martedì 29 giugno 2010

Castricalà: Relazione 2009 sull'attività dell'Antitrust

Roma, 15 giugno 2010



Autorità, Signore, Signori

Ricorre quest’anno il ventennale dell’istituzione dell’Autorità.

Non è però il tempo per le celebrazioni.

La perdurante situazione di crisi mette a dura prova i sistemi

economici del Vecchio Continente e pone sotto tensione gli assetti

istituzionali comunitari.

La dimensione delle forze in gioco supera la capacità di intervento

dei singoli Stati e l’assenza di coordinamento lascia spazio agli arbitraggi

speculativi.

L’idea di Europa che ha ispirato le scelte salienti dell’Italia

repubblicana si sta appannando sotto la spinta di malcelate istanze

nazionalistiche. L’Unione, del resto, ha rallentato il passo propositivo.

Proprio per questo il salto di qualità nel processo di integrazione

non è più rinviabile.

Gli eventi di queste ultime settimane ci hanno dimostrato che

il superamento delle visioni ristrette - cui il Governo italiano sta

fattivamente contribuendo - è l’unica opzione per contrastare gli effetti

negativi della globalizzazione.

Sia pure in una cornice di impegno europeo, spettano peraltro

ai singoli Stati le mosse necessarie per consentire ai vigenti sistemi

di sopravvivere nell’economia del XXI secolo e per assicurare ai cittadini

un tenore di vita accettabile.

Sotto questo profilo la valutazione degli assetti di scambio nel

nostro Paese perviene a esiti ancora insoddisfacenti.

La cultura dell’efficienza, del merito e della responsabilità

non riesce ad affermarsi negli indirizzi legislativi, nelle prassi

amministrative, negli atteggiamenti della politica, delle parti sociali

e delle categorie produttive.

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All’approvazione della legge istitutiva dell’Antitrust non è

seguito un percorso coerente e organico di ristrutturazione e di apertura

effettiva dei mercati.

Durante la congiuntura internazionale positiva degli anni

Novanta abbiamo perso occasioni storiche per la creazione delle

condizioni di contesto necessarie allo sviluppo.

Il processo di liberalizzazione è stato altalenante e contraddittorio:

in alcuni settori si sono ottenuti risultati significativi; in altri si sono

incontrati gravi ostacoli. Nel complesso l’opinione pubblica non sempre

ha avuto modo di percepire i benefici delle riforme.

Il mercato non ha tardato a presentare il conto.

L’Italia patisce, quanto meno dal 2000, tassi di crescita del PIL

inferiori a quelli della media dei Paesi OCSE e UE. La produttività pro

capite diminuisce costantemente. La quota delle nostre esportazioni

si riduce comparativamente. Gli investitori esteri non considerano

attrattivo il Paese.

Parlamento e Governo ben sanno che occorre alleggerire il peso

della burocrazia, sveltire i processi civili, investire in formazione,

ricerca e sviluppo, incrementare il patrimonio infrastrutturale.

Noi abbiamo il dovere di segnalare che non possiamo più pagare

il prezzo di politiche anticompetitive.

I costi degli input produttivi sono più alti della media europea:

28% in più per l’energia elettrica, 6% in più per i fidi, 100% per la

responsabilità civile automobilistica. L’adeguamento dei costi a quelli

dei nostri vicini darà respiro alla grande industria e ai distretti; consentirà

prezzi più bassi; renderà probabile l’aumento dei consumi delle famiglie.

Perché ciò accada è necessario iniettare nel sistema dosi massicce

di concorrenza.

Lo stato della concorrenza nei singoli mercati

L’espansione della concorrenza nel settore dell’energia, con il

conseguente contenimento durevole dei costi, richiede il potenziamento

delle strutture di interconnessione della rete. Nonostante sia avanzato

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il grado di liberalizzazione dei mercati elettrici, vi sono zone del Paese

sostanzialmente isolate nelle quali si formano artificiose posizioni

dominanti che alterano le condizioni dell’offerta.

Occorre aumentare la capacità di stoccaggio del gas, che per

il nostro sistema energetico è condizionante, e favorire l’attivazione

di nuovi rigassificatori affinché la materia prima abbia accesso alla rete

nazionale senza l’intermediazione dell’operatore incumbent. Il recente

schema di decreto legislativo sugli stoccaggi si muove verso questo

obiettivo, a condizione che si adottino cautele per limitare l’azione

dell’impresa dominante nella gestione delle nuove quantità.

Nel settore delle comunicazioni va recuperato il ritardo nello

sviluppo della rete di nuova generazione per la banda larga.

La dimensione degli investimenti richiede l’intervento di più

soggetti privati e di società pubbliche che ritengano profittevole la spesa.

Per tale ragione l’Autorità non è pregiudizialmente contraria a ipotesi

di cooperazione tra imprese rivali, purché siano garantite l’assenza di

pratiche nocive per la concorrenza e la neutralità nella gestione della rete.

Le regole di governance dovranno a tal fine essere valutate dall’Antitrust.

I servizi pubblici locali rimangono saldamente in mano alle imprese

ex municipalizzate e i meccanismi della competizione per il mercato

stentano ad affermarsi. L’ente locale imprenditore resta ancora

imprigionato in un palese conflitto tra più obbligazioni: gestire il servizio

in modo efficiente; valorizzare finanziariamente la partecipazione;

utilizzare l’azienda per ridurre le tensioni sociali, lenendo disoccupazione.

La sottrazione di un amplissimo spazio al mercato ha impedito alle nostre

industrie di settore la crescita e l’affermazione nell’arena europea, così

come, invece, è accaduto per imprese di altre Nazioni che oggi si

affacciano sulle piazze italiane in posizione di potere commerciale.

La recente riforma ha due punti di forza: impone l’obbligo

generalizzato della gara e definisce direttamente a livello legislativo

una precisa cronologia. Il punto di debolezza si nasconde dietro l’angolo

ed è la facilità con cui possono insinuarsi proroghe.

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Del resto troppa ideologia offusca il dibattito.

Occorre osservare che in molti settori, compreso quello idrico,

riserve di monopolio e privilegi operativi sono garantiti a società

sia pubbliche sia private da norme nazionali e regionali che, in nome

dell’interesse generale, restringono la concorrenza anche quando

più efficienti soluzioni di mercato sarebbero agevolmente praticabili.

Nel settore del credito il percorso di ammodernamento, iniziato

negli anni Novanta con il passaggio da una gestione integralmente

pubblicistica al sistema delle fondazioni, ha prodotto importanti risultati.

Le banche italiane si sono dimostrate più solide di quelle di

altri Paesi. Tuttavia, all’indubbia qualità si associa una perdurante

debolezza degli stimoli competitivi.

Dal lato dell’offerta l’intensità degli intrecci azionari e personali

tra imprese concorrenti costituisce una peculiarità nazionale che frena

le spinte concorrenziali, riduce la contendibilità del controllo e attenua

il rapporto tra capitale di rischio investito e responsabilità. Nel settore

finanziario sono ancora troppo frequenti le ipotesi di controllo di fatto,

dissimulato da partecipazioni di minoranza. E ciò consente gestioni

imprenditoriali per le quali risulta indebolita la disciplina del mercato.

La domanda, d’altro lato, è caratterizzata da scarsa mobilità

della clientela e da intollerabili squilibri, accentuati dall’asimmetria

informativa, nei rapporti contrattuali con i consumatori e con le

piccole imprese.

I nostri ripetuti appelli a una legislazione di principi sulla

governance bancaria sono rimasti inascoltati.

I premi relativi alle assicurazioni per la responsabilità civile

automobilistica, nonostante le recenti riforme, continuano a salire

secondo dinamiche non chiare. La rilevante incidenza della spesa per

questo servizio sui costi di famiglie e imprese, di recente confermata

dall’ISVAP, ha indotto l’Autorità ad aprire un’indagine conoscitiva.

Ci aspettiamo dagli operatori la massima collaborazione.

Ancora chiuso agli stimoli competitivi è il settore del trasporto

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ferroviario dei passeggeri. Nel trasporto pubblico regionale recenti

interventi normativi hanno di fatto rinviato sine die l’avvio delle gare

e favorito l’incumbent negli affidamenti diretti.

D’altra parte il servizio pubblico non è chiaramente definito

nel perimetro e nelle modalità di finanziamento.

Per questi motivi e per rispondere a una procedura di infrazione

comunitaria è necessario istituire un sistema di regolazione tecnicamente

adeguato e indipendente, senza il quale i vantaggi della liberalizzazione

stenteranno ad affermarsi.

In campo autostradale concessioni a scadenza lontana, associate

alla debolezza strutturale della vigilanza, pregiudicano l’affermazione

della concorrenza.

Sorte analoga sta subendo il comparto delle gestioni aeroportuali,

anch’esse monopoli naturali. Sarebbe stata buona regola individuare

il soggetto gestore attraverso procedure selettive per periodi adeguati

al livello degli investimenti, non più lunghi.

Nel settore postale la liberalizzazione è stata ritardata ma il diritto

comunitario impone, a partire dalla fine di quest’anno, l’eliminazione

della riserva come strumento di finanziamento del servizio universale.

Occorre pertanto definire la cornice normativa all’interno della

quale potrebbero svilupparsi innovative esperienze imprenditoriali.

In primo luogo bisogna stabilire le regole di accesso alla rete e le nuove

modalità di garanzia del servizio universale, da basare essenzialmente

sulla concorrenza per il mercato.

L’Autorità sta conducendo un’indagine conoscitiva sul settore

della televisione. Si tratta di aggiornare i dati emersi nel 2004 alla luce

degli attuali assetti dell’offerta, delle nuove modalità trasmissive e

della crescente competizione con telefonia mobile e internet. Per la fine

dell’anno saremo in grado di comunicare i primi risultati.

Nei servizi privati ancora molti ostacoli di origine regolatoria

limitano ingiustificatamente lo sviluppo del mercato.

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Si consideri che in futuro proprio le attività che continuamente

nascono in questo settore potranno offrire crescenti occasioni di lavoro.

Il recente decreto attuativo della direttiva comunitaria sui

servizi nel mercato interno rappresenta un miglioramento dello

status quo ma appare nel complesso timido, espressione in fondo

di una cultura burocratica sospettosa nei confronti dell’iniziativa

economica privata.

Le prestazioni professionali rappresentano una parte importante

dei servizi forniti a consumatori e imprese e, in termini di costi,

una voce particolarmente incisiva, da non aggravare con riforme

anacronistiche.

Nuovi assetti regolatori sarebbero necessari per la sanità, oggetto

di una nostra indagine conoscitiva.

È complessa l’introduzione di meccanismi finalizzati alla

corrispondenza tra i valori sociali e umani che i sistemi sanitari si

propongono di tutelare, le condizioni di efficienza nell’uso delle risorse

economiche impiegate e la libertà di iniziativa economica dei privati.

Il modello di intervento pubblico è incentrato sull’attribuzione

delle responsabilità a livello regionale, sia per l’erogazione materiale

dei servizi sia per la gestione delle risorse. In questo senso

l’articolazione della sanità pubblica è già federalista.

In un sistema basato su pagamenti per le singole prestazioni

fornite è essenziale, dal nostro punto di vista, che anche le aziende

ospedaliere pubbliche adottino integralmente e senza gli adattamenti

oggi consentiti il modello di bilancio imposto dal codice civile ai privati.

È una condizione imprescindibile, anche se non l’unica, affinché

possa svilupparsi competizione tra i grandi ospedali e i centri privati di

eccellenza che erogano prestazioni sanitarie.

Altra questione concerne la qualità della spesa.

Le nostre istruttorie hanno dimostrato l’esistenza di contesti

collusivi, causa di oneri impropri a carico della collettività.

La sanità non può essere considerata l’albero della cuccagna.

È opportuna la generalizzazione degli acquisti centralizzati

per uniformare e razionalizzare la spesa in prodotti sanitari.

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D’altra parte i ritardi delle amministrazioni nei pagamenti minacciano

il buon funzionamento delle società fornitrici e rischiano di riflettersi

in negativo sulla tutela della salute.

La regolazione

Il percorso di interventi che si è tratteggiato dovrebbe avere

una sede istituzionale propria per essere intrapreso, sostenuto nel tempo

e condotto coerentemente a termine.

Il legislatore del 2009 ha individuato lo strumento della legge

annuale di concorrenza come atto a iniziativa vincolata: il Governo,

anche sulla scorta delle segnalazioni delle autorità di vigilanza,

dovrà proporre le norme necessarie a promuovere lo sviluppo della

concorrenza e a garantire la tutela dei consumatori.

Il nesso tra l’efficienza dei mercati, la capacità produttiva del

sistema e gli equilibri di finanza pubblica suggerisce che la legge

annuale abbia tempi certi di approvazione come accade per la manovra

di bilancio e finanziaria cui è funzionalmente collegata.

Fin dal febbraio scorso una nostra segnalazione ha elencato gli

interventi necessari indicando come prioritari quelli nei settori delle

poste, dei trasporti, dell’energia e della finanza. Il termine di legge

previsto per l’approvazione del progetto in Consiglio dei Ministri

è scaduto ma il disegno governativo non è stato ancora presentato.

Negli ultimi mesi abbiamo denunciato che la primavera delle

liberalizzazioni si era prematuramente interrotta e il percorso riformatore

procedeva con eccessiva lentezza.

La crisi aveva generato l’errata idea che la concorrenza non fosse

in grado di fornire le certezze di cui i cittadini hanno bisogno nelle

difficoltà e l’infondato sospetto che di queste ultime fosse responsabile

proprio il mercato.

Accogliamo con favore le recenti dichiarazioni del Governo sulla

volontà di aprire una nuova stagione di liberalizzazioni.

Ben vengano le riforme costituzionali utili al fine. Condividiamo

la necessità di anticiparne gli effetti con legge ordinaria, che garantisca

a chiunque il diritto di intraprendere senza oneri burocratici.

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C’è anche l’urgenza di consentire alle nuove imprese e a quelle già

esistenti di crescere e produrre ricchezza. Va quindi riformato il contesto

di mercato oggi ostile al pieno esercizio dell’iniziativa economica. Lo

strumento c’è, le idee non mancano, occorre tradurle senza ulteriore

indugio in norme e fatti concreti.

La tutela della concorrenza

Dall’inizio del 2009 l’Autorità ha concluso 12 procedimenti

istruttori per intese illecite. In 6 casi ha accertato l’esistenza di infrazioni,

irrogando sanzioni per quasi 50 milioni di euro; in altri 5 ha accettato

gli impegni presentati dalle parti; in un caso, infine, l’istruttoria ha dato

esito favorevole alle imprese inquisite.

Per quanto riguarda gli abusi di posizione dominante un solo

procedimento si è concluso con sanzione mentre 5 sono terminati

con l’accettazione di impegni delle imprese sotto indagine.

L’azione dell’Antitrust si è concentrata su mercati ritenuti ancora

particolarmente critici, in primo luogo quello energetico. In questo

ambito si è condotta a termine l’istruttoria su un cartello scoperto

grazie al programma di clemenza. Uno dei partecipanti all’intesa

ha potuto godere dell’immunità da qualsiasi sanzione, avendo portato

a conoscenza degli uffici l’esistenza dell’accordo segreto tra i maggiori

operatori nella vendita di gas di petrolio liquefatto per la variazione

in comune dei prezzi. Un comportamento illecito che senza la

collaborazione dell’informatore non sarebbe stato scoperto.

Numerosi sono stati gli interventi volti a ridurre i costi interbancari

che gli istituti sostengono per i reciproci servizi. In questo filone

rientrano le istruttorie sulle commissioni per l’incasso degli assegni,

per i pagamenti RID e per i prelievi Bancomat. Il dialogo con

i rappresentanti del mondo bancario sta dando importanti risultati.

Ci aspettiamo che le banche trasferiscano le riduzioni di costo

concordate sui prezzi dei servizi finali.

Più problematica la situazione nel settore delle carte di credito,

perché non stiamo trovando altrettanta disponibilità.

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Le altre istruttorie hanno riguardato i trasporti ferroviari e marittimi,

i servizi professionali, le poste e il bancoposta, le gare per forniture alle

pubbliche amministrazioni.

Nel settore editoriale e della società dell’informazione va ricordata

l’istruttoria nei confronti di Google. Per la prima volta un’Autorità

antitrust ha aperto una procedura nei confronti del nuovo gigante

dell’economia mondiale, con effetti che saranno di livello globale.

Se la consultazione pubblica non smentirà la bontà degli impegni

assunti da Google, si consentirà agli editori di selezionare le notizie

che il motore di ricerca potrà proporre nel suo portale e si garantirà

la trasparenza nelle condizioni praticate per la raccolta pubblicitaria.

La tutela del consumatore

I procedimenti di tutela dei consumatori conclusi nel periodo

di riferimento sono stati 355, di cui 315 con accertamento di violazioni.

Le sanzioni sono superiori a 40 milioni di euro. Si sono conclusi

a seguito di moral suasion altri 92 procedimenti.

Il gran numero delle denunce pervenute è indicativo del fatto

che i consumatori sono più consapevoli dei loro diritti e dello scudo

offerto dall’Autorità, ormai punto di riferimento consolidato per le

persone che si sentono colpite da vessazioni commerciali. Secondo

i criteri del Dipartimento della Funzione Pubblica, l’indice di gradimento

per l’attività del nostro contact center ha superato il 90%.

I mercati di maggiore intervento sono le comunicazioni e i servizi

creditizi e finanziari.

Episodi come quello delle commissioni di massimo scoperto,

abolite per legge ma sostituite dalle banche con oneri, certamente legali,

ma più gravosi, non contribuiscono al recupero della fiducia dei

risparmiatori. Anche il collocamento di carte di credito revolving

in luogo dei prestiti tradizionali è indicativo di un’attenzione rivolta

solo alla redditività dell’impresa e non anche all’interesse della clientela.

Nel settore aereo e turistico alcune imprese hanno penalizzato

la clientela per recuperare in parte i margini di guadagno erosi

dalla crisi.

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Aziende della grande distribuzione sono state multate per la

mancanza presso i punti vendita dei prodotti civetta reclamizzati,

per i prezzi falsamente dichiarati sottocosto e per gli sconti non veritieri.

È aumentata la frequenza degli interventi nei riguardi della

pubblicità ingannevole di prodotti alimentari e cosmetici dalle presunte

proprietà salutistiche o miracolose.

Effetti particolarmente dannosi hanno avuto i messaggi che

promettono facili guadagni derivanti dall’affiliazione a reti di franchising

per attività senza garanzia di risultato.

Diffuse si sono dimostrate le scorrettezze in caso di acquisti effettuati

fuori dei locali del venditore. È un fenomeno che stiamo attentamente

monitorando, dato il grande sviluppo attraverso la rete internet.

Trasparenza, precisione e assoluta correttezza di comunicazione

sono state pretese dall’Autorità per la fornitura di elettricità e gas e

nella conclusione dei relativi contratti.

Nel corso del 2009 si è registrato un ulteriore aumento delle

pubblicità occulte. Spiace dover constatare che in questa pratica sono

caduti anche operatori di rilievo quali le due maggiori emittenti

televisive generaliste.

Il faro dell’Antitrust si è acceso anche sulle condotte non

rispettose della garanzia di funzionalità dei prodotti di consumo.

I venditori spesso non li riparano gratuitamente o lo fanno con tempi

inaccettabili; non propongono, come dovrebbero, la sostituzione del

bene difettoso con uno integro; dirottano slealmente il consumatore

verso il produttore. Dopo aver sanzionato alcune imprese, finalmente

troviamo collaborazione nelle catene distributive dei prodotti di elettronica

e di elettrodomestici che si stanno impegnando a cambiare atteggiamento.

Un altro filone riguarda la prospettazione di facili vincite di

concorsi e lotterie. Ci sono ancora programmi televisivi in cui vengono

forniti numeri vincenti per giocare al lotto, selezionati in base a metodi

prospettati come statisticamente sicuri.

Le nostre istruttorie sono spesso stimolate dalle associazioni

dei consumatori, cui va attribuito il merito di avere per prime sostenuto

in ambiente agnostico e a volte ostile le idee di democrazia economica

che solo oggi ricevono adeguato riconoscimento legislativo.

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Da tempo chiediamo di ampliare il nostro raggio di intervento in

favore delle piccole e medie imprese, esposte alle stesse scorrettezze

che colpiscono i consumatori. Per di più questi operatori sono

costretti a tollerare prassi illecite di grandi aziende e di pubbliche

amministrazioni, come la mora nei pagamenti. I tempi della giustizia

civile non consentono una tutela immediata contro i ritardi. Il problema

non è di stabilire scadenze certe, già previste dall’ordinamento, ma

di farle rispettare con efficacia. L’Autorità è in grado di dare tutela

tempestiva a questo settore caratterizzante la nostra economia. La sede

opportuna per legittimarla potrebbe essere lo statuto delle imprese,

già in discussione in Parlamento e al quale il Governo ha promesso un

forte sostegno, anche in considerazione della rilevanza del fenomeno

qui denunciato.

***

Nella nostra quotidiana attività siamo supportati dalle Unità speciali

per la tutela dei mercati, un contingente particolarmente qualificato

della Guardia di Finanza, cui il Collegio e il Segretario generale

rivolgono il meritato riconoscimento.

Ringraziamo anche le Autorità consorelle, l’Avvocatura dello

Stato e la struttura tecnico-amministrativa dell’Antitrust.

Un ringraziamento a tutti Voi per l’attenzione.

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Roma, 14 giugno 2010

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