lunedì 6 settembre 2010

LA RIFLESSIONE: Noi e Gheddafi. Diplomazia al servizio delle imprese

Puntuali, le polemiche sulla presenza di Gheddafi a Roma tornano sulle prime pagine dei giornali allo scoccare della giornata dell’amicizia italo-libica. Una volta questa era la giornata dell’odio, del rancore, del ricordo mai sepolto delle sofferenze e tragedie dell’epoca coloniale. Le aziende italiane non riuscivano a lavorare sull’altra sponda del Mediterraneo, proprio nel paese che più di qualsiasi altro avrebbe dovuto guardare all’Italia come punto di riferimento economico e politico. E non si tratta di uno Stato di secondo piano: è petrolifero, ricco di gas, che investe nelle infrastrutture e coltiva piani ambiziosi di sviluppo. La leadership del Colonnello pone la Libia nel novero degli Stati che contano, anche al di là del suo ruolo tradizionale in Africa.

Del resto, la linea adottata dal governo Berlusconi con la Libia è né più né meno quella usata con tanti altri paesi di altri continenti secondo i principi della diplomazia commerciale: la diplomazia al servizio dei cittadini e delle imprese. Una politica estera che non svolge solo funzioni politiche o di generica rappresentanza, ma che ha la missione di servire le aziende che vogliono sbarcare in mercati stranieri e sviluppare così benessere e lavoro.


È per questo che Berlusconi da capo del governo ha svolto ben 119 viaggi all’estero (45 in Europa, 15 nel Mediterraneo e in Medio Oriente, 10 nelle due Americhe e 2 in Asia), e ha avuto in Italia 141 incontri internazionali. I temi economici, del resto, sono al centro dell’agenda internazionale, e lo sono sempre di più per via della crisi economica globale.

La politica estera italiana ha saputo adeguarsi a questi mutamenti. Fu proprio Berlusconi, nel 2002, a parlare davanti alla Conferenza degli Ambasciatori alla Farnesina di una “nuova concezione della diplomazia”, più dinamica e al servizio delle imprese e dell’economia. Oggi tutti i nostri principali partner, dalla Francia al Regno Unito alla Germania, hanno seguito il nostro esempio, parlando apertamente di potenziamento delle rispettive “diplomazie economiche”. I viaggi all’estero sono serviti in effetti a far uscire l’Italia dalla crisi meglio di altri.

Lo confermano i dati. L’ultimo rapporto dell’Istituto per il commercio estero dimostra che nonostante la crisi abbia colpito i nostri mercati di riferimento, le esportazioni italiane registrano una forte crescita, con una previsione di aumento dell’8 per cento nel 2010. Per un’economia come quella italiana, fortemente basata sulle esportazioni, la presenza sui mercati internazionali è vitale.

Un esempio lo si è avuto a seguito dei vertici G8 e G20 in Canada, quando il Presidente del Consiglio è volato in Brasile e a Panama, raccogliendo commesse e contratti per 10 miliardi di dollari, circa un punto percentuale del nostro PIL. Un risultato eccezionale, che si aggiunge a quello del 2009 quando la “diplomazia commerciale”, con le missioni fra l’altro nel Golfo, in Russia e nell’Europa dell’Est, aveva fruttato alle nostre imprese circa 13 miliardi di dollari.

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