venerdì 3 settembre 2010

RIFLESSIONE: Processo breve, processo sicuro

Chi contesta il varo del cosiddetto "processo breve" dimentica che l’Italia è da tempo nel mirino dell’Europa a causa dei processi troppo lenti e che è incorsa in un ultimatum del Consiglio d’Europa che ci ha dato tempo fino al 2009 per varare le riforme necessarie ad abbreviare la durata dei procedimenti civili e penali, e fino a giugno 2010 per i processi civili e penali. Siamo dunque già fuori tempo massimo.

“Nei tribunali italiani - si legge in una nota di Strasburgo - sono pendenti cinque milioni e mezzo di procedimenti civili e oltre tre milioni di processi penali”. I ministri del Consiglio d’Europa ci hanno sollecitato ad adottare misure legislative ad hoc per accelerare i procedimenti e abbreviare la durata dei processi, anche nel settore amministrativo. Nel 2008 sono state 82 le sentenze contro l’Italia, delle quali 51 proprio per la lentezza dei processi. E al 31 dicembre 2008 pendevano presso la Corte Europea 4.200 casi riguardanti l’Italia, cioè il 4,3 per cento del totale.

Di questi, 2.600 riguardano la durata eccessiva dei processi, materia per la quale l’Italia ha riportato 999 condanne negli ultimi dieci anni. E’ in questa situazione che la maggioranza ha presentato la proposta di legge sul "processo breve", approvato per ora solo dal Senato. Un ddl che ha il merito di dare un termine certo alla durata del processo penale in Italia e di diminuire drasticamente gli effetti della legge Pinto, che attribuisce il sacrosanto diritto ai cittadini di chiedere allo Stato un risarcimento del danno quando il processo penale dura irragionevolmente.
Secondo l’Anm sarebbero "oltre 100mila" i processi che cadrebbero in prescrizione se venisse approvata la norma del "processo breve". Una vera e propria "amnistia mascherata", insomma. Eppure, una "amnistia mascherata" è già in corso, in barba all’obbligatorietà dell’azione penale e al principio della giusta durata del processo, e nessuno tra quanti oggi gridano allo scandalo per il provvedimento allo studio del Parlamento sembra avervi dedicato particolari iniziative.

Dai dati del Ministero della Giustizia risulta infatti che nel solo 2007 i provvedimenti di estinzione di uno o più reati per prescrizione sono stati 156.842. Di questi, ben 118.919 (il 75,8 per cento) sono maturati in fase di indagini preliminari, e alla fine adottati con decreto di archiviazione (113.869) o con una sentenza di non luogo a procedere (5.050) da parte del gip, dunque senza alcun esercizio dell’azione penale da parte dei pubblici ministeri. Ciò significa che si tratta di prescrizioni per i tre quarti delle iniziative penali nate e cresciute negli uffici dei pm, senza che cominciasse alcun processo. Dal 2002 al 2007, inoltre, circa 850 mila prescrizioni sono state decise per decreto di archiviazione. Ciò significa che decine di migliaia di vittime di reati non hanno trovato giustizia e altrettanti colpevoli non sono stati perseguiti.

Al confronto, l’uno per cento dei procedimenti che secondo il ministro Alfano cadrebbero in prescrizione a causa del "processo breve" è una goccia nel mare.

CAPEZZONE: Le critiche di ANM sul processo breve sono surreali

"Premesso che resta inspiegabile l’anomalia tutta italiana di un’Anm che pretende di dettare a Governo e Parlamento tempi e contenuti degli atti normativi, quasi fosse un partito politico, c’e’ anche una considerazione di merito che va fatta, e che rende letteralmente surreali le critiche dell’Anm e di alcuni politici al ministro Alfano e al processo breve".

Lo ha affermato in una nota, il portavoce del Pdl Daniele Capezzone. "Dunque, se passassero le norme sul processo breve, per i reati meno gravi (sotto i 10 anni di pena) i tre gradi di giudizio dovrebbero comunque durare sei anni e mezzo circa; per i reati piu’ gravi (sopra i 10 anni di pena), sette anni e mezzo; per i reati di terrorismo e mafia, infine, la durata dei tre gradi sarebbe di ben 10 anni prorogabili di un terzo. Come si vede, si tratta di tempi che solo in Italia si puo’ avere il coraggio di definire ’brevi’. Si tratterebbe certamente, per merito del Governo Berlusconi, di un primo atto di civilta’, a fronte di una durata che resterebbe comunque ancora troppo lunga rispetto ai migliori standard occidentali. Allora (vale per l’Anm e per alcuni politici) dire che sono pochi sei anni e mezzo, sette anni e mezzo, o addirittura piu’ di dieci anni per un processo, significa essere totalmente scollegati dalla realta’, e non comprendere che proprio la questione dei tempi inaccettabilmente lenti della giustizia incide sulla carne viva di milioni di italiani".

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