giovedì 7 luglio 2011

LODO MONDADORI: La vicenda in sintesi

LODO MONDADORI: La vicenda in sintesi


Sabato mattina, 9 luglio, il Tribunale civile di appello di Milano, presieduto dal giudice De Ruggiero, depositerà in cancelleria la sentenza, maturata dopo sette mesi di camera di Consiglio, in relazione alla richiesta di risarcimento fatta dalla Cir di De Benedetti alla Fininvest per la questione nota come Lodo Mondadori. Un caso giudiziario lungo e complesso che si trascina addirittura dagli anni 90.

Ecco in sintesi la storia del Lodo Mondadori e le posizioni delle parti così come evidenziate in questi anni.


Negli anni ’80 la Mondadori è il principale gruppo editoriale italiano e controlla la cosiddetta Mondadori classica (libri e riviste) e il gruppo Espresso (riviste e quotidiani: Repubblica e Finegil). Nel 1988, gli azionisti Cir e Formenton sottoscrivono un accordo (segreto agli altri soci, tra cui Fininvest) per uno scambio di azioni.

Formenton, lamentando inadempienze di Cir, chiede l’intervento di un collegio arbitrale. Il Lodo Pratis (dal nome del presidente, un ex magistrato) il 20 giugno 1990, a maggioranza, dà ragione a Cir. Formenton impugna il Lodo davanti alla Corte di Appello di Roma. Intervengono anche Fininvest (alleata dei Formenton) e altri soci.

Il 24 gennaio 1991 la Corte annulla il Lodo.

Il 29 aprile 1991 si giunge alla spartizione: la Mondadori classica a Fininvest, il gruppo Espresso con Repubblica e i quotidiani Finegil a Cir. Mediatore è Giuseppe Ciarrapico, incaricato da Andreotti e voluto da Carlo Caracciolo (socio di De Benedetti).

Nel 1995, a seguito di dichiarazioni di Stefania Ariosto, la Procura di Milano inizia indagini a carico, fra gli altri, di Berlusconi e Cesare Previti, cui viene contestata la corruzione del giudice Metta, relatore nella causa d’Appello sul Lodo Pratis.

Il procedimento penale ha uno svolgimento tormentato: nel giugno 2000 tutti gli imputati vengono prosciolti "perché il fatto non sussiste", nel marzo 2001 Berlusconi viene assolto per prescrizione (applicazione delle attenuanti generiche) e la Cassazione confermerà. Previti, il giudice Metta e altri nel marzo 2003 vengono condannati dal Tribunale di Milano (Presidente Carfì) ma nel maggio 2005 la Corte di Appello li assolve tutti. Un anno dopo la Cassazione annulla la sentenza e rinvia alla Corte di Appello, che condanna e rinvia al giudice civile per la liquidazione del danno. La Cassazione confermerà.





Ad aprile 2004 Cir cita Fininvest chiedendo circa 500 milioni di Euro per danno extra contrattuale oltre interessi e rivalutazione. Sostiene, in primo luogo, che la sentenza della Corte di Appello di Roma, essendo frutto di corruzione, è una sentenza ingiusta che ha indebolito la stessa Cir nelle trattative per la spartizione dell’aprile 1991. Come domanda subordinata, si afferma che la corruzione di uno dei componenti della Corte di Appello di Roma ha privato Cir della chance di ottenere una sentenza favorevole.

Per quantificare il danno, Cir si basa sulla differenza fra le condizioni della transazione effettivamente raggiunta nel 1991 e quelle di un’altra ipotesi di spartizione del giugno 1990 (quindi prima della sentenza che annullava il Lodo), ipotesi attribuita erroneamente a Fininvest ma che di Fininvest non è (nel corso di tutto il giudizio civile Cir non riuscirà a dimostrare che questa proposta è di provenienza Fininvest).

Il 3 ottobre 2009 il Tribunale di Milano, giudice unico Raimondo Mesiano, condanna Fininvest a pagare a Cir la somma di circa 750 milioni di Euro, oltre accessori. Fininvest presenta una fideiussione bancaria per 806 milioni e Cir rinuncia all’esecuzione della sentenza fino alla decisione della Corte di Appello.





La tesi di fondo di Mesiano è sorprendente: riconosce che anche con un giudice non corrotto la Corte d’appello di Roma nel 91 avrebbe potuto giungere alle stesse conclusioni: la Cir ha torto, Lodo annullato. Ma secondo Mesiano senza la corruzione di Metta Cir avrebbe avuto ottime probabilità di ottenere invece una sentenza a lei favorevole. Stima anche, a spanne, queste probabilità o chance di Cir : 80 su 100, e in questa misura liquida il danno richiesto da Cir.

Nel marzo 2010, la Corte d’Appello di Milano dispone una consulenza tecnica d’ufficio (CTU). La consulenza, peraltro duramente contestata da Fininvest che a sua volta deposita una sua consulenza, riconosce comunque che Mesiano commette tra l’altro una serie di errori grossolani: nella valutazione delle azioni Espresso calcola un maggiore danno a favore di Cir per ben 104 miliardi di Lire, e calcola sempre a favore di Cir una cosiddetta "integrazione equitativa" di ben 92 miliardi di lire che i consulenti d’ufficio abbassano a 5,4 miliardi. Complessivamente, la consulenza d’ufficio dimezza circa la cifra stabilita da Mesiano a favore di Cir come risarcimento del danno. La Fininvest, che peraltro non è mai stata chiamata in causa in tutta la vicenda penale, sostiene di non avere alcuna responsabilità e che neppure un euro è dovuto alla Cir.

Alcune considerazioni, non solo giuridiche.

Nel 1991, la Fininvest controllava tutta la Mondadori, e la spartizione le fu imposta dalla politica, contraria a un’eccessiva concentrazione mediatica





Contrariamente alla Fininvest, De Benedetti si dichiarò soddisfattissimo. Del resto, dall’accordo ottenne una parte molto rilevante, sia dal punto di vista economico (con redditività e previsioni di crescita futura più alte) che del prestigio/peso politico: oltre all’Espresso, ebbe la Repubblica e i quotidiani locali della Finegil

La sentenza della Corte d’Appello di Roma, attorno a cui ruota tutto l’affaire, era una sentenza giusta, in linea con l’orientamento prevalente della dottrina e della giurisprudenza. In ogni caso, quindi, i giudici non avrebbero potuto che decidere come hanno deciso e la Cir non ha perso alcuna chance di vincere semplicemente perché non ne aveva.

Al di là del giudice Metta, relatore, il collegio era composto da altri due magistrati, il presidente Valente e il giudice a latere Paolini. Secondo Mesiano chi ha deciso tutto è stato Metta, il "corrotto"; gli altri due hanno fatto i "figuranti". Ma Valente e Paolini, sentiti proprio da Mesiano, hanno confermato di aver studiato bene la causa e di aver trattato approfonditamente la questione in camera di consiglio.

La perizia chiesta da Fininvest è stata disposta dalla Corte d’Appello di Milano secondo modalità che vanno nella direzione opposta rispetto a quella sottolineata da Fininvest stessa. La società, infatti, chiedeva di valutare se la spartizione fosse avvenuta, come effettivamente avvenne, a valori corretti, in linea con quelli di mercato dell’epoca. La Corte, invece, ha chiesto ai consulenti tutt’altra cosa: valutare se e quanto i valori delle società interessate dall’accordo fossero variati tra giugno 1990, data di un’ipotesi di intesa che si è voluta attribuire a Fininvest ma che non è di Fininvest, e l’aprile successivo, al momento della spartizione.

La Mondadori vale oggi in borsa poco più di 600 milioni di euro. La Fininvest ne controlla il 51%. E a fronte di questo valore Fininvest dovrebbe pagare (secondo Mesiano) un risarcimento di 750 milioni!!!!





Qui non stiamo parlando delle tasche di Silvio Berlusconi o della sua famiglia, ma di una delle principali realtà imprenditoriali del Paese, un gruppo che dà lavoro a quasi 20 mila persone, che ogni giorno versa allo Stato tra imposte e contributi più di 4 miliardi delle vecchie lire. Un gruppo che ha importanti presenze internazionali: Mediaset, ad esempio, è il primo operatore tv della Spagna, Mondadori è uno dei maggiori editori di Francia e attraverso il suo network sta esportando in tutto il mondo gli stili di vita italiani, dalla moda al design alla cucina. E’ tutto questo che si colpisce. Solo negli ultimi dieci anni il gruppo ha investito oltre 16 miliardi. La Fininvest farà di tutto per sostenere al massimo le aziende, che sono solide e ben gestite, e la loro crescita, ma è evidente che l’esproprio di risorse finanziarie così rilevanti creerebbe serissimi problemi a chiunque.

Nessun commento:

Posta un commento