lunedì 3 gennaio 2011

CONTI IN ORDINE

CONTI IN ORDINE

Le famiglie italiane restano tra le meno indebitate del mondo e, nonostante la crisi, possiedono una quota di ricchezza netta mondiale tra le più alte: vale il 5,7% ed è superiore alla quota italiana del prodotto interno lordo (3%) e della popolazione del mondo (1%). Questi dati, contenuti nel bollettino statistico di Bankitalia sulla "ricchezza delle famiglie italiane" relativo al 2009, confermano anche grazie alle politiche del governo i punti di forza del Paese: alto risparmio privato, sistema bancario solido, conti pubblici sotto controllo.


Naturalmente il rapporto di Bankitalia contiene luci e ombre, queste ultime fisiologiche e comuni a tutti i paesi occidentali perché caratterizzate da una diminuzione del reddito pro capite nel pieno della crisi. Si tratta di dati che, nel loro complesso, meritano una riflessione seria: non certo le consuete "sparate" propagandistiche di alcuni esponenti dell’opposizione e le interpretazioni faziose della stampa di complemento.


Primo esempio. Parliamo dello storico problema della "disuguaglianza", laddove Bankitalia annota che il 45% della ricchezza è in mano al 10% delle famiglie. Basta andarsi a rileggere le vecchie statistiche di Bankitalia nei decenni per rilevare che si tratta di un dato sempre uguale a se stesso e con lievissime oscillazioni. Non è dunque vero che "in Italia aumenta il divario fra ricchi e poveri" (Di Pietro e altri). Com’è totalmente falso quanto dichiarato da Fassina (Pd) secondo il quale la distribuzione di ricchezza in Italia "è fra le più inique delle economie sviluppate". Bankitalia lo smentisce sonoramente laddove scrive: "Nel confronto internazionale l’Italia registra un livello di disuguaglianza della ricchezza netta tra le famiglie piuttosto contenuto anche rispetto ai soli paesi più avanzati".

Ciò non significa che il fenomeno non vada corretto: per questo il governo è fortemente impegnato con straordinari risultati nella lotta all’evasione fiscale e ai paradisi fiscali, mentre il premier ha inserito la riforma fiscale (che non si fa in pochi minuti) tra i cinque punti sui quali concentrare la prossima attività di governo.

Secondo esempio. Il dato sul calo del reddito pro capite: Bankitalia annota una diminuzione del 5,6% tra il 2007 e il 2008, quando è esplosa la crisi mondiale, con conseguente calo dei consumi, aumento della disoccupazione, cassa integrazione e quindi taglio dei rediti disponibili. E’ accaduto ovunque nel mondo e in Europa. Bankitalia osserva poi che tra la fine del 2008 (metà governo Prodi, metà governo Berlusconi) e la fine del 2009 (governo Berlusconi) la ricchezza netta delle famiglie segnala un recupero dell’1,1%. Bando dunque alle speculazioni politiche, costruite attingendo ai dati di Bankitalia che più fanno comodo e tacendo su altri meno utili a polemiche di bassa bottega.

Le enormi risorse impegnate negli ammortizzatori sociali durante la crisi, gli aiuti alle famiglie (come la sospensione dei mutui), la detassazione dei salari legati alla produttività, il sostegno alle imprese, il piano per il Sud e l’impegno del governo a portare a termine una grande riforma fiscale confermano che il tema dei redditi è al centro della politica del governo per sostenere la ripresa.

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