mercoledì 21 aprile 2010

Bondi: Un cambiamento nel PdL ? Come e da chi

BONDI: Un cambiamento nel Popolo della Libertà? Come e da chi

Riportiamo  il commento di Sandro Bondi sulla situazione interna al Popolo della Libertà

Se la rimozione ed il cambiamento dei coordinatori fosse l’ostacolo all’intesa con Fini, sarei io il primo a chiedere al Presidente Berlusconi di consentirmi di lasciare immediatamente l’incarico. Dal 2002 in poi sono stato uno dei protagonisti insieme a molti amici dell’ex Alleanza Nazionale e dell’Udc ad impegnarmi per la nascita del PdL. In politica il nostro ruolo non dipende dagli incarichi ma dalle idee, se si hanno delle idee naturalmente, e dall’onestà e dallo spirito con cui si sostengono.
L’amico Ignazio La Russa è stato indicato come coordinatore del PdL dal Presidente Gianfranco Fini. Sulla base della mia esperienza personale ho potuto constatare che non è mai venuto meno al suo dovere di lealtà nei confronti di Fini e della storia del suo partito, pur svolgendo nello stesso tempo liberamente un ruolo positivo per la costruzione del nuovo partito. Italo Bocchino ha svolto e svolge il ruolo di vice presidente del gruppo parlamentare del PdL, credo con un atteggiamento simile a quello di Ignazio. Non vedo quale sia il problema. Tutti hanno dei ruoli importanti, tutti hanno potuto adempiere alle proprie responsabilità senza alcun limite, tutti sono stati liberi di esprimere le proprie idee e le proprie proposte pubblicamente e democraticamente nelle sedi del partito. Tutti potrebbero considerarsi soddisfatti del proprio ruolo e dei risultati che insieme abbiamo ottenuto. Solo un cupio dissolvi oppure un pensiero che ha divorziato dalla realtà può spiegare quello che sta avvenendo. Voglio dire in sostanza che non ci sono preclusioni verso nessuno e che tutti hanno la possibilità di occupare i ruoli di massima responsabilità nel partito.

Credo che, come me, Ignazio ritenga che se fossimo noi il problema sulla strada della riappacificazione con Fini oppure i responsabili delle carenze del PdL, saremmo noi i primi a farci da parte. Non voglio essere provocatorio, anzi vorrei contribuire alla ricerca di una soluzione. Tuttavia, non vedo quali segnali di cambiamento si dovrebbero dare. Se venissero specificati, si potrebbero esaminare e si potrebbe rispondere, ma ho l’impressione che non ci siano delle vere ragioni politicamente comprensibili che giustifichino i toni e le decisioni preannunziate, come quella di costituire dei gruppi parlamentari autonomi. Credo, anzi, che Fini per primo dovrebbe offrire qualche segnale di cambiamento, rinunciando ad esempio a segnalare continuamente posizioni differenti su ogni questione rispetto all’azione del governo, al partito e al ruolo del Presidente Berlusconi. Ieri, ad esempio, il direttore di Farefuturo ha espresso delle posizioni che sono semplicemente offensive rispetto alla persona di Berlusconi e a tutta la nostra storia.

Non tutto quello che dice Fini è sbagliato o infondato. Anzi molte questioni che solleva sono assolutamente meritevoli di discussione e di approfondimento. Quello che non si comprende è il nesso logico che passa dalla richiesta di un confronto, che è utile e necessario che si svolga nel partito, alla decisione di costituire gruppi autonomi e cioè dal delineare un’ipotesi di scissione del partito. C’è un salto logico e politico indecifrabile.

Il voto per le regionali e per le amministrative ha premiato l’azione del governo, incoraggiato l’apertura di una stagione di riforme e confermato la validità della nascita del PdL. Questo è il significato indubitabile delle recenti elezioni. Il PdL ha vinto nel Nord grazie anche al solido rapporto di alleanza con la Lega, ma ha vinto anche al centro e al Sud, dove la Lega non c’è. Ciò vuol dire che il PdL è un partito nazionale forte, che è stato riconfermato come forza politica di maggioranza relativa nel nostro Paese. Significa che non vi è alcun problema da affrontare? Certamente no, ma significa che, a partire dal recente successo elettorale, tanto più importante in quanto in tutta Europa chi governa è stato penalizzato, possiamo affrontare i problemi con uno spirito diverso.

Voglio essere franco fino in fondo: la mia opinione è che Fini, nonostante tutti i suoi meriti e la positiva evoluzione politica che ha impresso alla storia della destra italiana erede del fascismo, incarna un’idea della politica che è destinata a non comprendere e perfino a non accettare le novità e i risultati introdotti da Berlusconi nella vita politica italiana. Vi è in questa ripulsa, una invincibile presunzione di superiorità della politica tradizionale, quella proveniente dalla cosiddetta Prima Repubblica, rispetto al modello di Berlusconi, al punto da spingere un esponente moderato come Casini a proporre qualche tempo fa un comitato anti berlusconiano comprendente anche Di Pietro.

Le riforme istituzionali sono necessarie proprio per evitare di gettare l’Italia in uno stato di ingovernabilità, proprio quando gli elettori nella loro maturità hanno lanciato un segnale di stabilità e reso possibile un lungo periodo di lavoro per le riforme.
Se nei prossimi giorni non si raggiunge un accordo e le elezioni divenissero necessarie, non ci sarebbe spazio in questa legislatura per soluzioni pasticciate che sarebbero un affronto alla democrazia e al Paese.

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