martedì 6 aprile 2010

ELEZIONI REGIONALI - I numeri di un primato: 42 a 18 per il PdL

Le elezioni regionali 2010 hanno un solo vero vincitore che si chiama Silvio Berlusconi, ma hanno fatto registrare anche un altro dato fondamentale: la tenuta del PdL a livelli di eccellenza. E’ un elemento, questo, che nelle prime ore dopo il voto è stato sottaciuto o addirittura negato, dando così l’erronea sensazione di una vittoria dimezzata. Ma i numeri elettorali vanno saputi leggere, e spesso i commenti sommari e le letture superficiali che appaiono sui giornali finiscono per sviare l’opinione pubblica e mettere in memoria un falso risultato. La verità è che, ancora una volta, Berlusconi è riuscito a compiere un piccolo miracolo, e che il PdL ha tenuto benissimo il campo in una competizione in cui è stato pesantemente penalizzato dalla mancata presentazione della lista nella Capitale. Un colpo negativo d’immagine che avrebbe potuto compromettere l’esito di una tornata elettorale importantissima, e che invece Berlusconi e il suo partito hanno cancellato in appena due settimane. Un miracolo, appunto. Ma facciamo parlare i numeri, che non sono mai opinioni ma fatti incontrovertibili.


Dunque: dopo queste elezioni il centrodestra, avendo conquistato tutte le regioni più importanti, amministra 42 milioni di italiani contro i 18 del centrosinistra. Considerando poi che le cinque regioni in cui non si votava erano tutte di colore azzurro, la mappa del potere è stata completamente ribaltata: da 11-7 per il centrosinistra a 11- 9 per il centrodestra. Questo significa che abbiamo riconquistato la maggioranza nella Conferenza Stato-Regioni, e questo consentirà a Berlusconi di avere un rapporto migliore, e politicamente più omogeneo, con un organismo importantissimo sotto il profilo politico. Dovrebbero, prima di tutto, essere limitati i danni fatti dalla legislazione concorrente, causa diretta della riforma del Titolo quinto, che ha paralizzato tante grandi opere a causa dei continui ricorsi delle regioni contro lo Stato. Ci sarà una migliore collaborazione istituzionale e politica, e questo sarà un vantaggio enorme per il governo centrale.

L’altro dato fondamentale è che il PdL è il primo partito in otto regioni sulle 13 che sono andate al voto, comprese due tradizionalmente rosse come Marche e Liguria. Inoltre, non bisogna mai dimenticare la situazione assolutamente anomala in cui si è votato nel Lazio. E qui l’analisi deve essere necessariamente approfondita. Solo la discesa in campo del premier ha potuto convincere tantissimi elettori del PdL di Roma e provincia a mettere la croce sulla lista Polverini. E’ stato un altro, autentico miracolo elettorale che nessun analista o politologo avrebbe potuto prevedere. Anche qui, facciamo parlare i dati: mentre in tutto il Lazio, la Polverini ha ottenuto 646.010 voti (26,33%), a Roma e provincia ne ha presi 592.792 (34,50%). Un’enormità che le ha con sentito di portare in Consiglio regionale ben quindici consiglieri. E’ chiaro che praticamente tutti i voti finiti alla lista Polverina sono di estrazione berlusconiana, e quindi attribuibili in gran parte al PdL.


Fatta questa considerazione, il dato nazionale del PdL (28%) deve essere rivisto aggiungendoci realisticamente un 2,5% della provincia di Roma. Si arriva così al 30,5. A questa percentuale, già importante, vanno poi sommate quelle sparse delle cosiddette "liste dei presidenti" e delle altre liste d’appoggio, tutte riconducibili al Pdl, che portano il totale al di sopra del 33%. Non è vero, dunque, che in queste Regionali il PdL si è attestato sotto il 30%, come hanno erroneamente scritto praticamente tutti i quotidiani.

Va poi sfatata un’altra leggenda metropolitana di queste ore: la grande avanzata della Lega Nord. In termini percentuali è vero, ma in realtà la Lega ha riportato a casa in termini assoluti gli stessi voti delle Europee 2009. In pratica: la Lega è riuscita a mobilitare per interno il suo elettorato, mentre l’astensione ha colpito quasi esclusivamente i due partiti maggiori: PdL e Pd.

Nonostante questo, il PdL ha aumentato considerevolmente il numero dei consiglieri regionali (dai 30 ai 40 in più).

Nelle condizioni in cui si è votato, dopo due mesi di bombardamento contrario di magistratura e "media", il risultato raggiunto è stato straordinario. Questa volta i nemici del PdL avevano messo a punto una strategia ancora più sofisticata rispetto alle precedenti vigilie elettorali. Essendosi resi conto che tutto sommato Berlusconi è impermeabile ai fiumi di fango che gli vengono riversati addosso, hanno messo nel mirino anche i suoi più stretti collaboratori, a cominciare dal Bertolaso: il tentativo di demolire l’uomo simbolo del governo del fare, che insieme al premier è riuscito a costruire in tempi record le case ai terremotati d’Abruzzo, è stato un siluro che si poteva rivelare micidiale. Ma Berlusconi e il PdL hanno retto anche questo urto tremendo, confermandosi come l’unico, vero baricentro della governabilità del Paese.

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