lunedì 31 maggio 2010

MANOVRA ECONOMICA: Ce lo chiede l'Europa

"La difesa dell’euro obbliga ad un’azione comune e coordinata". La manovra varata dal Consiglio dei ministri di ieri nasce da questa frase di Silvio Berlusconi detta a Nicholas Sarkozy, prima della riunione dell’Eurogruppo a Bruxelles a livello di Capi di Stato e di Governo.

Quel giorno ha segnato la svolta della politica economica europea. Quel giorno è nata una politica "comune e coordinata" che ha un solo precedente nella storia europea. Il precedente è rappresentato dall’altro Eurogruppo a livello di Capi di Stato e di governo svolto a Parigi, quando venne deciso di introdurre deroghe alla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato. Ed i governi rifinanziarono le banche nazionali per evitarne il fallimento.

Berlusconi è stato, in questi due eventi che segnano la storia europea, il promotore (e nel caso parigino, anche il precursore) di quella che è la nuova politica economica europea. Al primo Eurogruppo perché consigliò ai colleghi europei di aumentare la garanzia pubblica sui depositi sui livelli italiani. E così venne fatto. Nel secondo perché capì prima di altri come la speculazione internazionale potesse aggredire i debiti sovrani. Cosa, poi, puntualmente avvenuta con i debiti greco, portoghese, spagnolo; ma anche francese, italiano e tedesco (al punto che in una recente asta di titoli pubblici, Berlino ha deciso di ridurre l’asta da 6 a 4,6 miliardi di euro; mentre nelle nostre aste la domanda supera, in media, del 30% l’offerta).

Dopo quell’Eurogruppo di Bruxelles tutti gli Stati europei hanno dato risposte ai mercati, in termini di finanza pubblica; sia chi era in affanno, come Grecia, Portogallo, Spagna (e Gran Bretagna, anche se è fuori dall’euro). Sia chi non ha tensioni sulla finanza pubblica, come Italia e Germania.

Sarkozy ha annunciato una manovra da 100 miliardi di euro. Angela Merkel ha reso noto che nei prossimi anni la Germania ridurrà di 10 miliardi all’anno la spesa pubblica interna. Dal 2008 al 2012 l’Italia la ridurrà – anche grazie alla manovra di ieri - di 15,2 miliardi all’anno. I mercati questi numeri li conoscono. Per questo, gli speculatori non aggrediscono l’Italia. Il nostro paese ha infatti il più basso deficit della zona euro, il più basso tassi di disoccupazione ed uno tra i più alti tassi di risparmio privato. Si tratta di patrimoni che il governo intende preservare.

Da qui, la manovra di ieri. Che va proprio nella direzione di interventi di finanza pubblica "comuni e coordinati"; ancora una volta, quindi, l’Italia si propone come battistrada di una strategia europea che punta, da un lato al rigore finanziario, e dall’altro allo sviluppo.

Non a caso, nel decreto sono contenute misure destinate a attrarre imprese dall’estero e defiscalizzare (fino all’azzeramento dell’Irap: altra promessa elettorale rispettata) le aziende che scelgono il Mezzogiorno come sede di investimento. Vale a dire, che il governo punta anche a valorizzare gli investimenti nelle aree più deboli del Paese.

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