giovedì 1 settembre 2011

FATTI & MISFATTI: Innovatori che non vogliono novità






FATTI & MISFATTI: Innovatori che non vogliono novità




Quando la tanto criticata politica - nella fattispecie la maggioranza di governo - si assume le sue responsabilità, segnando una discontinuità storica rispetto alle vecchie manovre e agli assalti alla diligenza in Parlamento, la cosiddetta società civile, quella che dovrebbe stare un passo avanti alla politica, si lascia invece andare alle reazioni di sempre: ognuno pensa al proprio particolare senza pensare all’interesse generale. A cominciare dalla Cgil, avamposto sindacale della sinistra politica, che ha già annunciato un autunno di mobilitazioni contro il governo.



Dopo lo sciopero generale del 6 settembre, dunque, ci saranno altre mobilitazioni perché, come ha detto la Camusso, le ragioni della protesta si sono moltiplicate con le novità inserite nella manovra dal vertice di Arcore. L’intervento marginale sulle pensioni viene addirittura definito come "un golpe della cui gravità forse ancora non ci si è resi conto". Senza dimenticare una difesa d’ufficio delle cooperative rosse, contro le quali il governo avrebbe agito "con spirito di vendetta". Sul fatto che i tagli alle agevolazioni fiscali delle coop lo abbia chiesto l’Europa, naturalmente, silenzio totale.



Della Cgil non ci si può comunque meravigliare: ha sempre agito da sindacato responsabile quando governava il centrosinistra (Cofferati aveva addirittura dimenticato la parola sciopero) e si comporta da braccio politico dell’opposizione quando a Palazzo Chigi c’è Berlusconi.

Ma anche molte altre corporazioni hanno reagito alla nuova manovra con il solito riflesso pavloviano. I magistrati, ad esempio, si sono subito scagliati contro il contributo di solidarietà che dovrebbe rimanere solo per gli statali, denunciandone l’incostituzionalità e la violazione dei princìpi di uguaglianza e di progressività del sistema fiscale. Come dire che sull’indennità dei parlamentari si può intervenire, ma guai a toccare i privilegi delle toghe, pronte all’adozione "di iniziative di protesta, nessuna esclusa", con implicito riferimento a un eventuale, ennesimo sciopero.



Anche i medici sono sul piede di guerra, mobilitati contro l’eventualità di andare in pensione solo a 65 anni. Fingendo di non sapere che agli impiegati pubblici di Gran Bretagna e Germania, ad esempio, è andata molto peggio, visto che i rispettivi governi hanno fatto ricorso a tagli massicci sul numero dei dipendenti del pubblico impiego. Eppure questa volta nessuno può dire che il governo non abbia messo mano ai costi della politica: come ha ricordato ieri Berlusconi, per la prima volta nella storia della Repubblica sono state tagliate decine di migliaia di poltrone e poltroncine, ed è paradossale che chi prima criticava la manovra di Ferragosto perché non aveva eliminato tutte le province, ora accusi il governo di avere adottato un disegno di legge costituzionale.



Ma se le province sono previste dalla Costituzione, quale altro strumento si sarebbe dovuto adottare? Si tratta, quindi, di un argomento del tutto pretestuoso.Insomma, si sta ripetendo il teatrino di sempre, con l’imponente mobilitazione di lobby e corporazioni tutte strenuamente impegnate a difesa dei propri interessi. Sindaci, amministratori locali, regioni, commercianti, Confindustria, sindacati, dopo aver invocato per mesi misure adatte a fronteggiare la crisi, ora non esitano a tutelare posizioni esattamente opposte, presentandole ovviamente come "bene comune".



La verità è che, dal punto di vista dell’equità, la manovra è molto migliorata. Con la soppressione del contributo di solidarietà, la rinuncia all’aumento dell’Iva e l’accantonamento di ogni ipotesi di patrimoniale si è infatti scongiurato il rischio di un aumento della pressione fiscale che i tecnici avevano calcolato, da qui ai prossimi anni, addirittura oltre il 48 per cento. E i comuni hanno avuto uno sconto su tagli che sono purtroppo inevitabili. Ma l’opposizione, invece di contribuire a migliorare la manovra, si sta facendo portavoce delle lobby nel tentativo di lucrare consensi sulla pelle del Paese. (PdL)


















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