giovedì 23 settembre 2010

L'Intervento di Alemanno per i 140 di Roma Capitale

Testo dell'intervento del sindaco Gianni Alemanno in occasine della ricorrenza del 140 anniversario di Roma Capitale
20.09.2010


Signor Presidente della Repubblica,

Autorità civili, militari e religiose,

Componenti dell’Assemblea Capitolina,

mi permetta, Signor Presidente, di cominciare questo mio intervento non solo salutandoLa ma ringraziandoLa dal profondo del cuore per essere qui, oggi, in mezzo a noi.

Lei sta confermando con questo gesto quella profonda sensibilità istituzionale che tutti gli italiani sempre più Le riconoscono.

Anche l’Assemblea capitolina Le ha voluto riconoscere questa sensibilità unita ad un profondo e fecondo rapporto con la città di Roma, votando all’unanimità la cittadinanza onoraria che io avrò l’onore di conferirLe al termine di questo mio intervento.

Mai come nella celebrazione di questi 140 anni di Roma Capitale, passato e futuro si compenetrano profondamente.

E’ raro che, come accade oggi, una commemorazione diventi un atto politico così determinante per il futuro di una città e di tutta una comunità nazionale.

Oggi Roma ricorda l’atto storico con cui 140 anni fa, attraverso Porta Pia, è diventata Capitale d’Italia.

Contemporaneamente possiamo annunciare la trasformazione del Comune di Roma nell’ente locale speciale “Roma Capitale”, trasformazione sancita con l’approvazione del Decreto Legislativo n.156, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso venerdì 17 settembre.

Un Decreto che ritroviamo oggi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, grazie alla Sua tempestiva firma di cui ancora una volta La ringrazio.

Questo importante atto legislativo si inserisce nel più ampio disegno della riforma del Federalismo Fiscale, destinato a trasformare compiutamente la nostra Nazione in una Repubblica Federale.

Non si tratta di un inserimento casuale perché scaturisce da una logica molto chiara: è il naturale bilanciamento che una Capitale più forte e riconosciuta esercita sul decentramento federale, secondo quanto previsto nel Titolo Quinto della Costituzione italiana.

Un naturale bilanciamento che non può essere tradito senza snaturare e rendere inaccettabile tutto il disegno della riforma federale.

Ecco perché suonano non solo dissennate ma addirittura autolesioniste, le invettive politiche che puntano a depotenziare il ruolo di Roma Capitale.

E’ impensabile distribuire le sedi centrali dei Ministeri su tutto il territorio nazionale, non solo per i gravi danni organizzativi ed economici che questa disgregazione comporterebbe, ma perché verrebbe così colpito il simbolo più importante dell’Unità nazionale.

Roma Capitale d’Italia è prevista nella Costituzione, è il compimento dell’opera unitaria del Risorgimento, appartiene alla coscienza della maggioranza degli italiani come simbolo dell’Unità nazionale.

D’altra parte, il nuovo riconoscimento di Roma Capitale deriva da una riforma ampiamente condivisa, sostenuta dal parere unanime del Consiglio Comunale di Roma, del Consiglio Provinciale e dalla Regione Lazio. Una riforma approvata all’unanimità dal Consiglio dei Ministri su proposta del ministro Calderoli – saluto il sottosegretario Letta e i rappresentanti del Governo qui presenti – e votata anche in Parlamento da maggioranza e opposizione.

Per questo voglio ringraziare ancora una volta l’opposizione di centro-sinistra, che in quest’Aula ha parlato attraverso l’intervento del presidente Smedile, per aver voluto partecipare positivamente e attivamente all’iter di questa Legge,come quasi tutti gli altri partiti di centro-destra e di centro-sinistra.

Signor Presidente,

credo sia corretto interpretare la Sua presenza in questa cerimonia come un ulteriore invito a procedere sulla strada di riforme condivise per inverare Roma Capitale, conferendoLe i nuovi poteri previsti dalla Legge delega. Ma è evidente che i poteri speciali per Roma Capitale non sono soltanto un riconoscimento simbolico, sono uno strumento necessario per equilibrare la dimensione cittadina, la funzione nazionale e la vocazione internazionale dell’Urbe, come ha già ampiamente illustrato il Vice Sindaco Cutrufo nel suo intervento.

E’ necessaria però un’ulteriore messa a punto: non esiste affatto la “Roma ladrona” che alcuni si ostinano a stigmatizzare.

Per rendersene conto basta confrontare i dati del gettito fiscale verso lo Stato prodotto dalla nostra città, con i trasferimenti statali che, anche attraverso la Regione, arrivano ad essa.

Nel complesso - tra Irpef, Ires e Iva - la nostra città offre un gettito fiscale di circa 35 miliardi di Euro a fronte di trasferimenti statali di poco superiori ad un miliardo e 600 milioni di Euro: c’è un rapporto di 1 a 22 tra trasferimenti e gettito fiscale di Roma.

E’ chiaro che bisogna fare alcune tare rispetto a questo rapporto, ma è altrettanto evidente che qualsiasi forma di federalismo fiscale non può non portare a Roma ben altre risorse di quelle che noi oggi riceviamo.

Roma è largamente e generosamente creditrice rispetto al resto della comunità nazionale.

E non si confonda la città di Roma con le zone opache che spesso si manifestano ai margini delle istituzioni statali e locali e dei diversi livelli della rappresentanza politica. Queste zone opache non sono un frutto diretto della nostra città, ma il risultato patologico della difficoltà degli italiani a costruire istituzioni e forme politiche adeguate alla forza della nostra economia e della nostra società civile.

Tutti dobbiamo contribuire a rigenerare queste istituzioni e questa politica con le riforme, la tensione ideale e la consapevolezza culturale, Roma farà la sua parte cercando di combattere ogni forma di parassitismo, di assistenzialismo e di illegalità.

D’altra parte i problemi strutturali di Roma sono ben conosciuti da tutti.

C’è innanzitutto un problema di sostenibilità finanziaria, legato alla difficoltà di gestire le funzioni di capitale nazionale e di custodire l’enorme patrimonio storico artistico ed archeologico, con i normali trasferimenti di un Comune, sia pure di grandi dimensioni in termini di popolazione e di territorio.

Tutto questo, ha contribuito a generare un deficit strutturale ed un grave debito che è stato fronteggiato dal Governo nazionale attraverso un’apposita gestione commissariale.

C’è poi lo storico squilibrio dello sviluppo urbano, che ha provocato una grave frattura tra il centro e la periferia della città, con pesanti problemi di mobilità, di degrado e di sostenibilità ambientale.

La frammentazione dei poteri istituzionali e la conseguente lentezza delle scelte politiche, i faticosi e ripetitivi iter burocratici, hanno posto la programmazione amministrativa ed urbanistica della Capitale in costante ritardo rispetto allo sviluppo effettivo sul territorio.

La necessità di trovare un giusto equilibrio tra solidarietà sociale, sostenibilità ambientale e crescita economica, tra integrazione delle comunità immigrate e rispetto delle legge e del diritto, impongono una diversa capacità decisionale e una maggiore autorevolezza istituzionale.

Roma può e vuole essere una città realmente competitiva, in cui il suo potenziale culturale, non solo storico e archeologico, ma sostanziato dalle 23 università presenti nel suo territorio, si deve trasformare in un grande fattore di creatività, di sviluppo economico ed imprenditoriale, di crescita civile.

Vogliamo una città con un massimo di tradizione e di tutela nel suo centro storico, patrimonio dell’Unesco, e con un massimo di modernità e di proiezione al futuro nelle sue periferie ricche di giovani generazioni, il tutto unito dal filo conduttore di un’identità cittadina unica nel mondo.

Altre capitali europee si sono trasformate ed affermate su questa polarità, anche Roma può e deve farlo per inserirsi nel network competitivo delle grandi aree metropolitane che oggi guidano realmente lo sviluppo nella globalizzazione.

Per questo, e ne parleremo oggi durante l’incontro con le Parti Sociali, stiamo lavorando da tempo a quello che abbiamo chiamato il “Progetto Millennium”, avviato sin dall’inizio della Consiliatura con la scelta di istituire la “Commissione per il Futuro di Roma Capitale” presieduta dal professor Antonio Marzano.

L’insieme dei processi di partecipazione e delle scelte di programmazione contribuiranno a definire il primo Piano Strategico di Sviluppo, che sarà presentato negli Stati Generali della Città nel prossimo mese di novembre.

Non è certo un mistero che uno dei fattori trainanti di questo processo è la candidatura di Roma come sede dei Giochi Olimpici del 2020, candidatura che ha trovato il Suo autorevole sostegno, Signor Presidente, durante le celebrazioni del cinquantenario delle indimenticabili Olimpiadi del 1960.

Anche sulla strada dello sviluppo, come su quella delle riforme istituzionali, vogliamo perseguire, per quanto possibile, il percorso delle scelte condivise, partecipate e sostenute dal senso di responsabilità di tutti coloro che hanno a cuore il futuro della nostra città.

Siamo convinti che su questa strada si possa trovare una feconda sinergia tra la funzione nazionale di Roma e il suo ruolo europeo, mediterraneo ed internazionale, un ruolo a cui tutta l’Italia si può agganciare per proiettarsi nelle nuove sfide epocali, vincendo lo spettro del declino.

Le identità nazionali, per non essere cancellate dalla globalizzazione, devono trovare un respiro internazionale, riconoscersi in civiltà universali. Civiltà che per noi italiani non può essere quella del mercato e dell’utile, ma deve essere quella del riconoscimento dei valori più profondi della persona umana.

Per vincere questa sfida, Roma deve ritrovarsi in una cultura capace di tessere storia risorgimentale, eredità cattolica, vocazione universale e funzione nazionale.

Ecco perché conferiamo un particolare valore alla cerimonia che si è svolta questa mattina a Porta Pia, con la presenza del Segretario di Stato, Cardinal Bertone, insieme al Presidente della Repubblica. Non si tratta più di rimarginare la “ferita storica” del conflitto tra Stato italiano e Santa Sede.

Già nel 1961, in Campidoglio, quando era ancora Cardinale, il futuro Papa Paolo VI affermò: “La Provvidenza, quasi giocando drammaticamente negli avvenimenti, tolse al Papato le cure del potere temporale, perché meglio potesse adempiere la sua missione spirituale nel mondo”.

Abbiamo un compito ulteriore e più importante: far interagire sempre più profondamente la storia risorgimentale, l’amore patrio e le virtù repubblicane, con la cultura cattolica e tutto ciò che essa laicamente rappresenta per quel nuovo umanesimo più volte invocato da Papa Benedetto XVI.

Nel Risorgimento riecheggiano i valori e le virtù civiche della Repubblica Romana, quella antica e quella moderna della sfortunata avventura del 1849: la libertà e la partecipazione democratica, il valore della legge e del diritto, il senso dello Stato e della cittadinanza, la sobrietà e lo spirito di servizio con cui si interpretano le cariche pubbliche.

Nella cultura cattolica ritroviamo la più profonda radice della dignità della persona umana, il rispetto dei valori della vita, della famiglia, della comunità, l’autonomia della società civile e la sussidiarietà come base di ogni autentico federalismo.

Permettetemi anche di aggiungere un pensiero alla comunità ebraica di Roma, la più antica del mondo, per la quale la celebrazione del XX settembre rappresenta la memoria dell’inizio del suo lento e travagliato percorso di piena integrazione nella comunità cittadina.

E, ancora, voglio ricordare le tante comunità di immigrati, in quest’aula rappresentate dai quattro valenti consiglieri aggiunti, che portano valore nella nostra città, l’orgoglio e l’identità dei propri Paesi di origine e la speranza di un’integrazione nella cittadinanza italiana.

Queste culture non si devono semplicemente tollerare tra di loro, devono interagire per trovare punti di incontro fecondi al servizio di ogni persona umana.

Questo è il messaggio che viene da Roma, questa l’idea di Roma che noi vogliamo proiettare verso il futuro.

Il mio discorso, Signor Presidente, non potrebbe essere completo se non si concludesse con un ricordo del Tenente Alessandro Romani, un ragazzo nato e vissuto a Roma che scelse con tenacia e determinazione di servire la Patria in armi.

Un soldato di Roma, che ben dimostra quello che valgono le nuove generazioni della nostra città.

Signor Presidente, è anche in ricordo di Alessandro Romani che la nostra città si impegna, di fronte a Lei e a tutte le Autorità qui presenti, a migliorarsi costantemente per essere degna del titolo di Roma Capitale.









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