lunedì 26 novembre 2012

L’anno “salvifico” del governo tecnico


 Dal Manifesto di PATRIA LAVORO E LIBERTA', movimento politico fondato dall'on.Giulio Tremonti, continuiamo la pubblicazione della prima parte del testo del documento               


                            § 6. L’anno “salvifico” del governo tecnico.

Come si è premesso, ogni giorno la propaganda insiste con il suo grottesco ottimismo: l’Italia avanza, l’Italia attacca… goal della Germania!

La realtà è che stanno ormai progressivamente svanendo le illusioni che l’anno scorso si sono create, o che l’anno scorso sono state create ad arte, intorno al cosiddetto “governo tecnico”.
Un governo “strano”, ma anche “salvifico”, come esso stesso si è autodefinito.
Un governo appositamente creato per portarci tre doni: la stabilità finanziaria; la crescita economica; la normalità politica.
Finora non è andata esattamente così e ad oggi non è certo così:
a) stabilità finanziaria? abbiamo uno “spread” ora stabilmente posizionato nella
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fascia che va da 300 a 400 punti base in più, rispetto alla Germania, e disceso dai circa 500 punti base ancora registrati nel gennaio 2012, ma solo per effetto degli interventi operati od annunciati dalla Banca Centrale Europea, prima in gennaio, e poi in luglio.
Un livello, quello attuale, che in ogni caso può purtroppo sempre risalire (sta già risalendo!);
b) siamo in piena recessione economica, verso il -3%, con un deficit pubblico che a sua volta tende verso il 3% e con un debito pubblico a sua volta in continua salita!;
c) lungi dal normalizzarsi, il sistema politico-istituzionale italiano si sta infine fulminando in un pericolosissimo cortocircuito, tra politica, tecnica e protesta.
E’ così che il governo tecnico non è riuscito in ciò che voleva, od in ciò che dal governo si voleva, la stabilità finanziaria e la normalità politica, mentre è riuscito in ciò che non voleva e non si voleva: la recessione economica, che sta creando destabilizzanti effetti “boomerang”.
Comunque, oltre ai dati economici, ciò che oggi e per il futuro preoccupa è soprattutto la non raggiunta stabilità dell’Italia e questa è a rischio proprio nel citato cortocircuito politica-tecnica-protesta.
Un cortocircuito di questo tipo prima non si era mai visto.
E’ una novità che emerge a cavallo tra il 2011 ed il 2012, ed è una novità che è stata specificamente prodotta dal fatto che, proprio a fine 2011, prima la politica ha ceduto alla tecnica e poi tutte e due insieme, tecnica e politica, hanno commesso gravissimi e non necessari errori “tecnici”.
Ed è proprio questo insieme di politica, di tecnica e di errori, che nel paese ha violentemente alzato e sta alzando il livello della protesta popolare.
N.B. Va per correttezza notato che da ultimo la politica è tornata sulla scena, e lo ha fatto per conto ed a titolo proprio, senza intermediazione tecnica. Un tipo di politica che, offendendo il popolo con il suo maleaffare, e facendolo per di più nel pieno di una dura crisi economica, evoca ed attualizza la figura storica del “giudice vindice”.
In sintesi si può dire che oggi, da parte del paese, la domanda di governo è alta.
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Mentre è molto bassa l’offerta di governo fatta, insieme, dalla politica e dalla tecnica.
Stando così le cose, l’astensione e la protesta sono quasi certe, mentre la condizione essenziale della governabilità è del tutto incerta.
Ed è, tutto questo, un insieme che compone una miscela micidiale. Quella che oggi investe l’Italia è infatti una crisi doppia: una crisi economica esterna + una crisi politica interna.
“…perchè non siam popolo, perchè siam divisi”.
Anche per questo, per come gli italiani ancora oggi sono divisi, tanto fuori dalla politica (astensione, protesta), quanto dentro la politica, soprattutto dopo l’arrivo della tecnica dietro cui la “politica” cerca di mascherare le sue devastanti debolezze è soprattutto per tutto questo che il grado di instabilità e di incertezza che oggi abbiamo in Italia, come centocinquanta anni fa è tornato ad essere potenzialmente, anche economicamente preoccupante. Se l’Italia chiederà gli aiuti europei il ciclo dell’instabilità e dei governi deboli continuerà a logolarla, con qualsiasi premier (per un approfondimento sul rischio presente e futuro di caos politico in Italia, se interessati, si veda la SCHEDA n.6 (sul sito www.listalavoroliberta.it).

§ 7 Cosa è davvero successo e cosa sta succedendo in Italia?

Chi semina vento raccoglie tempesta! Chi di “spread” ferisce, di “spread” perisce!
Artefice e vittima del suo destino, prima il governo tecnico si è formato in una atmosfera di esagerata paura economica, ora ne è vittima.
Vittima tanto della paura che lo ha generato, quanto della “paurosa” depressione che esso stesso ha creato.
Ancora una volta, si verifica dunque che è soprattutto la paura che fa la paura!
Prima sono state drammatizzate oltre misura le pur reali difficoltà dell’Italia, presentandole come difficoltà solo dell’Italia, allora nascondendo ad arte quelle più gravi dell’Europa, difficoltà che per contro solo ora vengono evidenziate ed anzi spesso ad arte addirittura esagerate.
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Poi si sono create l’illusione e la speranza su di un possibile miracolo.
Infine sono stati commessi troppi errori.
Quali errori? Gli errori non sono stati tanto nell’avere imposto sacrifici, quanto nel modo caotico e casuale, irrazionale ed iniquo in cui questi sono stati imposti, per accumulazioni successive.
E soprattutto imposti senza una “cifra democratica”, con lo stile misterioso dell’oracolo, senza dare speranze, senza dare una prospettiva, solo in base a misteriosi calcoli finanziari, questi alla fine rivelatisi pure sbagliati (su tutto questo, sugli errori del governo tecnico, se interessati, si veda più in dettaglio la SCHEDA N.7 sul sito www.listalavoroliberta.it).
Da sempre l’economia e la società hanno invece bisogno di stabilità, di certezza.
Appena l’anno scorso, la maggiore incertezza era sul cambio tra l’euro ed il dollaro.
Oggi la maggiore incertezza è sul cambio tra l’euro e qualcosaltro!
Dall’IMU alla benzina, dall’inflazione alla disoccupazione, dal clima di paura che è stato creato, al caos come nel caso degli “esodati”, o al caos creato con l’incertezza su quanto è davvero dovuto al fisco, ancora al caos prodotto, con le nuove riforme per rilanciare l’economia e per semplificarla.
Immaginatevi di stampare la gazzetta ufficiale e di mettere le pagine una accanto all’altra: occupano una superficie pari a 40 campi da calcio ovvero pari a 180 campi da tennis.
Oggi il conto cumulato di tutto questo lo pagano gli italiani, via via sempre più deprivati ed impoveriti e soprattutto disorientati e spaventati. Ora appunto, come nei secoli passati.
Senza stabilità, con questo grado di incertezza e di insicurezza, non si compra, non si consuma, non si assume, non si investe.
E di riflesso si sale nella scala dell’incertezza: dall’incertezza economica si sale all’incertezza sociale e di qui ad una incertezza ancora più vasta e profonda, perchè generale ed esistenziale.
Nel dopoguerra in Italia non c’erano i soldi, ma c’era la vita!
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Oggi anche chi ha i soldi non li spende, perché ha paura. E la paura cresce, a sua volta, se il denaro, fatto per circolare, in realtà non circola.
Una volta si falliva per debiti, oggi si fallisce in una forma del tutto nuova: si fallisce per crediti!
Nelle nostre strade si stanno diffondendo i cartelli “compro oro”.
Weimar cominciò così! Quando la crisi arrivò al ceto medio.
Tutto questo– si ripete – genera una atmosfera che ci confonde e ci paralizza. Come se sull’Italia fosse calata una coltre, tutto è offuscato. Una luce grigia che incide sull’oggi e sul domani, che toglie ai giovani la speranza nel futuro, che crea negli anziani l’angoscia per il presente.
E’ così che siamo entrati in una fase difficilissima della nostra vita nazionale.
E’ in gioco il nostro destino.
Tutto questo il popolo lo capisce, lo sente.
Non i partiti vecchi. Non il palazzo, dove la politica si è rinchiusa come in una sua speciale casa degli specchi.
Qui ancora usano sfilare i “generali dell’armata morta”. E qui ancora recitano figure che sono ormai solo le marionette di sé stesse.
In un gioco grottesco per cui, avendo chiamato i tecnici per fare ciò per cui erano stati eletti, i politici tra di loro si stupiscono per il fatto che oggi i comici vogliano fare i politici facendosi eleggere!
Ma purtroppo c’è di peggio. Guardando più nel profondo, c’è infatti qualcosa che è insieme ancora più grave ed ancora più forte.
Avendo già fornito sostegno liberatorio ed entusiastico alla “tecnica”, ai tecnici ed al governo tecnico, i vecchi partiti - tanto di destra, quanto di sinistra - hanno alzato le braccia davanti al mercato finanziario.
Una entità, il mercato finanziario, di cui i vecchi partiti, pur temendolo, pur servendolo, nulla sanno e niente capiscono. Il che non è una attenuante, ma una aggravante!
Suggestionati e succubi, come davanti al portiere di notte, non vogliono fare nulla che possa turbarne l’“ordine”, ansiosi all’opposto di captarne il favore, di eseguirne gli ordini, di proteggere l’argenteria della gente del castello.
 Lavorando così insieme, a volta come semplici pali, a volte con un ruolo un po’ più importante: come complici.
Tutti comunque ansiosi di replicare, pur se a modo loro, l’azione già fatta quest’anno a sostegno del governo tecnico, cullandosi nella speranza di poter tornare a farlo un minuto dopo le elezioni, di nuovo tra di loro “responsabilmente” uniti.
Uniti da destra a sinistra, per mascherare la propria debolezza all’ombra della forza esterna fornita alla finanza internazionale.

§ 8. “Destra e sinistra, per noi pari sono”

La destra si fonda su tanto banali quanto fallimentari parole d’ordine mercatiste: agita le sue bacchette magiche, che poi sempre hanno dimostrato di portare con sé caos, conflitti e crisi; vuole la ricchezza, ma senza le nazioni, perché si può fare a meno dello Stato, se si venera il denaro come un feticcio pagano; pensa che davvero ci possa essere libertà personale senza sicurezza sociale: la vita vista solo come un “gratta e vinci” o come un ring, su cui vince il più forte, avendo in mente la dominante prospettiva della morte del prossimo;
La sinistra ha per suo conto tagliato le radici con il passato, è avversaria delle tradizioni, è diventata più cosmopolita che internazionale, in marcia verso il nuovo ed il diverso, questi intesi come espressione dell’ideologia del progresso: immigrazione, come chiamata del popolo di ricambio, questo un popolo nuovo e più docile, al posto di quello vecchio; e poi ancora “famiglie orizzontali”; attesa per figure redentrici di umanità varia.
Soprattutto, la sinistra si è iscritta a quello che da ultimo le si è presentato come il più aggiornato circolo della ragione: il mercato finanziario, entità metafisica capace di contenere l’idea pura del mondo nuovo, capace di equalizzare gli operai con i funzionari del Fondo Monetario Internazionale, tutto in un vortice fatto da crescita infinita e magico culto dello scambio per il consumo.
Come alla fine ed in sintesi è evidente è che ciò che hanno in comune, la destra e la sinistra, è soprattutto la reciproca rispettiva base nell’attività di servizio al dogma del mercato finanziario, cui tutto è dovuto.
Tutto, anche se il suo rito postula il sacrificio delle sovranità nazionale e della dignità personale.
 Soprattutto e “responsabilmente” domina infatti la ragion di Stato.
E’ infatti lo stato d’eccezione finanziaria che – si ripete- ci viene presentato come la nuova ragione di Stato, fonte ispiratrice di politiche fatte da applicazioni di salassi “sanguisuga”, da chiacchiere su sviluppo e crescita, da rifiuto o scarso interesse per la solidarietà sociale od, in alternativa, da inganni sul tema, infine da genuini interessi alla conservazione delle proprie specie.
In sintesi, ciò che ormai distingue la sinistra e la destra è ben poco. Un poco che del resto emerge dalla pochezza dei rispettivi programmi.
A sinistra e dintorni si comincia parlando della crisi, ma solo per litigarci sopra, poi se ne ignora la causa e dunque se ne accettano come ineluttabili e fatali gli effetti.
La prova è che ancora si ripetono, e con assoluta letterale precisione, le formule già usate cinque, sette, sedici anni fa.
Niente sulle cause della crisi, niente sui reali e coloniali effetti della crisi, soprattutto niente sul “che fare” per batterla.
Solo giri di parole e di fumo e quantità industriali di promesse. Promesse fatte sapendo che “le promesse impegnano solo chi le riceve”, essendo inventati od impossibili i mezzi per mantenerle.
Salvo poi indirizzare all’estero, fuori dall’Italia, un diverso e più preciso messaggio: il messaggio della ferma intenzione di continuare a fare, da soli od in compagnia degli “avversari”, di continuare a fare “i compiti a casa”, applicando all’Italia tutte le sanguisughe ritenute necessarie, per un salasso senza fine e senza speranza. Proprio come finora “tecnicamente” è stato fatto.
A destra e dintorni, fermo questo comune reale e sperimentato impegno, propagandisticamente pare che ci si posizioni tra Pinocchio e Lucignolo.
Più in generale sta di nuovo per tornare in scena, più o meno aggiornata, la citata “collezione estate-autunno 2011”.
In specie, nella logica del “colpo grosso”, da destra si punta soprattutto a prendere quanti più voti possibile, senza pensare a cosa si saprà fare dopo, senza pensare a cosa succederà dopo.
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“Chi vuol essere lieto sia, del doman non c’è certezza!”.
Tanto poi ancora verranno i tecnici, con le loro sanguisughe!


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