura di Roma come sede dei Giochi Olimpici del 2020, candidatura che ha trovato il Suo autorevole sostegno, Signor Presidente, durante le celebrazioni del cinquantenario delle indimenticabili Olimpiadi del 1960.

Anche sulla strada dello sviluppo, come su quella delle riforme istituzionali, vogliamo perseguire, per quanto possibile, il percorso delle scelte condivise, partecipate e sostenute dal senso di responsabilità di tutti coloro che hanno a cuore il futuro della nostra città.

Siamo convinti che su questa strada si possa trovare una feconda sinergia tra la funzione nazionale di Roma e il suo ruolo europeo, mediterraneo ed internazionale, un ruolo a cui tutta l’Italia si può agganciare per proiettarsi nelle nuove sfide epocali, vincendo lo spettro del declino.

Le identità nazionali, per non essere cancellate dalla globalizzazione, devono trovare un respiro internazionale, riconoscersi in civiltà universali. Civiltà che per noi italiani non può essere quella del mercato e dell’utile, ma deve essere quella del riconoscimento dei valori più profondi della persona umana.

Per vincere questa sfida, Roma deve ritrovarsi in una cultura capace di tessere storia risorgimentale, eredità cattolica, vocazione universale e funzione nazionale.

Ecco perché conferiamo un particolare valore alla cerimonia che si è svolta questa mattina a Porta Pia, con la presenza del Segretario di Stato, Cardinal Bertone, insieme al Presidente della Repubblica. Non si tratta più di rimarginare la “ferita storica” del conflitto tra Stato italiano e Santa Sede.

Già nel 1961, in Campidoglio, quando era ancora Cardinale, il futuro Papa Paolo VI affermò: “La Provvidenza, quasi giocando drammaticamente negli avvenimenti, tolse al Papato le cure del potere temporale, perché meglio potesse adempiere la sua missione spirituale nel mondo”.

Abbiamo un compito ulteriore e più importante: far interagire sempre più profondamente la storia risorgimentale, l’amore patrio e le virtù repubblicane, con la cultura cattolica e tutto ciò che essa laicamente rappresenta per quel nuovo umanesimo più volte invocato da Papa Benedetto XVI.

Nel Risorgimento riecheggiano i valori e le virtù civiche della Repubblica Romana, quella antica e quella moderna della sfortunata avventura del 1849: la libertà e la partecipazione democratica, il valore della legge e del diritto, il senso dello Stato e della cittadinanza, la sobrietà e lo spirito di servizio con cui si interpretano le cariche pubbliche.

Nella cultura cattolica ritroviamo la più profonda radice della dignità della persona umana, il rispetto dei valori della vita, della famiglia, della comunità, l’autonomia della società civile e la sussidiarietà come base di ogni autentico federalismo.

Permettetemi anche di aggiungere un pensiero alla comunità ebraica di Roma, la più antica del mondo, per la quale la celebrazione del XX settembre rappresenta la memoria dell’inizio del suo lento e travagliato percorso di piena integrazione nella comunità cittadina.

E, ancora, voglio ricordare le tante comunità di immigrati, in quest’aula rappresentate dai quattro valenti consiglieri aggiunti, che portano valore nella nostra città, l’orgoglio e l’identità dei propri Paesi di origine e la speranza di un’integrazione nella cittadinanza italiana.

Queste culture non si devono semplicemente tollerare tra di loro, devono interagire per trovare punti di incontro fecondi al servizio di ogni persona umana.

Questo è il messaggio che viene da Roma, questa l’idea di Roma che noi vogliamo proiettare verso il futuro.

Il mio discorso, Signor Presidente, non potrebbe essere completo se non si concludesse con un ricordo del Tenente Alessandro Romani, un ragazzo nato e vissuto a Roma che scelse con tenacia e determinazione di servire la Patria in armi.

Un soldato di Roma, che ben dimostra quello che valgono le nuove generazioni della nostra città.

Signor Presidente, è anche in ricordo di Alessandro Romani che la nostra città si impegna, di fronte a Lei e a tutte le Autorità qui presenti, a migliorarsi costantemente per essere degna del titolo di Roma Capitale.









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Futuro e liberta' aumenta la distanza dalla maggioranza

QUAGLIARIELLO: Futuro e liberta' alla Camera aumenta la distanza dalla maggioranza

"Cio’ che e’ accaduto oggi alla Camera dimostra molte cose". Lo ha dichiarato Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato.

"Dimostra che il governo Berlusconi ha tutte le carte in regola per puntare a governare l’Italia per i prossimi tre anni affrontandone con vigore le patologie, non ultima la cattiva giustizia e il suo uso politico. Dimostra che la maggioranza di questo Paese e dei suoi rappresentanti si ritrova compatta attorno a principi di fondo irrinunciabili, a cominciare dalla piu’ ferma condanna del giustizialismo. Dimostra che dopo l’astensione su Giacomo Caliendo, con il voto sulle intercettazioni di Nicola Cosentino i vertici del gruppo di Futuro e liberta’ alla Camera hanno scelto di aggravare ancora di piu’ la distanza da questa maggioranza e dai principi stessi che la animano, non riuscendo peraltro a farsi seguire, per quanto il voto segreto consente di comprendere, da tutti gli appartenenti al gruppo stesso".

BONDI: Sarebbe interesse dello stesso Fini chiarire alla stampa

"Visto anche tutte le cose che stanno uscendo dai giornali, sarebbe interesse dello stesso presidente della Camera, Gianfranco Fini, rispondere chiaramente alla stampa".

Lo ha affermato il coordinatore del Pdl Sandro Bondi, rispondendo ai cronisti a Montecitorio, al termine della presentazione della Festa nazionale del movimento. "Fini dovrebbe dirci poi come pensa di far coincidere il ruolo di super partes del presidente della Camera con quello di leader di un movimento".


SBAI: Basta coi falchi, lascio Futuro e Liberta' e torno al gruppo del PdL


Non sono stata comprata e non voglio posti. Lascio il gruppo di Futuro e Liberta’ alla Camera e torno nel Pdl, perche’ la situazione non e’ piu’ accettabile. Chi gestisce Fli usa metodi da falchi, che a me non vanno bene. Mi riferisco ai vari Granata, Bocchino e company, che decidono tutto senza il nostro parere".

Lo ha affermato Souad Sbai, parlando all’Adnkronos e confermando l’addio al gruppo di Fli a Montecitorio. "Ho stima di Fini ma non posso continuare a seguire chi gli sta intorno. La mia e’ una scelta personale. Per questo ho avvertito personalmente il presidente Berlusconi".

LA RUSSA: Su Cosentino una maggioranza ampia nonostante Fli

"La maggioranza e’ stata ampia malgrado gli assenti". Lo ha affermato il ministro della Difesa Ignazio La Russa, commentando la votazione sull’autorizzazione all’uso delle intercettazioni nei confronti di Nicola Cosentino. "Abbiamo la maggioranza anche senza i ’fillini’", ha detto il coordinatore nazionale del Pdl con una battuta sui componenti di Futuro e liberta’.

CICCHITTO: Il risultato del voto su Cosentino sconfigge il giustizialismo
“Il voto su Cosentino e’ stato un risultato molto significativo, perche’ il giustizialismo e’ andato incontro ad una chiara sconfitta".

Lo ha affermato il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, che ha osservato: "Si e’ trattato infatti di una scelta innanzitutto sul terreno dei valori, che evidentemente ha anche qualche implicazione politica. A nostro avviso il risultato di questo voto deve indurre ad una seria riflessione i parlamentari del Fli. Dubito fortemente che Fli abbia votato compatto. Sono molto soddisfatto, abbiamo avuto una ventina di voti in piu’, almeno cinque o sei dissidenti dell’Udc. E c’e’ da considerare che alcuni dei nostri erano assenti".


FRATTINI: Avremo la maggioranza alla Camera anche senza i finiani
“Il governo potra’ contare su una maggioranza di 316 voti alla Camera anche senza i finiani, ma sono certo che i deputati di Futuro e liberta’ voteranno per le dichiarazioni del presidente del Consiglio. Lo faranno tutti, perche’ hanno garantito lealta’ sulla sostanza".

Lo ha affermato il ministro degli Esteri Franco Frattini, parlando nel corso di una videochat nella redazione web del Tg1. “Ci sono alcuni parlamentari centristi che hanno capito che lavorare insieme, su temi come il mezzogiorno, puo’ portare a fare il bene del sud. Sono convinto che vi saranno deputati che appoggeranno il nostro programma. E’ il momento per i deputati dell’opposizione di farsi avanti ed essere responsabili. Non esiste alcun mercato in corso. Sul programma, di fronte a possibili convergenze, non si tratterebbe dell’acquisto di parlamentari ma di persone che per ideali lavorano per il bene del paese".

FESTA DELLA LIBERTA'

FESTA DELLA LIBERTA': Programma di venerdì e sabato


FESTA DELLA LIBERTA’ (MILANO CASTELLO SFORZESCO)



Venerdì 24/09

Ore 18:00



CONFERENZA STAMPA DEI TRE COORDINATORI

SANDRO BONDI, IGNAZIO LA RUSSA, DENIS VERDINI

Partecipanti: BONDI Sandro, LA RUSSA Ignazio, VERDINI Denis





Sabato 25/09

Ore 11:00

QUALI ISTITUZIONI TERRITORIALI NELLA NUOVA ITALIA

Il cambiamento che serve ai cittadini. Federalismo fiscale e demaniale/Liberalizzazioni nei servizi pubblici locali/Il Codice delle autonomie





Ore 15:00

SCUOLA E UNIVERSITÀ: LA RIVOLUZIONE DEL MERITO

Modera: Marco Tarquinio Partecipano: Mariastella Gelmini, Valentina Aprea, Elena Centemero, Paola Frassinetti, Francesco Pasquali, Giovanni Donzelli





Ore 17:30

IL GOVERNO BERLUSCONI MANTIENE GLI IMPEGNI

Maurizio Belpietro intervista Ignazio la Russa e Mariastella Gelmini





Ore 21:00

SICUREZZA E LOTTA AL CRIMINE: DUE ANNI DI SUCCESSI SENZA PRECEDENTI

Modera: Gennaro Sangiuliano Partecipano: Alfredo Mantovano, Guido Crosetto, Giuseppe Cossiga, Riccardo De Corato, Jole Santelli, Edmondo Cirielli Conclude: Ignazio La Russa Concerto di Ornella Vanoni e il cabaret di Pintus

mercoledì 22 settembre 2010

NO CASE AI ROM A 20 EURO AL MESE

il nomadismo non esiste piu' e lo dimostrano tanto la Francia quanto la posizione di Nicolas Sarkozy.



MILANO: GIBELLI, NO CASE AI ROM A 20 EURO AL MESE

'Nel 2010 e' 'quantomeno anacronistico concepire come fatto culturale l'auto-ghettizzazione'
'Case a 20 euro al mese ai rom? No grazie'. Lo ha dichiarato il vicepresidente della Regione Lombardia, Andrea Gibelli, commentando la proposta di Palazzo Marino di affittare ai nomadi a prezzi stracciati appartamenti di proprieta' dell'Aler. 'Prima vengono i lombardi', ha sottolineato l'esponente leghista, ricordando che gli stessi alloggi "vengono assegnati a cittadini italiani a costi fino a 22 volte superiori".

Secondo Gibelli, nel 2010 e' 'quantomeno anacronistico concepire come fatto culturale l'auto-ghettizzazione: il nomadismo non esiste piu' e lo dimostrano tanto la Francia quanto la posizione assunta dal suo presidente, Nicolas Sarkozy. Se una persona deve venire in Italia e vivere di mezzucci, senza adeguarsi alle nostre regole, allora e' meglio che non venga proprio. Anzi, diciamola tutta: in Lombardia puo' restare solo chi ha davvero voglia di cercarsi un lavoro'.

Quanto alle polemiche scoppiate attorno a Mariolina Moioli, assessorato alla Famiglia, Scuola e Politiche sociali del Comune di Milano, finita nell'occhio del ciclone dopo aver ventilato l'ipotesi di assegnare 25 alloggi Aler ai rom sgomberati dal Triboniano, Gibelli ha invitato l'esponente del Pdl a 'tenere sempre in grande considerazione cio' che dice la Lega'.

martedì 21 settembre 2010

LA DESTRA SUL MONVISO COMMEMORA L’UNITÀ D’ITALIA

La Destra dà inizio in Piemonte alle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ricordando la salita al Monviso che nel 1863 lo statista piemontese Quintino Sella compì accompagnato da un deputato calabrese, per sancire con la rappresentanza del Nord e del Sud l’unità d’Italia. I dirigenti e i militanti de La Destra, guidati dai dirigenti regionali Giuseppe Lonero e Paolo Chiarenza, venerdì 24 settembre saliranno alle pendici del Monviso per sventolare il Tricolore e cantare “Fratelli d’Italia”, confermando visibilmente che il Monviso è un simbolo dell’Italia, e che la provincia di Cuneo, con il Risorgimento, la 1a e la 2a Guerra mondiale, il senso del dovere, il mito degli Alpini, è parte della storia e dell’unità d’ Italia.

LORENZIN: Roma Capitale e' il primo passo verso una nuova crescita

"Il voto compatto nel Consiglio dei ministri di stamattina sul decreto Roma Capitale e’ l’ennesima vittoria della concretezza e della responsabilita’ di governo". Lo ha dichiarato Beatrice Lorenzin, deputato del Pdl, che ha sottolineato:

"Roma, in occasione del suo 140esimo anniversario come capitale d’Italia, si presenta con tutte le carte in regola per avere finalmente una governance adatta alle sue reali potenzialita’. Oggi si e’ fatto il primo passo verso una nuova stagione che, ne sono certa, vedra’ tutti, classe politica, categorie sociali e produttive e cittadini, impegnati a far si’ che Roma sia una capitale al passo con le altre grandi citta’ europee".

 
MELONI: Il decreto su Roma Capitale rafforza il suo valore
 
 "Al di la’ delle battute poco eleganti di Bossi e delle incerte polemiche di una opposizione ’a prescindere’, resta il dato di fatto di questa giornata: con il Decreto Roma capitale l’Italia rafforza il valore e l’importanza della sua storica e unica capitale, alla quale non potranno mai sostituirsi ne’ affiancarsi delle altre, dotandola di una governance finalmente all’altezza del ruolo che e’ chiamata a svolgere".

Cosi’ si e’ espresso il ministro della Gioventu’, Giorgia Meloni, commentando il varo del Decreto legislativo su Roma Capitale. "Il traguardo tagliato quest’oggi e’ stato il frutto del lavoro svolto in un clima di assoluta partecipazione e condivisione da parte di tutte le forze della maggioranza, ed e’ stato salutato con sincera emozione da tutti i ministri e dal sindaco Alemanno, del quale sono stati unanimemente riconosciuti il grande impegno e l’irrinunciabile contributo in questo lavoro. Comprendo come questo evento possa mal conciliarsi con la teoria della sudditanza del Pdl rispetto alla Lega Nord ma credo che anche i commentatori piu’ faziosi debbano finalmente prendere atto di questa realta’. Siamo quotidianamente impegnati a riformare l’Italia tutta, da nord a sud, ed oggi abbiamo compiuto un altro passo in avanti, insieme".



CRIMI: Roma Capitale e' un tassello fondamentale del federalismo



"L’approvazione con voto unanime da parte del Consiglio dei ministri del decreto ’Roma Capitale’ e’ un’ulteriore dimostrazione di come governo e maggioranza stiano lavorando compatti per realizzare il programma di ammodernamento del Paese. Il conferimento di poteri speciali alla Citta’ di Roma rappresenta uno di quei tasselli fondamentali del federalismo che serviranno a valorizzare nel modo migliore le realta’ locali, con tutte le loro tipicita’, del nostro territorio nazionale.

Con la decisione di oggi si apre una pagina storica, che consentira’ alla nostra Capitale di giocare un ruolo ancora piu’ determinante nel panorama italiano ed europeo". Lo ha dichiarato il deputato del PdL e sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Rocco Crimi.