venerdì 6 gennaio 2012

P.d.L.: Lavoro, giusto ricordare i nostri meriti

FATTI & MISFATTI: Lavoro, giusto ricordare i nostri meriti

04 gennaio 2012 ore 19:00 Dopo la stangata di fine anno, con la manovra fatta per quattro quinti da aumenti di tasse, il governo di Mario Monti si cimenta con la sospirata agenda della crescita. Partendo da due riforme: il mercato del lavoro e le liberalizzazioni. Evviva: fin dall’inizio abbiamo detto che attendevamo dai tecnici misure autenticamente liberali ed europee. Vedremo ora quanto sarà coerente, soprattutto nella sfida alla Cgil e alle altre corporazioni (altro che tassisti e farmacisti) che hanno i loro lord protettori soprattutto a sinistra.





Il Popolo della Libertà non ha nulla da temere; anzi vede confermata la bontà di quanto fatto dal governo di centrodestra, ed affermata una continuità con tutti gli esecutivi di Silvio Berlusconi dal 1994 ad oggi. Partendo dai fatti più recenti, la modifica dell’articolo 18 della Statuto dei lavoratori, che è al centro delle intenzioni di Monti, era ben presente sia nella manovra del luglio 2010, sia in quella di agosto approvata a settembre.





Con la prima il governo recepì gli accordi sulla contrattazione aziendale, che superava la logica della concertazione “su tutto e con tutti”, aprendo tra l’altro la strada alla permanenza in Italia della Fiat. Ad agosto il nostro governo andò oltre, prevedendo esplicitamente il superamento dell’articolo 18, per eliminare tutele anacronistiche per i già garantiti a vantaggio di giovani e precari.

Allora venimmo accusati di macelleria sociale, e alla fine anche la Confindustria di Emma Marcegaglia preferì sacrificare un’occasione storica per rifugiarsi nella rassicurante stretta di mano con la Cgil. Ma andando indietro nel tempo non si può non ricordare la vicenda Alitalia, quando il nostro governo mantenne in Italia un’azienda strategica rompendo il tabù del contratto unico; il “patto per Milano” tra centrodestra e sindacati riformisti; la legge Biagi del 2001-2006; fino a quella piazza armata dalla Cgil di Sergio Cofferati nel 1994 contro la nostra lungimirante prima riforma delle pensioni.

C’è un filo rosso tra la lontana adunata di San Giovanni e Susanna Camusso che andava in piazza cantando Bella Ciao contro Berlusconi (e Bersani la seguiva obbediente). Dicevano che volevamo mandare a casa i lavoratori: ora si vede come dare meno tutele a chi ne ha troppe, darne a chi non ne ha nessuna e creare un clima favorevole agli investimenti sia il solo modo per rilanciare la crescita, non solo qui ma in tutta Europa. Noi il coraggio lo abbiamo avuto: ora ci prova Monti.

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